Un uomo morì lontano da casa; nella parte del suo testamento riservata ai lasciti, aveva scritto: “Che i membri della comunità dove sono situate le mie terre prendano ciò che vogliono per se stessi, e diano ciò che vogliono ad Arif l’Umile“.
Ora, a quel tempo Arif era solo un giovane la cui apparente autorità era molto inferiore a quella di chiunque altro nella comunità. Gli altri si impadronirono quindi di tutto ciò che desideravano delle terre del lascito, riservando ad Arif solo qualche bagattella che nessuno voleva.
Molti anni dopo, Arif, che aveva guadagnato in forza e saggezza, si presentò alla comunità per rivendicare il suo patrimonio. “Questi sono i beni che ti abbiamo riservato secondo i termini del testamento” – dissero gli anziani. Non avevano la sensazione d’aver usurpato alcunché, dato che era stato detto loro di prendere ciò che volevano.
Tuttavia, durante la discussione che seguì, uno sconosciuto dall’aspetto dignitoso e imponente si presentò e disse loro: “In realtà, il testamento vi chiedeva di dare ad Arif ciò che volevate per voi stessi, perché egli può usarlo nel modo migliore“.
Nell’attimo di illuminazione che seguì quest’affermazione, gli anziani poterono capire il vero senso della frase: “Che diano ciò che vogliono ad Arif“.
Lo sconosciuto proseguì: “Sappiate che il testatore è morto senza poter proteggere i suoi beni, e che se avesse scritto chiaramente che faceva di Arif il suo erede, essi sarebbero stati usurpati dalla comunità, o comunque avrebbe creato dei dissensi. Ecco
perché ve li affidò, prevedendo che, se li aveste considerati come vostri, ne avreste avuto cura. Egli prese quindi la saggia decisione di far sì che il tesoro fosse conservato e trasmesso. Ora è arrivato il momento di renderlo a colui che saprà usarlo nel modo giusto“.
E fu così che i beni furono restituiti, avendo gli anziani saputo vedere la verità.
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I Sufi insegnano che la gente vuole per se stessa ciò che dovrebbe volere per gli altri. Questo concetto viene evidenziato in questa storia, che è di Sayed Ghaus Ali Shah, santo dell’Ordine Qadiri, morto nel 1881 e sepolto a Panipat.
Questo concetto non è raro, benché nel folklore venga normalmente interpretato in modo da illustrare come alla fine un lascito raggiunga sempre il suo destinatario, anche se questi è stato a lungo nell’impossibilità di rivendicare la sua eredità.
In alcuni circoli dervisci questa storia viene insegnata per illustrare l’affermazione: “Voi avete molti doni che sono solo in affidamento; quando lo capirete, potrete restituirli ai loro legittimi proprietari“.
Pubblicato su www.sufi.it
(Foto di Sonia Simbolo)