Affabulazioni

I tre anelli ingemmati

10.07.2020
C’era una volta un uomo saggio e molto ricco che aveva un figlio. “Figlio mio“, disse, “prendi quest’anello incastonato di pietre preziose. Conservalo come prova della mia successione e trasmettilo alla tua posterità. Si tratta di un anello di grande valore e bellezza, che ha anche il potere di aprire una certa porta d’accesso alla ricchezza“.
Qualche anno dopo, il saggio ebbe un altro figlio. Quando fu abbastanza grande, gli diede un anello con le stesse raccomandazioni.
La stessa cosa si ripeté con il terzo e ultimo figlio. Il vecchio morì e quando i figli furono grandi rivendicarono a turno la loro priorità in virtù dell’anello che possedevano. Nessuno poteva dire con certezza quale dei tre anelli fosse il più prezioso.
Ognuno di loro ebbe i propri sostenitori e tutti proclamavano a gran voce che il proprio anello era superiore agli altri in valore e bellezza.
Tuttavia, stranamente, la “porta della ricchezza” rimaneva chiusa sia ai detentori delle chiavi, sia ai loro più stretti sostenitori. Erano tutti troppo preoccupati della questione della priorità, del possesso dell’anello, del suo valore e del suo aspetto.
Furono pochi coloro che cercarono la porta del “tesoro del Vecchio Saggio“.
Gli anelli avevano anche una capacità magica. Benché fossero chiavi, non era necessario usarli direttamente per aprire la porta del tesoro: bastava guardarli senza argomentare oppure senza attaccarsi eccessivamente a una delle loro qualità.
Quindi, coloro che li avevano guardati in questo modo potevano dire dove si trovava la stanza del tesoro ed erano in grado di aprirla riproducendo semplicemente i contorni dell’anello. Quei tesori avevano ancora un’altra proprietà: erano inesauribili.
Nel frattempo, i partigiani di ognuno dei tre anelli ripetevano con varie sfumature ciò che il loro avo aveva detto riguardo ai meriti dell’anello.
I membri della prima comunità credevano di aver già trovato il tesoro.
Quelli della seconda pensavano che si trattasse di un’allegoria.
I membri della terza comunità trasferivano la possibilità dell’apertura della porta in un futuro lontano e vagamente immaginato.
* * *
Questo racconto, che alcuni suppongono faccia allusione alle tre religioni – ebraica, cristiana e islamica — si ritrova nelle “Gesta Romanorum” e nel “Decamerone” del Boccaccio, ma sotto forme leggermente diverse.
Si dice che la versione qui presentata fu data da uno dei maestri sufi Suhrawardi in risposta a una domanda sui rispettivi meriti delle diverse religioni. Alcuni commentatori vi hanno visto l’origine della “Favola della botte” di Swift.
Il racconto è conosciuto anche come la “Dichiarazione della guida del segreto reale“.
Pubblicato su www.sufi.it

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