Quando le bambine di Kabul si sveglieranno,
all’alba saranno già donne.
Si desteranno orfane di carezze
e cresceranno in fretta
ai margini dei confini.
Saranno donne premature.
Le donne di Kabul
hanno gli occhi da bambine.
La voce delle donne di Kabul
ha l’odore del vento
e rimbomba
sotto il velo sulle dune,
come una preghiera
in una terra maledetta,
nascondono la nostra vergogna.
Le donne di Kabul sono morte più volte.
Sono morte alla terra che le ha cresciute,
ai padri che le hanno generate.
Sono morte ai figli che hanno lasciato.
Con le lacrime agli occhi
asciugano il sangue sulle strade riversato.
Le donne di Kabul muoiono a se stesse
stuprate, violentate dagli occhi dell’Indifferenza
che sta a guardare.
Le donne di Kabul dimenticano l’amore
o amano di più la vita
per esistere e resistere alla sofferenza.
Hanno coraggio da vendere,
ad un prezzo che nessuno può comprare,
per accompagnare i propri figli oltre l’ego
e lasciarli andare.
Nascondono i propri figli
nel ventre della terra
li affidano all’acqua del mare,
nel silenzio gridano: “Pace”.
Piangono di notte
e seppelliscono la voce del pianto,
insegnano l’umanità, sono gentili.
Le donne di Kabul
sono lasciate sole,
ma sono pronte a salpare
per il viaggio verso la libertà
e stanno ad aspettare.
Le donne di Kabul hanno radici
e hanno piantato il cuore dell’umanità
nei loro occhi.
Chiamano l’Europa amica
e sperano in una mano tesa.
Le donne di Kabul
hanno diritto di scegliere,
e di scegliere la vita