“Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa
di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa.
Riposa dolcemente, sorella.
La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:
ti sei messa una nuova veste di semente profonda
e il tuo soave silenzio si colma di radici.
Non dormirai invano, sorella.
Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:
di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,
d’acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,
la tua delicata struttura.
Lo sciacallo sul gioiello del tuo corpo addormentato
ancora protende la penna e l’anima insanguinata
come se tu potessi, sorella, risollevarti
e sorridere sopra il fango.
Nella mia patria ti porto perché non ti tocchino,
nella mia patria di neve perché alla tua purezza
non arrivi l’assassino, né lo sciacallo, né il venduto:
laggiù starai in pace.
Lo senti quel passo, un passo pieno di passi, qualcosa
di grandioso che viene dalla steppa, dal Don, dal freddo?
Lo senti quel passo fiero di soldato sulla neve?
Sorella, sono i tuoi passi.
Verranno un giorno sulla tua piccola tomba
prima che le rose di ieri si disperdano,
verranno a vedere quelli d’una volta, domani,
là dove sta bruciando il tuo silenzio.
Un mondo marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella.
Avanzano ogni giorni i canti della tua bocca
nella bocca del popolo glorioso che tu amavi.
Valoroso era il tuo cuore.
Nelle vecchie cucine della tua patria, nelle strade
polverose, qualcosa si mormora e passa,
qualcosa torna alla fiamma del tuo adorato popolo,
qualcosa si desta e canta.
Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,
quelli che da tutte le parti, dall’acqua, dalla terra,
col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo.
Perché il fuoco non muore”.
Pablo Neruda, “Epitaffio dedicato a Tina Modotti”, 5 gennaio 1942
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Fammi una fotografia seducente
“Fammi una fotografia seducente
che sveli il balenio della mia tristezza.
Una fotografia
che fermi il sorriso
all’angolo della rivelazione.
Fammi una fotografia
dallo specchio, mentre mi lavo
e una quando mi avviluppo in me stessa
per diventare il mio scialle
e ancora una quando bacio le mie mani
per perdonarmi.
Fammi una fotografia
mentre strappo le altre.”
“La macchina fotografica è uno studio
di pittura buio e molto piccolo.
Le persone scattano le foto.
E il pittore che ci abita dentro inizia a dipingere:
le vacanze al mare,
il primo giorno di scuola,
una rondine nel cortile di casa.
I suoi disegni sono così realistici
che sembrano vere e proprie fotografie.”
Maria José Ferrada, da “Il segreto delle cose”, 2017
Fammi una fotografia seducente
“Fammi una fotografia seducente
che sveli il balenio della mia tristezza.
Una fotografia
che fermi il sorriso
all’angolo della rivelazione.
Fammi una fotografia
dallo specchio,
mentre mi lavo
e una quando mi avviluppo in me stessa
per diventare il mio scialle
e ancora una quando bacio le mie mani
per perdonarmi.
Fammi una fotografia
mentre strappo le altre.”
Amel Moussa (poetessa nata a Tripoli, ma tunisina di adozione), “Fotografie fuori fuoco”