“Confine diceva il cartello
cercai la dogana, non c’era
non vidi dietro il cancello
ombra di terra straniera.”
Giorgio Caproni, “Confine”, da “Il muro della terra”, 1975
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“Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l’altra,
né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra.
Peccato che tu non possa sedere su una nuvola.”
Opera di Lamia Jamal Al-Talabani, pittrice kurda
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Confine
“Confine diceva il cartello
cercai la dogana, non c’era
non vidi dietro il cancello
ombra di terra straniera.”
Giorgio Caproni, “Confine”
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I nostri diversi mondi
“Ci sono tornata cercando una nazione
e ho trovato solo frammenti-
tribù, regioni, dialetti, religioni.
Ci sono andata per fare una nazione e sono
tornata espropriata, piena di divisioni.
Non ha capito perché ho lasciato
te, la nostra casa, le strade eleganti,
sono partita di notte in un aereo affollato
per un posto dove tutto è razionato –
acqua, potere, ricchezza, amore.
Ho preso strade sterrate, dissestate
verso villaggi pieni di fantasmi perduti
per ascoltare donne sconosciute
raccontare come tutto era accaduto,
perché continua.
Non hai capito
perché tornavo sempre a polvere e distruzione,
a quei cuori spezzati che mi straziavano il cuore.
Eri stufo di vittime,
hai detto, stufo di me perché
non riuscivo a essere felice.
E io ero incapace di spiegare perché
tornavo sempre lì ad ascoltare e ascoltare
finché i miei sogni sono diventati incubi,
e l’amore solo gesti assenti
di un corpo stremato.”
Choman Hardi (poetessa kurda), “I nostri diversi mondi”, da “Considering the Women”
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Pianto
“Perché piange quella foresta?
Forse ha perso un albero giovane.
Forse l’alluvione della scarsa notte
Ha rapito una giovane betulla.
Forse ha saputo
dell’uccisione dì uno stormo
di uccelli?
No… Non per questo.
Perché sa
che da domani sarà sola
quando il suo villaggio
da mille e mille anni amato.
sarà deportato dalle vette dei monti
verso valle.”
Sherko Bekas (poeta e attivista kurdo), “Pianto”
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Gente
“Si danno delle oneste coltellate,
ha ognuno l’arma del suo continente
le loro lingue parlano fendenti.
c’è chi bersaglia meglio nella pancia,
chi taglia al collo come coi capretti
e chi finisce l’altro a calci e pugni
e il vinto cade con un fil di voce,
apre le braccia, per salire in croce.”
Guido Oldani, “Gente”
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“Han posto limiti
alle ore
al pianto
al sorriso
alla grandine.
Evidenti si fanno i limiti
del giorno
della luna
della ragione
della speranza.
Spaventosi limiti
dell’uomo
della vita
della giustizia
dell’onestà.
E il piacere si spezza sulla
Via Lattea
senza godere
nella notte
breve come i limiti
del vetro
che penetra
in corpi
chiusi
entro gusci
troppo fragili per sostenere
l’imperativo:
produrre
produrre
in limiti crudeli di libertà.”
Sante Notarnicola, “I limiti”, da “Con quest’anima inquieta”
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Ronald Rael e Virginia San Fratello, “Teeter-Totter Wall” (le altalene nel muro tra Usa e Messico)
“Oh, come sono permeabili le frontiere umane!
Quante nuvole vi scorrono sopra impunemente,
quanta sabbia del deserto passa da un paese all’altro,
quanti ciottoli di montagna rotolano su terre altrui
con provocanti saltelli!
Devo menzionare qui uno a uno gli uccelli che trasvolano,
o che si posano sulla sbarra abbassata?
Foss’anche un passero – la sua coda è già all’estero,
benché il becco sia ancora in patria. E per giunta, quanto si agita!
Tra gli innumerevoli insetti mi limiterò alla formica,
che tra la scarpa sinistra e la destra del doganiere
non si sente tenuta a rispondere alla domande “Da dove?” e “Dove?”.
Oh, afferrare con un solo sguardo tutta questa confusione,
su tutti i continenti!
Non è forse il ligustro che dalla sponda opposta
contrabbanda attraverso il fiume la sua centomillesima foglia?
E chi se non la piovra, con le lunghe braccia sfrontate,
viola i sacri limiti delle acque territoriali?
Come si può parlare d’un qualche ordine,
se non è nemmeno possibile scostare le stelle
e sapere per chi brilla ciascuna?
E poi questo riprovevole diffondersi della nebbia!
E la polvere che si posa su tutta la steppa,
come se non fosse affatto divisa a metà!
E il risuonare delle voci sulle servizievoli onde dell’aria:
quei pigolii seducenti e gorgoglii allusivi!
Solo ciò che è umano può essere davvero straniero.
Il resto è bosco misto, lavorio di talpa e vento.”
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“Qui
in mezzo ai cartelli stradali “Italia” e “Slovenija”
qui
sulla scarpata della ferrovia
crescono i cespugli
sono stati giovani sono stati semi
hanno avuto la pazienza e le radici per
abbracciare questa terra
che una volta chiamavano di nessuno
Francesco Tomada, da “Portarsi avanti con gli addii”, 2014
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Saul Leiter, “Snow”, New York, 1960
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“Cerco il principio del male
come da bambina cercavo i margini della pioggia.
Con tutte le forze correvo per trovare
il luogo dove
sedermi a terra e contemplare
da una parte pioggia, da una parte niente pioggia.
Ma sempre la pioggia smetteva prima
che ne scoprissi i confini
e ricominciava prima
di capire fin dove è sereno.
Invano sono cresciuta.
Con tutte le forze
corro ancora per trovare il luogo
dove sedermi a terra e contemplare
la linea che separa il male dal bene.
Ma sempre il male smette prima
che ne scopra il confine
e ricomincia prima
di capire fin dove è bene.
Io cerco il principio del male
su questa terravolta per volta
grigia e assolata.”
Ana Blandiana, da “Il terzo sacramento”, 1969 – Traduzione di Biancamaria Fabrotta e Bruno Mazzoni
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Foto di Charlotte Vandriel
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“Secco duro gessoso
apparve il disegno del paese.
Là portammo le nostre
leggi, sistemi
di peso, di moneta, di misura.
Il mondo si concluse entro un confine
di pietre abbacinanti,
non vedemmo al di là di quell’altro mondo:
valido, vittorioso
quando ci travolse.
Vagammo a lungo
nei luoghi perduti.
Il paese ci apparve in movimento,
fertile, fluido, mutevole,
ricco di regole e di merci,
emporio e scalo di molte regioni.
Secco duro gessoso sovente è l’occhio,
le mani, lo scalpello lo assecondano,
foggiano cose a nostra somiglianza.
Bartolo Cattafi, “Confine”, da “L’osso, l’anima”
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“Ed ecco ritorna, la Grande Frattura,
sollevata del peso della sua oscurità
si estende nel vecchio sorriso dimentico.
E lontano un altopiano saldo talmente
che preciso se non per il suo stesso pulsare
un dito ne segue il profilo.
Là è un paese diverso, sovente
troppo offuscato per essere creduto vero.
Solo che una volta vi ho vista una luce
vacillare errabonda nelle ore notturne.
Familiare, mi apparve. – Come un pensiero smarrito
che bruscamente riappare e irradia in risposta.”
Jennie Feldman, “Guardando a oriente”, da “Swift”, 2012 – Traduzione di Claudia Rosenzweig
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Immagine: opera di Lamia Jamal Al-Talabani, pittrice kurda