Marilina Giaquinta
“O guarda, si librano di nuovo
come sommesse melodie
di belle dimenticate canzoni
verso il cielo blu!
Nessun cuore le può capire
al quale durante un lungo viaggio
non si è aperto il sapere
di tutte le pene e gioie del cammino.
Le amo così bianche e sciolte
come il sole, il mare, il vento,
perché sono sorelle ed angeli
di quelli senza casa e patria.”
Hermann Hesse, “Bianche nuvole”
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Nubi
I
“Non vi sarà mai cosa che non sia
una nube. Lo son le cattedrali
di vasta pietra e bibliche vetrate
che il tempo spianerà. Lo è l’Odissea,
che cambia come il mare. Se la riapri
sempre cambia qualcosa. Anche il riflesso
del tuo viso è già un altro nello specchio
ed il giorno è un dubbioso labirinto.
Siamo chi se ne va. La numerosa
nuvola che si disfa all’occidente
è nostra effigie. Incessantemente
la rosa si tramuta in altra rosa.
Sei nuvola, sei mare, sei l’oblio.
Sei anche tutto quello che hai smarrito.
Vanno per l’aria placide montagne
oppure cordigliere d’ombre tragiche
che oscurano il giorno. Le chiamiamo
nuvole. Hanno sempre forme strane.
Shakespeare ne osservò una. Somigliava
a un drago. Quella nube di una sera
risplende e brucia nella sua parola
e ancora seguitiamo a rivederla.
Le nuvole che sono? Architettura
del caso? Forse Dio ne necessita
per eseguire l’opera infinita:
sono i fili della Sua trama oscura.
Forse la nube non è meno vana
dell’uomo che la guarda nel mattino.”
Jorge Louis Borges, “Nubi”, da “I congiurati”
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Andrea Mantegna, “Trionfo della Virtù”, 1502 (Dettagli)
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Siamo nuvole
“Siamo nuvole
i nomi complicano la tessitura
ma siamo nuvole,
notturne mattiniere
dipende,
oltraggiose spaurite
candide sprezzanti,
cavalieri e cavalcature
bastimenti e animali
siamo pronte
a dissolverci con fierezza
in quel tutto pacatissimo
del cielo ultimo
che ci affida il mondo.
Siamo nuvole
cambiamo vita di frequente
lì, sopra il disordine della realtà
il fondo
sereno delle cose,
la pioggia
la sete.”
Chandra Livia Candiani, “Siamo nuvole”, da “Fatti vivo”
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Ivan Aivazovsky, “Clouds above the sea” 1889
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Le nuvole
1.
Racchiuse nella città invisibile
le nuvole non hanno fretta
c’è sempre una slogatura
per la lucentezza di chi scrive,
con quel verde che inonda le porte
mentre guarda un oracolo
inconcludente.
Se quello è il luogo
in cui filtra la storia,
quando con sicura disperazione
ritorna primavera,
un pensiero in distanza
scende con la speranza di un giorno:
quei gesti di una identità personale
si associano ad un rumore di fondo:
in quelle linee che ricoprono il corpo,
muore anche l’amicizia.
2.
Le nuvole olandesi non sanno dove cadere, vivono sempre nei cieli larghi,
quando smettono di ragionare
occupano strati di cielo
approfittando della forza del vento:
si dispongono in file trasversali
come una idea teologica:
credono in dio mentre rimbalzano
verso l’orizzonte: come quei mulini
sibilanti; spesso sono scure,
liricamente corrotte,
giungono dove nessuno presume di essere:
e ci sarà sempre un incanto
nella loro forma
come una profonda rimozione.
3.
Per quel segmento che riporta
il punto al luogo di partenza
volano nuvole rimosse:
avere l’anima negli occhi
è il loro sogno continentale:
aporia degli alberi
come una cassaforte che esercita l’ingegno sgomentando grigi pallidi:
(tutto dovrà ricominciare
quando si sveglierà fra le pietre
l’angelo del mattino).
4.
Ci sono nuvole di sabbia
(momenti di un idillio fra primavera
e ceneri del novecento)
e la sintesi delle stagioni
afferma che non ci saranno più guerre:
due volte l’uomo assomiglia alla luna,
i boschi non mandano splendore
quando tutto è falsopiano;
il corpo, è noto, è pesante
si installa al centro del fumo
facendo ricorso alle arti
della convenzione:
fra quei portoni la malinconia rapina il corpo
con una lunga prefazione
che parla del sogno.
5.
Quando sono alte le nuvole
perdono ogni diritto,
grondano sudore e rabbia
sui boschi che ospitano dei parassiti:
di nuovo a loro agio in quel corridoio
guastano la varietà
di un lato geometrico:
una scena rapida
come una catena mentale:
è un poema che si apre
con l’insicurezza della mano:
ogni nuvola dice che
l’uomo è sempre meno disabitato:
mentre ritornano sui propri passi
dimenticano le parole che si possono scrivere
in una città d’estate dai gesti caricaturali.
6.
Le nuvole si allontanano dall’aria
la loro perdita è ai limiti
della riscrittura, sfiorando tetti d’inverno bloccano quel pensieri
veloci come la retorica:
la passività del volo
è ai limite del rimorso,
giungono dove esiste una formulazione precisa:
attraverso aspre assonanze,
i segmenti travestono
la loro elemosina:
è per conoscere il passato
senza chiedere a nessuno l’età del mondo.
Gregorio Scalise, “Le nuvole”
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Collage digitale di Justin Peters
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De rerum natura
Lucrezio, “De Rerum Natura”, IV, vv. 129 – 140
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L’orizzonte mi insegnò il garbo delle nuvole
“L’orizzonte mi insegnò il garbo delle nuvole
eppure ieri vidi
una nuvola che offuscava il suo volto
senza chiederle scusa.
Prendi il mio sogno, ricamalo e indossalo
come veste.
Nelle mie mani,
hai fatto dormire l’ieri
che mi fa vagare, che gira con fragore
nelle carrozze del sole,
nel gabbiano che vola dai miei occhi.
Quando giunse il suo amore
il mio cuore era vecchio e il mio corpo ancora nell’infanzia dei sogni.
Passione assurda che cerco
di conciliare dentro di me.”
Adonis (pseudonimo di ʿAlī Aḥmad Saʿīd Isbir), poeta siriano
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Nimbus D’Aspremont, “Berndnaut Smilde”, 2012
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Io vivo tra le nuvole
“La realtà non è per me.
La gente dice che devo scendere.
Che le nuvole non sono un luogo per diventare adulti.
Io sorrido a loro. Forse un giorno, dico forse un giorno qualcuno verrà verso il basso.
Ma io mai. La realtà non è per me.
Io resterò qui. La vista è abbastanza mozzafiato.
Ishak Alioui, “Io vivo tra le nuvole”
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Illustrazione di Fajar P. Domingo
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