Linguaggi

Le nuvole, “i veli che avvolgono Dio”

08.11.2021
“Io sarò la nube e tu la luna. Ti coprirò con entrambe le mani, e il nostro tetto sarà il cielo.”
Rabindranath Tagore
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È necessario che le nuvole fuoriescano
“È necessario che le nuvole fuoriescano
anche dalla cornice. Tutto esce sempre
da se stessi: il sangue, le lacrime,
le nuvole, la vita stessa.”
Frida Kahlo
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   René Magritte, “La corde sensible”, 1960
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Le nuvole
“Le nuvole
hanno una sola ragione
starti nella testa
e costringerti a guardare
la tua distanza.
Farti pensare che le cose
non sono
non cominciano a essere
per restare integre
coerenti con se stesse
e col tempo.
Perché le nuvole esistono
per dimostrare
che dovremmo essere cielo
almeno una volta
riuscire a essere cielo.”

Marilina Giaquinta

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Foto di Sonia Simbolo
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Nuvole
“………………….Perché era un po’ che non lo facevo. Allora oggi volevo parlare di leggerezza, sfioramenti, di un vagare senza progetto, senza destinazione né punto fermo di partenza, volevo parlare di sconfinamenti, possibilità o per lo meno probabilità, volevo parlare di assenza o anche di vaporosa, inafferrabile presenza, incorporea, senza peso
né stanchezza,
né dolore
né tristezza,
né domande. E nemmeno risposte.
………………….Perché era un po’ che non lo facevo.
Allora oggi volevo parlare di speranza
o anche di paura, perché no?
e di libertà,
indipendenza,
coraggio,
freschezza,
generosità,
vaghezza.
ti ricordi quando… beh, oggi volevo parlare di nuvole.
…”
Lucia Piombo, “Nuvole”
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    Foto di Benjamin Everett
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Bianche nuvole

“O guarda, si librano di nuovo
come sommesse melodie
di belle dimenticate canzoni
verso il cielo blu!
Nessun cuore le può capire
al quale durante un lungo viaggio
non si è aperto il sapere
di tutte le pene e gioie del cammino.
Le amo così bianche e sciolte
come il sole, il mare, il vento,
perché sono sorelle ed angeli
di quelli senza casa e patria.”

Hermann Hesse, “Bianche nuvole”

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Nubi

                          I

“Non vi sarà mai cosa che non sia
una nube. Lo son le cattedrali
di vasta pietra e bibliche vetrate
che il tempo spianerà. Lo è l’Odissea,
che cambia come il mare. Se la riapri
sempre cambia qualcosa. Anche il riflesso
del tuo viso è già un altro nello specchio
ed il giorno è un dubbioso labirinto.
Siamo chi se ne va. La numerosa
nuvola che si disfa all’occidente
è nostra effigie. Incessantemente
la rosa si tramuta in altra rosa.
Sei nuvola, sei mare, sei l’oblio.
Sei anche tutto quello che hai smarrito.

                                 II

Vanno per l’aria placide montagne
oppure cordigliere d’ombre tragiche
che oscurano il giorno. Le chiamiamo
nuvole. Hanno sempre forme strane.
Shakespeare ne osservò una. Somigliava
a un drago. Quella nube di una sera
risplende e brucia nella sua parola
e ancora seguitiamo a rivederla.
Le nuvole che sono? Architettura
del caso? Forse Dio ne necessita
per eseguire l’opera infinita:
sono i fili della Sua trama oscura.
Forse la nube non è meno vana
dell’uomo che la guarda nel mattino.”

Jorge Louis Borges, “Nubi”, da “I congiurati”

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Andrea Mantegna, “Trionfo della Virtù”, 1502 (Dettagli)

 

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Siamo nuvole

“Siamo nuvole
i nomi complicano la tessitura
ma siamo nuvole,
notturne mattiniere
dipende,
oltraggiose spaurite
candide sprezzanti,
cavalieri e cavalcature
bastimenti e animali
siamo pronte
a dissolverci con fierezza
in quel tutto pacatissimo
del cielo ultimo
che ci affida il mondo.
Siamo nuvole
cambiamo vita di frequente
lì, sopra il disordine della realtà
il fondo
sereno delle cose,
la pioggia
la sete.”

Chandra Livia Candiani, “Siamo nuvole”, da “Fatti vivo”

 

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Ivan Aivazovsky, “Clouds above the sea” 1889

 

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Le nuvole

 

1.

Racchiuse nella città invisibile
le nuvole non hanno fretta
c’è sempre una slogatura
per la lucentezza di chi scrive,
con quel verde che inonda le porte
mentre guarda un oracolo
inconcludente.
Se quello è il luogo
in cui filtra la storia,
quando con sicura disperazione
ritorna primavera,
un pensiero in distanza
scende con la speranza di un giorno:
quei gesti di una identità personale
si associano ad un rumore di fondo:
in quelle linee che ricoprono il corpo,
muore anche l’amicizia.

2.

Le nuvole olandesi non sanno dove cadere, vivono sempre nei cieli larghi,
quando smettono di ragionare
occupano strati di cielo
approfittando della forza del vento:
si dispongono in file trasversali
come una idea teologica:
credono in dio mentre rimbalzano
verso l’orizzonte: come quei mulini
sibilanti; spesso sono scure,
liricamente corrotte,
giungono dove nessuno presume di essere:
e ci sarà sempre un incanto
nella loro forma
come una profonda rimozione.

3.

Per quel segmento che riporta
il punto al luogo di partenza
volano nuvole rimosse:
avere l’anima negli occhi
è il loro sogno continentale:
aporia degli alberi
come una cassaforte che esercita l’ingegno sgomentando grigi pallidi:
(tutto dovrà ricominciare
quando si sveglierà fra le pietre
l’angelo del mattino).

4.

Ci sono nuvole di sabbia
(momenti di un idillio fra primavera
e ceneri del novecento)
e la sintesi delle stagioni
afferma che non ci saranno più guerre:
due volte l’uomo assomiglia alla luna,
i boschi non mandano splendore
quando tutto è falsopiano;
il corpo, è noto, è pesante
si installa al centro del fumo
facendo ricorso alle arti
della convenzione:
fra quei portoni la malinconia rapina il corpo
con una lunga prefazione
che parla del sogno.

5.

Quando sono alte le nuvole
perdono ogni diritto,
grondano sudore e rabbia
sui boschi che ospitano dei parassiti:
di nuovo a loro agio in quel corridoio
guastano la varietà
di un lato geometrico:
una scena rapida
come una catena mentale:
è un poema che si apre
con l’insicurezza della mano:
ogni nuvola dice che
l’uomo è sempre meno disabitato:
mentre ritornano sui propri passi
dimenticano le parole che si possono scrivere
in una città d’estate dai gesti caricaturali.

6.

Le nuvole si allontanano dall’aria
la loro perdita è ai limiti
della riscrittura, sfiorando tetti d’inverno bloccano quel pensieri
veloci come la retorica:
la passività del volo
è ai limite del rimorso,
giungono dove esiste una formulazione precisa:
attraverso aspre assonanze,
i segmenti travestono
la loro elemosina:
è per conoscere il passato
senza chiedere a nessuno l’età del mondo.

Gregorio Scalise, “Le nuvole”

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Collage digitale di Justin Peters

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De rerum natura

“Ci sono atomi che nascono in cielo, spontaneamente;
e si radunano: allora molte figure si alzano
e mutano faccia l’una su l’altra adagiandosi.
È così che vediamo le nubi ingrandirsi
e oscurare il sereno del mondo
quando sfiorano l’aria; e sembrano
giganti che volano su pesanti ombre
o grandi montagne con le cime divelte che vanno
oltre i raggi del sole o forse altri mostri sospesi
che chiamano nuvolaglia dispersa.”

Lucrezio, “De Rerum Natura”, IV, vv. 129 – 140

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L’orizzonte mi insegnò il garbo delle nuvole

“L’orizzonte mi insegnò il garbo delle nuvole
eppure ieri vidi
una nuvola che offuscava il suo volto
senza chiederle scusa.
Prendi il mio sogno, ricamalo e indossalo
come veste.
Nelle mie mani,
hai fatto dormire l’ieri
che mi fa vagare, che gira con fragore
nelle carrozze del sole,
nel gabbiano che vola dai miei occhi.
Quando giunse il suo amore
il mio cuore era vecchio e il mio corpo ancora nell’infanzia dei sogni.
Passione assurda che cerco
di conciliare dentro di me.”

Adonis (pseudonimo di ʿAlī Aḥmad Saʿīd Isbir), poeta siriano

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  Nimbus D’Aspremont, “Berndnaut Smilde”, 2012

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Io vivo tra le nuvole

“La realtà non è per me.
La gente dice che devo scendere.
Che le nuvole non sono un luogo per diventare adulti.
Io sorrido a loro. Forse un giorno, dico forse un giorno qualcuno verrà verso il basso.
Ma io mai. La realtà non è per me.
Io resterò qui. La vista è abbastanza mozzafiato.

Ishak Alioui, “Io vivo tra le nuvole”

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Illustrazione di Fajar P. Domingo

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Nuvole
“Mi par che dentro al cranio smisurato
del mondo addormentato,
siccome dentro al mio tanti pensieri,
nuvole bianche e nuvoloni neri
errin col triste tedio di chi sa
che il proprio fin giammai non giungerà.
Nuvole, e quanti, in rea lotta coi fati,
pe ‘l mondo son passati,
eroi, tiranni, fisso in mente il chiodo
di dargli pace o assetto in qualche modo.
Daccapo, sempre. E s’immolò Gesú.
L’umanità per lui forse è risorta?
Triste prima, triste ora, ahi forse piú…
Ma poi, del resto, nuvole, che importa?
Speriamo… E come voi, nubi, le umane
speranze appajon vane
prima talor che giungano ad effetto.
Ansio, di giorno in giorno io le rimetto;
talvolta il cuor le scuote e avventa: mai
del tempo e del mister s’apre la porta.
L’uom se ne rode, se n’affligge assai…
Ma poi, del resto, nuvole, che importa?
Passano gli anni… Il tempo par che dorma,
e volge, e ne trasforma,
siccome il moto o l’aura voi; ma intanto
son sempre quelle del riso e del pianto
le cagioni; la fune, sempre quella:
in nuovi intrecci, in nuovi nodi attorta.
Smania l’uomo a strigarla, s’arrovella…
Ma poi, del resto, nuvole, che importa?
Luigi Pirandello, “Nuvole”, da “Fuori di chiave”, 1912
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Non sono solo nuvole le nuvole
(Non sono solo nuvole le nuvole
che nuvola più nuvola più nuvola
fanno disfanno nel cielo figure
di maghi di draghi o serpi o sirene
ma sillaba più sillaba con cura
staccano voci musiche serene
queste che fra parentesi ho posate
sulla prora di nuvole d’estate)
Pierluigi Cappello, da “Azzurro elementare”, 2014
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Nuvole (Fiaba senza morale)
“Le nuvole sono gli unici animali
a vivere sul confine tra il visibile
e l’invisibile:
per questo feriscono i nostri occhi
e quelli di ogni essere che ha ricevuto
il dono inospitale dello sguardo.
Sono implacabili con la nostra vista.
La scavano, la costringono a conoscere
la distanza, a distillarla e trasformarla
in aspro liquore per dissetarsi.
Ci trascinano verso un orizzonte
che non chiediamo.
Quasi tutte le nuvole sono atee.
Sanno che abitano
un cielo senza nome,
la cui materia è l’oblio.
Si dedicano a registrare
ogni singola creatura
della terra
con un’inutile devozione.
Per ricordarmi di loro,
per salvarle da quella calligrafia sfavillante
che praticano lì, al di sopra del tempo.
E quasi tutte
hanno nostalgia della terra,
un tenue desiderio
come un filo sordo di pioggia.
Quando non ce la fanno più,
fanno cadere fulmini:
i loro maldestri tentativi,
insostenibili,
di gettare radici.
Segretamente
vorrebbero trasformarsi in alberi,
possedere quieti rami
e una voce nodosa per cantare.
O montagne, perché no,
case per l’eco
e la scomparsa.
Vorrebbero essere tante cose, le nuvole.
Cose che non vivano costrette
a ricordare col loro corpo tutto ciò che vedono.”
Adalber Salas Hernández (poeta e saggista venezuelano), da “Nubes. Poesía hispanoamericana, a cura di Edda Armas”, 2019″ – Traduzione di Alessio Brandolini
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Martin Deja/Moment/Getty Images
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Nuvole
“Dovrei essere molto veloce
nel descrivere le nuvole –già dopo una frazione di secondo
non sono più quelle, stanno diventando altre.
La loro caratteristica è
non ripetersi mai
in forme, sfumature, pose, disposizione.
Non gravate della memoria di nulla,
si librano senza sforzo sui fatti.
Ma quali testimoni di alcunché –
si disperdono all’istante da tutte le parti.
In confronto alle nuvole
la vita sembra solida,
pressoché duratura e quasi eterna.
Di fronte alle nuvole
perfino un sasso sembra un fratello
su cui si può contare,
loro invece sono solo cugine lontane e volubili.
Gli uomini esistano pure, se vogliono,
e poi uno dopo l’altro muoiano,
loro, le nuvole,
non hanno niente a che vedere
con tutta questa faccenda
molto strana.
Al di sopra di tutta la tua vita
e della mia, ancora incompleta,
sfilano fastose così come già sfilavano.
Non devono insieme a noi morire,
né devono essere viste per fluttuare.”
Wislawa Szymborska, da “Elogio dei sogni” – Traduzione di Pietro Marchesani
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Photo by Bill Tompkins/Getty Images
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Nubi
“Non vi sarà mai cosa che non sia
una nube. Lo son le cattedrali
di vasta pietra e bibliche vetrate
che il tempo spianerà. Lo è l’Odissea,
che cambia come il mare. Se la riapri
sempre cambia qualcosa. Anche il riflesso
del tuo viso è già un altro nello specchio
ed il giorno è un dubbioso labirinto.
Siamo chi se ne va. La numerosa
nuvola che si disfa all’occidente
è nostra effigie. Incessantamente
la rosa si tramuta in altra rosa.
Sei nuvola, sei mare, sei l’oblio.
Sei anche tutto quello che hai smarrito.
Vanno per l’aria placide montagne
oppure cordigliere d’ombre tragiche
che oscurano il giorno. Le chiamiamo
nuvole. Hanno sempre forme strane.
Shakespeare ne osservò una. Somigliava
a un drago. Quella nube di una sera
risplende e brucia nella sua parola
e ancora seguitiamo a rivederla.
Le nuvole che sono? Architettura
del caso? Forse Dio ne necessita
per eseguire l’opera infinita:
sono i fili della Sua trama oscura.
Forse la nube non è meno vana
dell’uomo che la guarda nel mattino.”
Jorge Luis Borges, “Nubi”, da “I congiurati”, 1986 – Traduzione di Domenico Porzio e Hado Lyria
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Immagine in evidenza: Stanislav Plutenko, “Schiuma”

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