*****
Elementare
Pierluigi Cappello, da “Azzurro elementare”
*****
L’uomo e il mare
“Sempre il mare, uomo libero, amerai!
Perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell’infinito svolgersi dell’onda
l’anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti…
in seno alla tua immagine; l’abbraccio
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal tuo suono al suon di questo
selvaggio e indomabile lamento.
Discreti e tenebrosi ambedue siete:
uomo, nessuno ha mai sondato il fondo
dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto,
mare, le tue più intime ricchezze,
tanto gelosi siete d’ogni vostro
segreto. Ma da secoli infiniti
senza rimorso né pietà lottate
fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte, o lottatori
eterni, o implacabili fratelli!”
Charles Baudelaire, “L’uomo e il mare”
*****
Arrivederci fratello mare
“Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.”
Nazim Hikmet, “Arrivederci fratello mare”
*****
Edward Hopper, “The Long Leg”, 1935
*****
Conosco delle barche
“La nostra vita naviga su un mare
Mai attraversato, le cui onde,
si inseguono l’ un l’ altra giocando
a un eterno rimpiattino.
È il mare agitato del mutamento,
che pascola le sue schiumanti
greggi, e mille volte le disperde,
che batte incessante le sue mani
contro la calma del cielo.
Nel centro di questa volteggiante
Danza di guerra di luce e di buio,
amore, tua è quell’ isola verde,
dove il sole bacia la ritrosa
ombra della selva ed il silenzio
è corteggiato dal canto di uccelli.”
Rabindranath Tagore, “La nostra vita naviga su un mare”
*****
Joseph Mallord William Turner, “Bell Rock Lighthouse”, 1819
*****
Mediterraneo
“Allo sguardo vuoto delle finestre, il mattino
con tutti i suoi denti che ha azzurri e brillanti,
gialli, verdi e rossi, ai balconi si cullano le tende.
Giovani donne con le braccia nude stendono i panni.
Un uomo, a una finestra, col binocolo in mano.
Mattino chiaro dagli smalti marini
perla latina dai bagliori liliali:
Mediterraneo.
Mezzogiorno sul mare immobile e caloroso:
mi accetta senza grida: un silenzio e un sorriso.
Spirito latino, Antichità, un velo di pudore sul grido torturato!
Vita latina che conosce i suoi limiti,
rassicurante passato, oh! Mediterraneo!
Sulle tue rive trionfano ancora voci ormai taciute,
che dicono di sì perché ti hanno negato!
Enorme e leggero,
assicuri e soddisfi e mormori l’eternità dei tuoi minuti,
oh! Mediterraneo! E il miracolo della tua storia,
lo racchiudi tutto quanto
nell’esplosione del tuo sorriso.
Inalienabile vergine, a ogni ora la sua natura si concepisce
in nature già formate.
La sua vita rinasce sui nostri dolori.
Prende il volo! E da quali ceneri, luminosa fenice!
Mediterraneo! Il tuo mondo è a misura nostra,
L’uomo all’albero si unisce e in due l’Universo si recita la commedia
in costume del Numero d’Oro
dall’immensa semplicità senza scosse sgorga la pienezza,
oh! natura che non fai salti!
Dall’olivo al Mantovano, dalla pecora al pastore,
solo l’innominabile comunione dell’immobilità.
Virgilio cinge l’albero, Melibeo va al pascolo.
Mediterraneo!
Biondo pergolato azzurro dove dondola la certezza,
così vicina, oh! così vicina alle nostre mani,
che i nostri occhi l’hanno accarezzata e le dita l’hanno lasciata.
Nella sera incombente con la giacca sulle spalle, tiene la porta aperta,
lambito dai riflessi della fiamma, l’uomo entra nella sua felicità
si dissolve nell’ombra.
Così questi uomini rientreranno in questa terra, certi di avere una proroga,
più sfiniti che sazi della felicità di aver saputo.
Nei cimiteri marini c’è solo eternità.
Lì, l’infinito si stanca ai funebri fusi.
La terra latina non trema. E come il tizzone detonante volteggia nella maschera immobile
di un cerchio,
indifferente, appare l’inaccessibile ebbrezza della luce.
Ma ai suoi figli questa terra apre le braccia e fa carne della loro carne,
e questi – sazi, si riempiono del segreto sapore di questa
trasformazione – lentamente la assaporano a mano a mano che la scoprono.
E presto, ancora e poi, i denti, i denti azzurri e brillanti
luce! Luce! L’uomo si completa in lei.
Polvere di sole, scintillio d’armi,
principio essenziale dei corpi e dello spirito,
in te i mondi si bruniscono e si umanizzano,
in te ci rendiamo e i nostri dolori si sublimano,
insistente antichità
Mediterraneo, oh! Mare Mediterraneo!
Soli, nudi, senza segreti, i tuoi figli attendono la morte.
La morte te li renderà, puri, finalmente puri.”
Albert Camus, “Mediterraneo”
Carmen Yáñez, “L’ordine delle cose”
Giorgio Caproni
Ming Di, (poetessa e traduttrice cinese), “Foglia di mare”
Nikos Kazantzakis, da “Odissea”
*****
Kanagawa Hokusai, “La grande onda”, 1831
*****
*****
Nuovo canale interoceanico
Mario Benedetti, “Nuovo canale interoceanico”
*****
Io sul fondo del mare
Alfonsina Storni, “Io sul fondo del mare”
*****
Fresca Marina
“A te assomiglio la mia vita d’uomo,
fresca marina che trai ciottoli e luce
e scordi a nuova onda
quella cui diede suono
già il muovere dell’aria.
Se mi desti t’ascolto,
e ogni pausa è cielo in cui mi perdo,
serenità d’alberi a chiaro della notte.”
Salvatore Quasimodo, “Fresca Marina”, da “Acque e terre” (1930)
*****
Gustave Courbet, “L’onda”, 1869 circa
*****
Tra tutti i mari
“Tra tutti i mari,
io resto con questo:
mare d’umile inesistenza,
arreso davanti allo sguardo navigante
di territori più sottili.
Né la sua danza, gambe di schiuma
né senza musica, graffi di roccia
né il suo volto, frammento mortale di cielo,
mi commuovono.
Direi, rischiando d’essere imprecisa,
non c’è stato mare né spiaggia né un bianco gabbiano,
né pioggia, né strati di antiche montagne,
quel pomeriggio.
Tra me e la mia memoria,
solo due paia di occhi sorpresi per la bellezza del caso.”
Melissa Cobo Campo
*****
Spiaggia
“Sono abitatrice delle sabbie, di alte spume:
le navi passano per le mie finestre
come il sangue nelle mie vene,
come i piccoli pesci nei fiumi…
Non hanno vele e hanno vele;
e il mare ha e non ha sirene;
e io navigo e sto ferma,
vedo mondi e sono cieca,
perché questo è un male di famiglia,
essere di sabbia, di acqua, di isola…
E persino senza barca naviga chi al mare è stata destinata.
Dio ti protegga, Cecilia,
che tutto è mare e niente più.”
Cecilia Meireles, “Spiaggia”
*****
Sandro Botticelli, “La nascita di Venere”, 1485
*****
Ode al mare
“Qui nell’isola
il mare
e quanto mare
esce da sé stesso
in ogni momento,
dice di sì, di no,
di no, di no, di no,
dice di sì nell’azzurro,
nella spuma, nel galoppo,
dice di no, di no.
Non può stare tranquillo,
mi chiamo mare, ripete
battendo su una pietra
senza ottenere di convincerla,
allora
con sette lingue verdi
di sette cani verdi,
di sette tigri verdi,
di sette mari verdi,
la percorre, la bacia,
la inumidisce
e si colpisce il petto
ripetendo il suo nome.
Oh mare, come ti chiami,
oh compagno oceano,
non perdere tempo e acqua,
non scuoterti tanto,
aiutaci,
siamo i piccoli
pescatori,
gli uomini della riva,
abbiamo freddo e fame,
sei il nostro nemico,
non colpire così forte,
non gridare a questo modo,
apri la tua cassa verde
e offri a tutti noi
tra le mani
il tuo regalo d’argento:
il pesce di ogni giorno.
Qui in ogni casa
lo amiamo
e benché fatto d’argento,
di cristallo o di luna,
nacque per le povere
cucine della terra.
Non custodirlo,
avaro,
mentre scivola freddo come
lampo bagnato
sotto le sue onde.
Vieni ora,
apriti
e lascialo
vicino alle nostre mani,
aiutaci, oceano,
padre verde e profondo,
a dar termine un giorno
alla povertà terrestre.
Lasciaci
raccogliere i frutti dell’infinita
piantagione delle tue vite,
i tuoi frumenti e le tue uve,
i tuoi buoi, i tuoi metalli,
lo splendore bagnato
e il frutto sommerso.
Padre mare, sappiamo già
come ti chiami, tutti
i gabbiani diffondono
il tuo nome sulle spiagge:
ora, comportati bene,
non scuotere i tuoi crini,
non minacciare nessuno,
non rompere contro il cielo
la tua bella dentatura,
tralascia per un momento
le gloriose storie,
da’ ad ogni uomo,
ad ogni
donna e ad ogni bambino,
un pesce grande o piccolo
ogni giorno.
Va’ per tutte le strade
del mondo
per distribuire pesci
ed allora
grida,
grida
perché ti odano tutti
i poveri che lavorano
e dicano,
affacciandosi all’imboccatura
della miniera:
“Ecco che viene il vecchio mare
a distribuire pesci”.
Poi torneranno giù,
nelle tenebre
sorridendo, e per le strade
e per i boschi
sorrideranno gli uomini
e la terra
con sorriso marino.
Ma
se così non vuoi,
se non ne hai voglia,
aspetta,
aspettaci,
dovremo provvedere,
per prima cosa
regoleremo i problemi
dell’umanità,
dapprima i più grandi,
quindi tutti gli altri,
ed allora
entreremo in te,
taglieremo le onde
con un coltello di fuoco,
su di un cavallo elettrico
salteremo la spuma,
cantando
ci immergeremo
fino a toccare il fondo
delle tue viscere,
un filo atomico
terrà a bada i tuoi fianchi,
pianteremo
nel tuo giardino profondo
alberi
di cemento e acciaio,
ti legheremo
mani e piedi,
sopra la tua pelle gli uomini
passeggeranno sputando,
togliendoti grappoli,
costruendo armature,
montando sulla tua groppa per domarti
e per dominarti l’anima.
Ma questo accadrà quando
noi uomini
avremo regolato
il nostro problema,
il grande,
il gran problema.
Tutto regoleremo
poco a poco:
Ti obbligheremo, mare,
ti obbligheremo, terra,
a far miracoli,
perché in noi stessi,
nella lotta,
sta il pesce, sta il pane,
sta il miracolo.”
Pablo Neruda, “Ode al mare”
*****
Georges-Pierre Seurat, “Bagnanti ad Asnières”, 1884
*****
Voglio l’oceano che non ha memoria
Sono il mare
“Sono il mare che porto negli occhi
maree che mi portano altrove
improvvise selvagge tempeste
e bonacce di sere tranquille
Sono il mare che mi scorre nel sangue
mio sale
reminiscenza e amaro sapore
voce antica
eterno scintillìo d’argento
mio specchio riflesso
Sono il mare che porto negli occhi
risacche sbattute
fermate
respinte
e che lascio andare
Sono il mare che porto negli occhi
muovo dondolìo di alghe
abbraccio di stelle marine
un ninnare quieto
carezze di effimera spuma
Sono il mare che porto nel cuore
conforto di questa che sono
alito e brezza
soffio senza fine
canto che entra dentro
come un’antico richiamo di sirene
Sono mare senza limiti
fra terra e cielo
e volo come libero gabbiano
sul bordo di questo illimitato orizzonte marino”
Dina Carruozzo Nazzaro (AtelierD)
*****
Claude Monet, “Impressione, levar del sole”, 1872
*****
Febbre del mare
“Devo tornare sul mare, solitario sotto il cielo,
e chiedo solo un’alta nave e una stella per guidarla,
colpi di timone, canti del vento,
sbuffi della vela bianca,
e bigia foschia sul volto del mare
e un bigio romper dell’alba.
Devo tornare sul mare, ché la chiamata
della marea irruente è una chiara
selvaggia chiamata imperiosa;
e io chiedo soltanto un giorno di vento
con volanti nuvole bianche,
pieno di spruzzi e di spuma e di strillanti gabbiani.
Devo tornare sul mare, alla vita
di zingaro vagabondo; alla via
delle balene e degli uccelli marini,
dove il vento è una lama tagliente;
e io chiedo solo un’allegra canzone
da un compagno ridente e un buon sonno
e un bel sogno
quando la lunga giocata è finita.”
John Mansfield, “Febbre del mare”
*****
Foto di Antonio Mora
*****
Levante
*****
Foto di Adel Alrmal
*****
La foto in evidenza è di Sonia Simbolo