“T.S. Eliot ha scritto: «I vecchi dovrebbero essere esploratori»; per me questo significa: segui la curiosità, indaga idee importanti, rischia la trasgressione (…) Per vedere la forza del carattere a distanza ravvicinata, dobbiamo lasciarci coinvolgere senza riserve negli eventi dell’invecchiare. E questo richiede, oltre che curiosità, anche coraggio. Per «coraggio» intendo la forza di abbandonare le idee vecchie per abbandonarsi alle idee strane, attuando uno slittamento del significato e dell’importanza degli eventi che temiamo.
Intendo il coraggio di essere curiosi. La curiosità è una delle grandi pulsioni del genere umano e forse della vita animale in genere; è quel desiderio di esplorare il mondo che spinge la scimmia e il topo a uscire dalla tana per le loro rischiose avventure.” (…)
La curiosità inquisitiva per la vita altrui estende la nostra vita. Non sto parlando di servizi di volontariato; ma dell’arte di ascoltare. L’altro è una fonte di linfa vitale, che trasfonde vitalità nella tua anima, se, prestandogli orecchio, riesci a provocarlo a uscire. Annusa nel sottobosco, fruga tra i piccoli scandali, cerca ghiotti bocconcini di pettegolezzi piccanti che stuzzicano l’appetito per la vita brulicante intorno a te: la curiosità allenta i cordoni angusti delle preoccupazioni private, personali. Il movimento all’indietro, all’ingiù e all’infuori estende la vita oltre i suoi confini e la libera dall’attaccamento all’identità personale, libera il carattere da quell’incontentabile bulletto che è il mio «io».
Più riesci a protenderti all’indietro, nel passato storico, e all’ingiù, verso ciò che è dopo di te e in basso, e all’infuori, verso l’altro da te, e più la tua vita si estende. La longevità si libera della capsula temporale. Questa è la vera longevità, un durare di più che dura per sempre, perché non c’è capolinea”.(…)
Il carattere è caratteri; la nostra natura è una complessità pluralistica, una trama multifasica e polisemica, un fascio, un groviglio, una cartelletta piena di fogli. Ecco perché ci serve una vecchiaia lunga: per sbrogliare i fili e trovare i bandoli.
Mi piace immaginare la nostra psiche come una pensione piena di ospiti. Ci sono quelli che si presentano puntuali e seguono le regole della casa, e altri, anch’essi ospiti fissi, che se ne stanno chiusi in camera o si fanno vedere solo di notte; e può darsi che questi e quelli non si siano mai incrociati. Una soddisfacente teoria del carattere deve dare spazio a tutti, ai caratteristi, alle controfigure, agli addestratori di animali, alle comparse, agli attori che recitano soltanto una particina e si esibiscono in numeri inattesi. Spesso sono questi a dare allo spettacolo il suo tono tragico, o fatale, o demenziale. (…)
Probabilmente l’integrità del carattere non è una cosa così unitaria; assomiglia, piuttosto, a quando, alla fine dell’opera, l’intera compagnia si presenta in scena, e il coro, i ballerini, i protagonisti e il direttore d’orchestra fanno i loro inchini scoordinati. La vita vuole alla ribalta tutta la compagnia, in flagrante delitto. Anche i travestimenti fanno parte del carattere. (…)
“L’occhio anomalo è l’occhio vecchio. L’anima vecchia, invecchiata nella propria peculiarità, è incapace, anzi, di vederci dritto; è sempre un po’ strabica e preferisce lo strambo. L’amore per ciò che è strambo può apparire anche a un’età precoce, come nei soprannomi affettuosi che i ragazzini si danno a vicenda e che isolano un aspetto o un tratto particolari del carattere. Ma di solito la giovinezza preferisce il conforme, e cerca di adattare o smussare gli spigoli. Da vecchi, diventati noi stessi esemplari di unicità, cerchiamo compagni che siano a loro modo strambi come noi lo siamo a modo nostro. Abitudini quotidiane simili, esperienze passate affini, sintomi analoghi, ambiente sociale in comune non sono abbastanza confortanti. Il piacere, l’amore ce lo danno i compagni di unicità. La strana coppia: una coppia di originali. “
James Hillman, da “La forza del carattere”
Foto di Arianna Arcangeli