“Ho vissuto con diversi maestri Zen – erano tutti dei gatti.”
Eckhart Tolle
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Guillaume Apollinaire, “Il gatto”, da “le Bestiaire”, 1911
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Gigia
Gianni Rodari, “Il giornale dei gatti”
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Stregatta
Ode al gatto
“Gli animali furono imperfetti,
lunghi di coda,
plumbei di testa.
Piano piano si misero in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono nei, grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso: nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.
L’uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l’ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,
ma il gatto
vuole essere solo gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.
Non c’è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio,
e l’elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola fessura
per gettarvi le monete della notte.
Oh piccolo
imperatore senz’orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto,
nuziale sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell’amore
all’aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto è immondo
per l’immacolato piede del gatto.
Oh fiera indipendente della casa,
arrogante vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un irreperibile velluto,
probabilmente non c’è enigma
nel tuo contegno,
forse sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all’abitante meno misterioso,
forse tutti si credono padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni, colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.
Io no.
Io non sono d’accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l’atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare il gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d’oro stanno nei suoi occhi.
Pablo Neruda. “Ode al gatto”
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Franco
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Un gatto
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Il gatto
“Gatto che giochi per strada
come se fosse il tuo letto
invidio questa tua sorte
che nemmeno sorte si chiama.
Buon servo di leggi fatali
che governano pietre e persone,
possiedi istinti comuni
e senti solo ciò che senti.
Sei felice perché sei così,
tutto il nulla che sei è tuo.
Io mi vedo e non mi ho,
mi conosco e non son io.”
Fernando Pessoa, “Il gatto”
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Baghera
Beppo
“Il gatto bianco e celibe si guarda
nella lucida lastra dello specchio
e sapere non può che quel candore
e le pupille d’oro non vedute
mai nella casa sono la sua immagine.
Chi gli dirà che l’altro che l’osserva
è solamente un sogno dello specchio?
Penso che questi armoniosi gatti,
quello di vetro e quello a sangue caldo,
sono fantasmi che regala al tempo
un archetipo eterno. Così afferma
Plotino, ombra lui pure, nelle Enneadi.
Di che Adamo anteriore al paradiso,
di che divinità indecifrabile
siamo noi uomini uno specchio infranto?”
Jorge Luis Borges, “Beppo”, da “La cifra” (1981)
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Stellina (per gli amici, Gippa)
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I gatti
“Gli amatori ferventi e i saggi luminari
amano, a grado a grado che l’età loro avanza,
i gatti forti e morbidi, orgoglio della stanza,
com’essi freddolosi, e pigri, e sedentari.
Amanti di lussurie, di calma e di saggezza,
ricercano il silenzio, l’ombra e i suoi misteri;
l’Ade ne avrebbe fatto dei funebri corrieri,
se potessero flettere l’indomita fierezza.
Meditabondi, assumono le pose statuarie
delle sfingi accosciate in fondo a solitarie
lande, come in un sogno che fine mai non abbia;
sprizzano dalle reni magnetiche scintille:
e grani d’oro, simili a finissima sabbia,
vagamente gli stellano le mistiche pupille.”
Charles Baudelaire, “I gatti”
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Pantalone (per gli mici, Panty)
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Canto per il gatto Alvaro
“Fra le mie braccia è il tuo nido,
o pigro, o focoso genio, o lucente,
o mio futile! Mezzogiorni e tenebre
son tue magioni, e ti trasformi
di colomba in gufo, e dalle tombe
voli alle regioni dei fumi.
Quando ogni luce è spenta, accendi al nero
le tue pupille, o doppiero
del mio dormiveglia, e s’incrina
la tregua solenne, ardono effimere
mille torce, tigri infantili
s’inseguono nei dolci deliri.
Poi riposi le fatue lampade
che saranno al mattino il vanto
del mio davanzale, il fior gemello
occhibello.
E t’ero uguale!
Uguale! Ricordi, tu,
arrogante mestizia? Di foglie
tetro e sfolgorante, un giardino
abitammo insieme, fra il popolo
barbaro del Paradiso. Fu per me l’esilio,
ma la camera tua là rimane,
e nella mia terrestre fugace passi
giocante pellegrino. Perché mi concedi
il tuo favore, o selvaggio?
Mentre i tuoi pari, gli animali celesti
gustan le folli indolenze, le antelucane feste
di guerre e cacce senza cuori, perché
tu qui con me? Perenne, tu, libero, ingenuo,
e io tre cose ho in sorte:
prigione peccato e morte.
Fra lune e soli, fra lucenti spini, erbe e chimere
saltano le immortali giovani fiere,
i galanti fratelli dai bei nomi: Ricciuto,
Atropo, Viola, Fior di Passione, Palomba,
nel fastoso uragano del primo giorno…
E tu? Per amor mio?
Non mi rispondi? Le confidenze invidiate
imprigioni tu, come spada di Damasco le storie d’oro
in velluto zebrato. Segreti di fiere
non si dicono a donne. Chiudi gli occhi e cantami
lusinghe lusinghe coi tuoi sospiri ronzanti,
ape mia, fila i tuoi mieli.
Si ripiega la memoria ombrosa
d’ogni domanda io voglio riposarmi.
L’allegria d’averti amico
basta al cuore. E di mie fole e stragi c
oi tuoi baci, coi tuoi dolci lamenti,
tu mi consoli,
o gatto mio!”
Elsa Morante, “Canto per il gatto Alvaro”
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Gauguin
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Le macchine e i gatti
“Le macchine
le macchine
sono troppo veloci
per i gatti
i gatti
che vogliono attraversar
per cercare
un amore
un amore
che dall’altra parte della strada sta
(si sa, bisogna rischiar)
E i gatti
i gatti
sono troppo indipendenti
per le donne
le donne
che li voglion carezzar
per mimare
un amore
un amore
quando proprio in giro non ce n’è
(neanche a pagar)
E se di notte mi vien voglia ti telefono
dalle cabine in autostrada da qualche squallido bar
sento i gettoni che cadono come battiti
del mio cuore ingenuo a metà
e tu rispondi annoiata
scocciata
addormentata
alle tre di notte cos’altro potresti far
e io ti chiedo sei sola e tu naturalmente ti incazzi
vorresti dormire vorresti riattaccar
e non capisci che…
I telefoni
i telefoni
sono troppo scomodi
per le zampe dei gatti
dei gatti
che voglion telefonar
per chiamare
un amore
un amore
che abita in un’altra città
(chissà se un giorno tornerà)
E la notte
la notte
ci sono troppe stelle
troppe macchine
e ai gatti
viene voglia di sdraiarsi
proprio in mezzo
alla strada
e guardare
e aspettar
che qualcuno gentile ti tocchi la spalla e dica
il mondo è finito, signore
se ne può andar
E se di notte ti vien voglia mi telefoni
dalla tua casa tranquilla o da un albergo sul mar
sento gli squilli che mi svegliano come battiti
del tuo cuore ingenuo a metà
e ti rispondo scocciato annoiato addormentato
alle tre di notte cos’altro potrei far
e se mi chiedi se sono solo dico son solo
sono solo solo solo come posso spiegar
i gettoni son finiti signore
è ora di andar
ma perché non capite che…”
Stefano Benni, “Le macchine e i gatti”
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Cesare Pavese, da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”
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Qu
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Gatti sui tetti
“Spalanco la finestra,
e sovra i tetti in faccia
alla mia stanza, nel grigior dell’alba
entro la luce scialba,
benché l’aria sia diaccia,
stan due gatti e si guardan miagolando.
Le vostre pene, o care bestie amiche,
molto compiango e vi darei ristoro,
ma non sapete che il silenzio è d’oro
per le umane fatiche?
Miagolerete, dite, fino a quando?
Ma la pace non viene
e forse di lor pene
fatti più acerbi ed anche più feroci
mescono sbruffi, acuti sgraffii e morsi.
E quei del vicinato tutti accorsi
— la famiglia dei gatti è numerosa —
discutono la cosa…
Fin presso la grondaia il più piccino
è scivolato ed io mi dico: è morto!
Ma no, che per miracolo risorto,
agguanta l’altro e giù lo scaraventa…
La famiglia dei gatti tutt’attenta
applaude al vincitore,
poiché pure tra i gatti il vinto ha torto
e perduto ha l’onore.
Torna il silenzio. Guardo. Già lontano
ogni gatto scompare discutendo,
e le lor voci ormai più non intendo.
Quand’ecco, una penombra, di soppiatto,
esce da un abbaino…
Ma il vincitore che si lecca i baffi,
benché malconcio, il muso tutto a sgraffi,
corre presso la bella del suo cuore…
onde la mia finestra chiudo in fretta
per salvar la morale
e l’etichetta.
Non darti l’aria, o cuore,
di rigido censore
ché fosti gatto e ancora lo sarai,
e sovra i tetti andrai
miagolando alle notti azzurre e pure
tutto il dolore delle graffiature.
Francesco Cazzamini Mussi (1888-1952),da “Le allee solitarie”
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I …”modelli” che hanno gentilmente posato per noi: Amelie, Baghera, Franco, Gauguin, Gigia, Gippa, Nocciolina, Panty, Qu, Stregatta.
Foto in evidenza: Amelie fotografata dalla sua…schiava: Sonia Simbolo
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Carl Kahler, “My wife’s lovers”, 1891
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Il giornale dei gatti
“I gatti hanno un giornale
con tutte le novità
e sull’ultima pagina
la “Piccola Pubblicità”.
“Cercasi casa comoda
con poltrone fuori moda:
non si accettano bambini
perché tirano la coda”.
“Cerco vecchia signora
a scopo compagnia.
Precisare referenze
e conto in macelleria”.
“Premiato cacciatore
cerca impiego in granaio”.
“Vegetariano, scapolo,
cerca ricco lattaio”.
I gatti senza casa
la domenica dopo pranzo
leggono questi avvisi
più belli di un romanzo:
per un’oretta o due
sognano ad occhi aperti,
poi vanno a prepararsi
per i loro concerti.”
Gianni Rodari, “Il giornale dei gatti”
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Christian Schloe
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Foto di Simon Gradwell
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In evidenza: Foto di Sonia Simbolo – Modella: Amélie