Linguaggi

I gatti: piccoli maestri zen

17.11.2021

“Ho vissuto con diversi maestri Zen – erano tutti dei gatti.”

Eckhart Tolle

******

Nocciolina

*****
Il gatto
“Io mi auguro di avere in casa mia:
una donna provvista di prudenza,
un gatto a passeggio fra i libri,
e in tutte le stagioni amici
di cui non posso far senza.”

Guillaume Apollinaire, “Il gatto”, da “le Bestiaire”, 1911

*****

Gigia

Il giornale dei gatti
“I gatti hanno un giornale
con tutte le novità
e sull’ultima pagina
la “Piccola Pubblicità”.
“Cercasi casa comoda
con poltrone fuori moda:
non si accettano bambini
perché tirano la coda”.
“Cerco vecchia signora
a scopo compagnia.
Precisare referenze
e conto in macelleria”.
“Premiato cacciatore
cerca impiego in granaio”.
“Vegetariano, scapolo,
cerca ricco lattaio”.
I gatti senza casa
la domenica dopo pranzo
leggono questi avvisi
più belli di un romanzo:
per un’oretta o due
sognano ad occhi aperti,
poi vanno a prepararsi
per i loro concerti.”

Gianni Rodari, “Il giornale dei gatti”

*****

Stregatta

 

Ode al gatto

“Gli animali furono imperfetti,
lunghi di coda,
plumbei di testa.

Piano piano si misero in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono nei, grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso: nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.

L’uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l’ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,

ma il gatto
vuole essere solo gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.

Non c’è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio,
e l’elastica linea del suo corpo,

salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola fessura
per gettarvi le monete della notte.

Oh piccolo
imperatore senz’orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto,
nuziale sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell’amore
all’aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto è immondo
per l’immacolato piede del gatto.

Oh fiera indipendente della casa,
arrogante vestigio della notte,

neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un irreperibile velluto,
probabilmente non c’è enigma
nel tuo contegno,
forse sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all’abitante meno misterioso,
forse tutti si credono padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni, colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.

Io no.
Io non sono d’accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l’atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare il gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d’oro stanno nei suoi occhi.

Pablo Neruda. “Ode al gatto”

*****

Franco

 

*****

Un gatto

“Come dorme bene un gatto
dorme con zampe e di peso,
dorme con unghie crudeli,
dorme con sangue sanguinario,
dorme con tutti gli anelli
che come circoli incendiati
costruirono la geologia
d’una corda color di sabbia.
Vorrei dormire come un gatto
con tutti i peli del tempo,
con la lingua di pietra focaia,
con il sesso secco del fuoco
e, non parlando con nessuno,
stendermi sopra tutto il mondo,
sopra le tegole e la terra,
intensamente consacrato
a cacciare i topi del sogno.
Ho veduto come vibrava
il gatto nel sonno:
correva la notte in lui come acqua oscura,
e a volte pareva cadere
o magari precipitare
nei desolati ghiacciai,
forse crebbe tanto nel sonno
come un antenato di tigre
e avrebbe saltato nel buio
tetti, nuvole e vulcani.
Dormi, dormi, gatto notturno
con i tuoi riti di vescovo,
e i tuoi baffi di pietra:
ordina tutti i nostri sogni,
guida le tenebre delle nostre
addormentate prodezze
con il tuo cuore sanguinario
e il lungo collo della tua coda.”
Pablo Neruda, “Un gatto”

 

*****

 

Il gatto

“Gatto che giochi per strada
come se fosse il tuo letto
invidio questa tua sorte
che nemmeno sorte si chiama.

Buon servo di leggi fatali
che governano pietre e persone,
possiedi istinti comuni
e senti solo ciò che senti.

Sei felice perché sei così,
tutto il nulla che sei è tuo.
Io mi vedo e non mi ho,
mi conosco e non son io.”

Fernando Pessoa, “Il gatto”

*****

Baghera


Beppo

“Il gatto bianco e celibe si guarda
nella lucida lastra dello specchio
e sapere non può che quel candore
e le pupille d’oro non vedute
mai nella casa sono la sua immagine.
Chi gli dirà che l’altro che l’osserva
è solamente un sogno dello specchio?
Penso che questi armoniosi gatti,
quello di vetro e quello a sangue caldo,
sono fantasmi che regala al tempo
un archetipo eterno. Così afferma
Plotino, ombra lui pure, nelle Enneadi.
Di che Adamo anteriore al paradiso,
di che divinità indecifrabile
siamo noi uomini uno specchio infranto?”

Jorge Luis Borges, “Beppo”, da “La cifra” (1981)

*****

Ad un gatto
“Non sono più silenziosi gli specchi
né più furtiva l’alba avventuriera;
sei, sotto la luna, quella pantera
che a noi ci è dato percepire da lontano.
Per opera indecifrabile di un decreto
divino ti cerchiamo invano;
più remoto del Gange e del Ponente
tua è la solitudine, tuo il segreto.
La tua schiena accondiscende la carezza
lenta della mia mano. Hai accolto,
da quella eternità che è già oblio,
l’amore di una mano timorosa.
Sei in un altro tempo. Sei il padrone
di un abito chiuso come un sogno.”
Jorge Luis Borges, da “L’oro delle tigri”, 1972

*****

Stellina (per gli amici, Gippa)

*****

I gatti

“Gli amatori ferventi e i saggi luminari
amano, a grado a grado che l’età loro avanza,
i gatti forti e morbidi, orgoglio della stanza,
com’essi freddolosi, e pigri, e sedentari.

Amanti di lussurie, di calma e di saggezza,
ricercano il silenzio, l’ombra e i suoi misteri;
l’Ade ne avrebbe fatto dei funebri corrieri,
se potessero flettere l’indomita fierezza.

Meditabondi, assumono le pose statuarie
delle sfingi accosciate in fondo a solitarie
lande, come in un sogno che fine mai non abbia;

sprizzano dalle reni magnetiche scintille:
e grani d’oro, simili a finissima sabbia,
vagamente gli stellano le mistiche pupille.”

Charles Baudelaire, “I gatti”

*****

Pantalone (per gli mici, Panty)

*****

Canto per il gatto Alvaro

 

“Fra le mie braccia è il tuo nido,
o pigro, o focoso genio, o lucente,
o mio futile! Mezzogiorni e tenebre
son tue magioni, e ti trasformi
di colomba in gufo, e dalle tombe
voli alle regioni dei fumi.
Quando ogni luce è spenta, accendi al nero
le tue pupille, o doppiero
del mio dormiveglia, e s’incrina
la tregua solenne, ardono effimere
mille torce, tigri infantili
s’inseguono nei dolci deliri.
Poi riposi le fatue lampade
che saranno al mattino il vanto
del mio davanzale, il fior gemello
occhibello.

E t’ero uguale!
Uguale! Ricordi, tu,
arrogante mestizia? Di foglie
tetro e sfolgorante, un giardino
abitammo insieme, fra il popolo
barbaro del Paradiso. Fu per me l’esilio,
ma la camera tua là rimane,
e nella mia terrestre fugace passi
giocante pellegrino. Perché mi concedi
il tuo favore, o selvaggio?

Mentre i tuoi pari, gli animali celesti
gustan le folli indolenze, le antelucane feste
di guerre e cacce senza cuori, perché
tu qui con me? Perenne, tu, libero, ingenuo,
e io tre cose ho in sorte:
prigione peccato e morte.
Fra lune e soli, fra lucenti spini, erbe e chimere
saltano le immortali giovani fiere,
i galanti fratelli dai bei nomi: Ricciuto,
Atropo, Viola, Fior di Passione, Palomba,
nel fastoso uragano del primo giorno…
E tu? Per amor mio?

Non mi rispondi? Le confidenze invidiate
imprigioni tu, come spada di Damasco le storie d’oro
in velluto zebrato. Segreti di fiere
non si dicono a donne. Chiudi gli occhi e cantami
lusinghe lusinghe coi tuoi sospiri ronzanti,
ape mia, fila i tuoi mieli.
Si ripiega la memoria ombrosa
d’ogni domanda io voglio riposarmi.
L’allegria d’averti amico
basta al cuore. E di mie fole e stragi c
oi tuoi baci, coi tuoi dolci lamenti,
tu mi consoli,
o gatto mio!”

Elsa Morante, “Canto per il gatto Alvaro”

*****

Gauguin

*****

Le macchine e i gatti

 

“Le macchine
le macchine
sono troppo veloci
per i gatti
i gatti
che vogliono attraversar
per cercare
un amore
un amore
che dall’altra parte della strada sta
(si sa, bisogna rischiar)

E i gatti
i gatti
sono troppo indipendenti
per le donne
le donne
che li voglion carezzar
per mimare
un amore
un amore
quando proprio in giro non ce n’è
(neanche a pagar)

E se di notte mi vien voglia ti telefono
dalle cabine in autostrada da qualche squallido bar
sento i gettoni che cadono come battiti
del mio cuore ingenuo a metà
e tu rispondi annoiata
scocciata
addormentata
alle tre di notte cos’altro potresti far
e io ti chiedo sei sola e tu naturalmente ti incazzi
vorresti dormire vorresti riattaccar
e non capisci che…

I telefoni
i telefoni
sono troppo scomodi
per le zampe dei gatti
dei gatti
che voglion telefonar
per chiamare
un amore
un amore
che abita in un’altra città
(chissà se un giorno tornerà)

E la notte
la notte
ci sono troppe stelle
troppe macchine
e ai gatti
viene voglia di sdraiarsi
proprio in mezzo
alla strada
e guardare
e aspettar
che qualcuno gentile ti tocchi la spalla e dica
il mondo è finito, signore
se ne può andar

E se di notte ti vien voglia mi telefoni
dalla tua casa tranquilla o da un albergo sul mar
sento gli squilli che mi svegliano come battiti
del tuo cuore ingenuo a metà
e ti rispondo scocciato annoiato addormentato
alle tre di notte cos’altro potrei far
e se mi chiedi se sono solo dico son solo
sono solo solo solo come posso spiegar
i gettoni son finiti signore
è ora di andar
ma perché non capite che…”

Stefano Benni, “Le macchine e i gatti”

*****

I gatti
“Ancora cadrà la pioggia
sui tuoi dolci selciati,
una pioggia leggera
come un alito o un passo.
Ancora la brezza e l’alba
fioriranno leggere
come sotto il tuo passo,
quando tu rientrerai.
Tra fiori e davanzali
i gatti lo sapranno.
Ci saranno altri giorni,
ci saranno altre voci.
Sorriderai da sola.
I gatti lo sapranno.
Udrai parole antiche,
parole stanche e vane
come i costumi smessi
delle feste di ieri.
Farai gesti anche tu.
Risponderai parole −
viso di primavera,
farai gesti anche tu.
I gatti lo sapranno,
viso di primavera;
e la pioggia leggera,
l’alba color giacinto,
che dilaniano il cuore
di chi piú non ti spera,
sono il triste sorriso
che sorridi da sola.
Ci saranno altri giorni,
altre voci e risvegli.
Soffriremo nell’alba,
viso di primavera.”

Cesare Pavese, da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”

*****

Qu

*****

Gatti sui tetti

“Spalanco la finestra,
e sovra i tetti in faccia
alla mia stanza, nel grigior dell’alba
entro la luce scialba,
benché l’aria sia diaccia,
stan due gatti e si guardan miagolando.

Le vostre pene, o care bestie amiche,
molto compiango e vi darei ristoro,
ma non sapete che il silenzio è d’oro
per le umane fatiche?
Miagolerete, dite, fino a quando?

Ma la pace non viene
e forse di lor pene
fatti più acerbi ed anche più feroci
mescono sbruffi, acuti sgraffii e morsi.
E quei del vicinato tutti accorsi
— la famiglia dei gatti è numerosa —
discutono la cosa…

Fin presso la grondaia il più piccino
è scivolato ed io mi dico: è morto!
Ma no, che per miracolo risorto,
agguanta l’altro e giù lo scaraventa…

La famiglia dei gatti tutt’attenta
applaude al vincitore,
poiché pure tra i gatti il vinto ha torto
e perduto ha l’onore.

Torna il silenzio. Guardo. Già lontano
ogni gatto scompare discutendo,
e le lor voci ormai più non intendo.
Quand’ecco, una penombra, di soppiatto,
esce da un abbaino…
Ma il vincitore che si lecca i baffi,
benché malconcio, il muso tutto a sgraffi,
corre presso la bella del suo cuore…
onde la mia finestra chiudo in fretta
per salvar la morale
e l’etichetta.

Non darti l’aria, o cuore,
di rigido censore
ché fosti gatto e ancora lo sarai,
e sovra i tetti andrai
miagolando alle notti azzurre e pure
tutto il dolore delle graffiature.

Francesco Cazzamini Mussi (1888-1952),da “Le allee solitarie”

*****

Nel paradiso dei gatti 
“Nel paradiso dei gatti esistono angoli incredibili per oziare.
Posti segreti, cassetti, termosifoni, alberi, tetti
e morbide nuvole.
I gomitoli non mancano mai.
Tende per le unghie, oggetti da fare cadere.
Si mangia spesso e si gioca ancor di più.
Nel paradiso dei gatti si “miagola” di ogni cosa, ma soprattutto della vita vissuta sulla terra.
C’è chi era randagio.
C’è chi ha viaggiato in treno, in auto, chi ha condiviso l’appartamento con un cane, un topo, addirittura c’è chi afferma di essere salito sopra ad un aereo.
C’è chi ha un po’ di nostalgia ovviamente, ma subito i gatti più anziani organizzano qualche festa.
Nel paradiso dei gatti ci sono cuori.
Nessun cuore si dimentica.
Nessuna poesia è stupida.”
Gianluca Nadalini

*****

La gatta
“Era una gatta, assai trita, e non era
d’alcuno, e, vecchia, aveva un suo gattino.
Ora, una notte, (su per il camino
s’ingolfava e rombava la bufera)
trassemi all’uscio il suon d’una preghiera,
e lei vidi e il suo figlio a lei vicino.
Mi spinse ella, in un dolce atto, il meschino
tra piedi; e sparve nella notte nera.
Che nera notte, piena di dolore!
Pianti e singulti e risa pazze e tetri
urli portava dai deserti il vento.
E la pioggia cadea, vasto fragore,
sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.
Facea le fusa il piccolo, contento.”
Giovanni Pascoli, “La gatta”, da “Poesie varie”, 1913
******

I …”modelli” che hanno gentilmente posato per noi: Amelie, Baghera, Franco, Gauguin, Gigia, Gippa, Nocciolina, Panty, Qu, Stregatta.

Foto in evidenza: Amelie fotografata dalla sua…schiava: Sonia Simbolo 

*****

Carl Kahler, “My wife’s lovers”, 1891

*****

Il giornale dei gatti

“I gatti hanno un giornale
con tutte le novità
e sull’ultima pagina
la “Piccola Pubblicità”.

“Cercasi casa comoda
con poltrone fuori moda:
non si accettano bambini
perché tirano la coda”.

“Cerco vecchia signora
a scopo compagnia.
Precisare referenze
e conto in macelleria”.

“Premiato cacciatore
cerca impiego in granaio”.

“Vegetariano, scapolo,
cerca ricco lattaio”.

I gatti senza casa
la domenica dopo pranzo
leggono questi avvisi
più belli di un romanzo:
per un’oretta o due
sognano ad occhi aperti,
poi vanno a prepararsi
per i loro concerti.”

Gianni Rodari, “Il giornale dei gatti”

*****

Christian Schloe

*****

Il gatto e la luna
“Il gatto andava qui e là
E la luna girava come trottola,
E il parente più stretto della luna,
Il gatto strisciante, guardò in su.
Il nero Minrialoushe fissava la luna,
Perché, per quanto vagasse e gemesse,
La luce fredda e limpida nel cielo
Turbava il suo sangue animale.
Minnaloushe corre fra l’erba
Alzando le sue zampe delicate.
Vuoi ballare, Minnaloushe, vuoi ballare?
Quando s’incontrano due parenti stretti
Che c’è di meglio che mettersi a ballare?
Forse la luna imparerà,
Stanca delle mode di corte,
Un nuovo passo di danza.
Minnaloushe striscia fra l’erba
Di luogo in luogo illuminato dalla luna,
La sacra luna sul suo capo
È entrata in una nuova fase.
Lo sa Minnaloushe che le sue pupille
Passeranno di mutamento in mutamento,
Che vanno dalla tonda alla lunata,
Dalla lunata alla tonda?
Minnaloushe striscia, fra l’erba
Solo, importante e saggio,
E leva alla luna mutevole
I suoi occhi mutevoli.”
William Butler Yeats, “Il gatto e la luna”, da “I cigni selvatici a Coole”, 1917
***** 
Foto di Zuraika Arromen
*****
I miei gatti
“Lo so. Lo so.
Hanno limitazioni, hanno differenti
bisogni e
preoccupazioni
ma io li osservo e da loro imparo.
Mi piace quel piccolo loro sapere,
che in fondo
è molto.
Il loro lamentarsi dura poco
né si preoccupano
e vanno con sorprendente dignità.
Vanno e dormono con totale semplicità,
incomprensibile agli umani.
I loro occhi sono
più belli dei nostri
e riescono a dormire venti ore
al giorno
senza esitazione o
rimorso.
Quando mi sento
giù,
basta che guardi
i miei gatti
e il mio coraggio ritorna.
Io studio queste
creature.
Loro sono i miei
MAESTRI!”
Charles Bukowski, “I miei gatti”
*****
Benjamin Wolf, “Nascondi e cerca”
*****
“Leghiamo nastrini colorati intorno ai loro colli, e a volte piccoli campanelli tintinnanti, e ostentiamo di pensare che siano dolci e insulsi, come il modesto nome micio con cui chiamiamo, porterebbe a credere. E un’illusione . Poiché quello che fa le fusa accanto ai nostri caminetti e che cammina a piccoli passi veloci lungo gli steccati sul retro dei nostri giardini è in realtà un animale selvaggio, impavido e indipendente come nessun altro al mondo.”
Alan Devoe

*****

Foto di Simon Gradwell

 

*****

Miao
“Considerami.
Siedo qui come Tiberio,
imperscrutabile e maestoso.
Io lascerò che il “Non oso”
attenda il “Vorrei”
e sopporterò lo strimpellare
della tua piccola chitarra
perché tu sei il mio gufo
e mi nutri col latte.
Perché bagnarmi la zampa?
Tienimi in una borsa
e nessuno saprà la verità.
Ho familiarità con le streghe
e all’inferno ho maggiori possibilità di te
perché posso ballare sui mattoni ardenti,
saltare per tutta la tua altezza
e atterrare su quattro zampe.
Sono il servo del Dio vivente.
Venero a modo mio.
Guarda in queste pietre verdi socchiuse
e segui le tue luci riflesse
nel buio.
Michel, Duc de Montaigne, lo sapeva.
Tu non giochi con me.
Io gioco con te.”
Mark Haddon, da “Il cavallo parlante e la ragazza triste e il villaggio sotto il mare”, 2005 – Traduzione di Elisa Biagini
*****
Foto di Dieter Biskamp
*****
Poesia senza gatto
“Io non ho gatto. Poeta senza gatto
non mi dà cauzione. Può esser troviero,
o re dei giullari. Però la Parola,
non sono convinto la possa trovare.
Mai sentito un miagolio. Mai
occhi dorati mi hanno fissato
insieme alle fusa. Guardare
quell’occhio, guardare il suo sguardo
è aprire le chiavi di tre
labirinti: quello del suono,
quello della luce
e quello dell’occhio
del meglio guardare.
Altro gatto ebbi, senza artiglio
affilato né rigidi baffi.
Gentile Signore, cappello con piume
e larghi stivali per il suo cammino.
– Dove tu mi porti,
Gatto il mio Signore?
– Gatto con Stivali
sono e dove tu vuoi
ti posso portare.
– Portami alla Gloria
e all’Eternità,
toglimi dal Tempo
annulla lo Spazio.
– Metti gli stivali
che dove vorrai
condurti sapranno.
Misi gli stivali.
In un tempo solo
Nord e Sud perdetti.
Passò la mattina. La sera
finì. Trascorsi la notte,
attesa dell’alba per
meglio svegliarsi. E di nuovo
è tardi per giungere male.
Era sì ghiacciata Donna Eternità
la Gloria la vidi truccata in eccesso
il mantello a strascico fatto con le pietre
le perle di plastica, i diamanti opachi
gli smeraldi pallidi, rubini di vetro.
Signore Don Gatto, che porta Stivali,
qui vengo a portarle le sue auguste scarpe
poiché le pantofole devo adoperare
di feltro, ben calde, dentro casa mia
poter camminare, quando vorrò uscire
le mie vecchie scarpe tornerò a infilare.
– Amico Poeta,
vedi le Parole?
– In mezzo alle brume
Don Chisciotte vidi
fiero passeggiare.
Per braccio portava
Donna Dulcinea
tutta sorridente
nella dolce attesa.
Senza cardine ho visto
girar le Parole.
A un tratto soffiava
feroce il Monsone.
–degli Assiri re–
il Borea ruggiva
–Principe tra dèi–,
col fischio fischiava
il Maestrale diafano
il pampero ruvido
là giù verso Sud
parola a parola
giogo e poi canneto
tutto mescolava
e nel turbinio
tutto confondeva,
insieme a ogni lettera
il suono col suono,
che era Cifra e Chiave
che ormai non so più.
Una dopo l’altra
ora me le scrivo
per recuperare
tra questo e quel verso
l’iscrizione insieme
a quel suono che
tra nuvola e ombra
in un solo istante
trovai e perdetti.
– Oh, Signor Don Gatto!
ho scritto la strofe,
il verso, la rima,
non trovai chitarra
o eco di violino.
Dove ci saranno
l’Inchiostro e la Penna
capaci di scrivere
la cifra sparita?
– Cerca tra le Cose,
dev’essere lì.
– Fruga fruga fruga
io devo cercare.
– È questo il Dovere
è questo il Lavoro,
tra Te e le Cose,
cercare e cercare.
Non trovo la Penna
nemmeno l’Inchiostro.
In mezzo alle Cose
e in tutti gli angoli
del Tempo e lo Spazio
la voglio cercare.
Fruga fruga fruga
cercare e cercare
e se non la trovo
riprendo a frugare.”
Jorge Arbeleche (poeta uruguaiano), “Poesia senza gatto” – Traduzione di Martha Canfield
*****
Foto di Dzień Kota
*****
Lo Scienziato cerca un gatto
“Lo Scienziato cerca un gatto,
un gatto nascosto
in una stanza buia.
Non lo trova ma..
ma ne deduce che è nero.
Il Filosofo cerca un gatto,
un gatto che non c’è
in una stanza buia.
Non lo trova ma..
ma continua a cercare.
Il Teologo, oh il Teologo
cerca lo stesso gatto.
Non lo trova ma dice
di averlo trovato.
Ennio Flaiano, da “La valigia delle Indie”, 1996
*****

In evidenza: Foto di Sonia Simbolo – Modella: Amélie

 

Lascia un commento