Eunice Odio (1919-1974), poetessa costaricense, “Ricordo della mia infanzia privata”
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Esperienza! Esperienza!
Anne Sexton, da “Il tremendo remare verso Dio”, 1975
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Mille porte fa
Anne Sexton, da “La zavorra dell’eterno”
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Balthus, “Nude Before a Mirror”, 1955
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Un’adolescente
Wisława Szymborska, “Un’adolescente”
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Sono nato al di qua di questi fogli
Pierluigi Cappello, da “I vostri nomi”, in “Mandate a dire all’imperatore”
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Della perduta vita non so niente
Francesco Scarabicchi, da “L’esperienza della neve”
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Foto di Enrico Carpegna, dalla serie “Sombras de tango”
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Il mio passato
“Spesso ripeto sottovoce
che si deve vivere di ricordi solo
quando mi sono rimasti pochi giorni.
Quello che è passato
è come se non ci fosse mai stato.
Il passato è un laccio che
stringe la gola alla mia mente
e toglie energie per affrontare il mio presente.
Il passato è solo fumo
di chi non ha vissuto.
Quello che ho già visto
non conta più niente.
Il passato ed il futuro
non sono realtà ma solo effimere illusioni.
Devo liberarmi del tempo
e vivere il presente giacché non esiste altro tempo
che questo meraviglioso istante.”
Alda Merini, “Il mio passato”
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Argentina
“Si dovrebbe riflettere a lungo per parlare
di certe cose che così si persero,
quei lunghi pomeriggi dell’infanzia
che mai tornarono uguali – e perché?
Dura il ricordo -: forse una pioggia,
ma non sappiamo ritrovarne il senso;
mai fu la nostra vita così piena
di incontri, di arrivederci, di transiti
come quando ci accadeva soltanto
ciò che accade a una cosa o a un animale:
vivevamo la loro come una sorte umana
ed eravamo fino all’orlo colmi di figure.
Eravamo come pastori immersi
in tanta solitudine e immense distanze,
e da lontano ci chiamavano e sfiorivano,
e lentamente fummo – un lungo, nuovo filo –
immessi in quella catena di immagini
in cui duriamo e ora durare ci confonde.”
Rainer Maria Rilke, “Infanzia”
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Ricordi
“Non apro i vecchi cassetti
Né la memoria del telefonino
Custodiscono fantasmi.
Sono quieti, impotenti
Per nulla affatto esigenti
Ma non accennano ad andarsene.
Hanno precisi contorni, sono anzi
Un solo bruno contorno,
Come il guscio secco
Di un frutto svuotato.
Ognuno di noi porta con sé
Un cimitero abbandonato.”
Mario Andrea Rigoni, “Ricordi”
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L’infanzia è il regno in cui nessuno muore
“L’infanzia non è un tempo della vita
che ha principio coi giochi e si conclude
quando, adulti oramai, ce ne disfiamo.
L’infanzia è il regno in cui nessuno muore.
Nessuno d’importante, si capisce.
Ci sono lontani parenti che muoiono,
che abbiamo visto solo per un’ora
e che ci regalarono dei dolci
in una scatola a strisce verdi e rosa,
o un coltellino, ma presto sparirono,
non puoi dire che siano stati “vivi”.
E muoiono anche i gatti, che agitavano
la coda sul tappeto, il pelo reticente
all’improvviso scosso, percorso da pulci
che nessuno vi avrebbe immaginato,
lucente e bruno, i gatti che sapevano
tutto quello che c’è da sapere,
emigranti nel mondo dei vivi.
Tu prendi una scatola da scarpe,
che ora è troppo piccola per lui,
né può là dentro raggomitolarsi:
ne prendi una più grande, lo seppellisci nel cortile, e piangi.
Ma non ti svegli dopo un mese o due, nel mezzo della notte,
né dopo un anno, né dopo due anni,
a piangere, mordendoti le dita, a gridare:” Mio Dio,mio Dio, mio Dio!”.
L’infanzia è il regno dove nessuno d’importante muore –
madri e padri non muoiono.
E se tu hai detto: “Per l’amor del cielo,
devi proprio baciarmi di continuo?”
o “Vorrei tanto che smettessi di battere contro la finestra”.
Domani o il giorno dopo, in pieno gioco,
avrai il tempo per dire “Scusa, mamma”.
Diventi adulta quando siedi a tavola
in compagnia di morti,
persone che non parlano e non sentono;
che non bevono il tè, che pur dicevano
essere il primo dei piaceri umani.
Corri in cantina a prendere per loro
il vasetto più fresco di lamponi:
non li tenti.
Lusingali, allora: non abboccano.
Gridagli in faccia, alzati, arrossisci,
strappa alle sedie quelle palle rigide,
scuotile, strilla pure;
rimangono impassibili, nemmeno imbarazzati; scivolano solo indietro sulla sedia.
Ora è freddo il tuo tè.
Lo bevi in piedi
e poi lasci la casa.”
Edna St. Vincent Millay, “L’infanzia è il regno in cui nessuno muore”
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Il confine
“Cerco il principio del male
come da bambina cercavo i margini della pioggia.
Con tutte le forze correvo per trovare
il luogo dove
sedermi a terra a contemplare
da una parte pioggia, da una parte niente pioggia.
Ma sempre la pioggia smetteva prima
che ne scoprissi i confini
e ricominciava prima
di capire fin dove è sereno.
Invano sono cresciuta.
Con tutte le forze
corro ancora per trovare il luogo
dove sedermi a terra e contemplare
la linea che separa il male dal bene.
Ma sempre il male smette prima
che ne scopra il confine
e ricomincia prima
di capire fin dove è bene.
Io cerco il principio del male
su questa terra
volta per volta
grigia e assolata.”
Ana Blandiana, “Il confine”
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Cronometraggio
“In passato un uccello, una foglia o una stella
ci portavano di tanto in tanto il buon vaticinio,
ci distoglievano dal nero. Passeggiavamo nei giardini
nella quieta armonia dei fiori. Ora
è un tempo sordomuto, – un chiodo nel muro,
vetri rotti per le strade. Di sera
ti impallidiscono le guance. Non aver paura
tu che hai camminato nel deserto orgogliosamente solo,
tu che battevi la verga sulla roccia
e scaturiva un grande cipresso d’acqua,
non aver paura; prima di dormire ricorda
che anche tu hai piantato un albero storico nel bosco secolare.”
Ghiannis Ritsos, “Cronometraggio”, da “Molto tardi nella notte”
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L’alba ci dice: – coraggio.
“L’alba ci dice: – coraggio.
Questa luce che sale
ci spinge ad ascoltare
dissolve ciò che deve.
Dice: – ora comincia
a perlustrare te per prima
scollando dalla mente
la pelle del passato
prendendo senza ira
il tuo nulla fra le dita.”
Antonella Anedda, da “Osservazione”
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Eppure non ha senso
“Eppure non ha senso
rimpiangere il passato,
provare nostalgia per quello che
crediamo di essere stati.
Ogni sette anni si rinnovano le cellule:
adesso siamo chi non eravamo.
Anche vivendo – lo dimentichiamo –
Restiamo in carica per poco.”
Antonella Anedda, da “Historiae”
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Ciascuno porta un ricordo impalpabile
Carmen Yanez, da “Latitudine dei sogni”
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Tra tutti i mari
“Ho un rapporto strano con le porte.
Non le chiudo mai a chiave. Piuttosto le accosto.
È un difetto, credo.
Mancanza di coraggio, forse.
Ma mi succede di non chiudere le porte.
Lascio che siano gli eventi a farlo. Dopotutto chi sono io per stabilire chi deve uscire per sempre dalla mia vita?
In genere chi prende un’altra strada lo fa da solo.
Piano piano. Un passo alla volta. Una scelta dopo l’altra.
Così, io lascio aperto.
Perché non si sa mai.
Magari un giorno chi era uscito, si presenta davanti a quell’uscio, e trovando aperto, si siede per un caffè.
E se sarà passato abbastanza tempo, abbastanza orgoglio, e abbastanza dolore, chiederò
– Con quanto zucchero?”
Paola Felice
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La porta che si chiude