“La dottrina cristiana dichiara peccato originale l’atto di Eva e poi di Adamo di attingere al frutto della conoscenza di bene e di male, malgrado il divieto divino.
Da lettore ho l’impressione opposta, che non di peccato si tratta, ma di virtù originale.
Compiuta la trasgressione si manifestano due effetti immediati: occhi spalancati, dunque un’espansione della percezione e l’inaudita scoperta di essere nudi, sconosciuta a ogni specie animale. Da lettore leggo in questi fenomeni un affrancamento dalla natura stessa.
Il recinto del giardino di nome Eden è improvvisamente scaduto, non può più contenere la coppia modificata dalla conoscenza.
La definizione di paradiso terrestre, sconosciuta al testo che si limita a giardino Eden, è uno stadio iniziale dell’evoluzione.
Conoscere, distinguere, sperimentare bene e male (senza articoli davanti, esclusi dall’originale) è passaggio obbligato della specie umana, rinnovato in ogni generazione.
Senza il gesto di Eva si dovrebbe immaginare l’indefinita prolunga dentro un giardino d’infanzia.
La narrazione affida alla donna la forzatura del divieto. Lei sa di rischiare la vita, perché tale è la conseguenza minacciata. Eppure forza il limite e s’inoltra nell’ignoto delle conseguenze, spalancando così la via della coscienza.
Spetta alla figura femminile inaugurare la storia della libertà, la cui conquista richiede un atto di disobbedienza, rischiosa virtù originale della specie umana.”