“Il problema è capirsi. Oppure nessuno può capire nessuno: ogni merlo crede d’aver messo nel fischio un significato fondamentale per lui, ma che solo lui intende; l’altro gli ribatte qualcosa che non ha relazione con quello che lui ha detto; è un dialogo tra sordi, una conversazione senza né capo né coda. Ma i dialoghi umani sono forse qualcosa di diverso?
Italo Calvino, da “Palomar”, 1983
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Anonimo
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Dialogo
“Scilp: i passeri neri su lo spalto
corrono, molleggiando. Il terren sollo
rade la rondine e vanisce in alto:
vitt… videvitt. Per gli uni il casolare,
l’aia, il pagliaio con l’aereo stollo;
ma per l’altra il suo cielo ed il suo mare.
Questa, se gli olmi ingiallano la frasca,
cerca i palmizi di Gerusalemme:
quelli, allor che la foglia ultima casca,
restano ad aspettar le prime gemme.
Dib dib bilp bilp: e per le nebbie rare,
quando alla prima languida dolciura
l’olmo già sogna di rigermogliare,
lasciano a branchi la città sonora
e vanno, come per la mietitura,
alla campagna, dove si lavora.
Dopo sementa, presso l’abituro
il casereccio passero rimane;
e dal pagliaio, dentro il cielo oscuro
saluta le migranti oche lontane.
Fischia un grecale gelido, che rade:
copre un tendone i monti solitari:
a notte il vento rugge, urla: poi cade.
E tutto è bianco e tacito al mattino:
nuovo: e dai bianchi e muti casolari
il fumo sbalza, qua e là, turchino.
La neve! (Videvitt: la neve? il gelo?
ei di voi, rondini, ride:
bianco in terra, nero in cielo
v’è di voi chi vide… vide… videvitt?)
La neve! Allora poi che il cibo manca,
alla città dai mille campanili
scendono, alla città fumida e bianca;
a mendicare. Dalla lor grondaia
spìano nelle chiostre e nei cortili
la granata o il grembiul della massaia.
Tornano quindi ai campi, a seminare
veccia e saggina coi villani scalzi,
e — videvitt — venuta d’oltremare
trovano te, che scivoli, che sbalzi,
rondine, e canti; ma non sai la gioia
— scilp — della neve, il giorno che dimoia.”
Giovanni Pascoli, “Dialogo”, da “Myricae”, 1891
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Rondini
Discorso tra un’ape e una foglia
(da una poesia di G. Leopardi che imita Arnault)
“Dove vai? Dove voli tutta sola?
Chiede l’ape alla foglia dalla soglia
di un petalo di rosa. Vado – risponde quella –
dove va ogni altra cosa, come il fiume e la stella.
Ho lasciato il mio ramo, un bel fusto d’alloro
e vado vagando d’intorno e tutto intorno ignoro.
Non diversa da te sarò confusa nel resto
nell’impasto del mondo che più prima di presto
ci fa uguali sorelle nel vento disperse
per sempre le stesse noi ora tanto diverse.”
Azzurra D’Agostino
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Trilussa, “Li rospi contro l’aquila”
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Il mare e il ruscello
“Il Mare disse “Vieni” al Ruscello –
Il Ruscello rispose “Lasciami crescere” –
Il Mare disse “Allora sarai un Mare –
Io voglio un Ruscello – Vieni adesso!”
Il Mare disse “Vai” al Mare –
Il Mare rispose “sono colui
che avevi caro” – “Dotte Acque –
la Saggezza è stantia – per Me”
Emily Dickinson
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Kaneko Misuzu (1903-1930), poetessa giapponese
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Il filo d’erba e la foglia
“Disse un filo d’erba a una foglia d’autunno:
«Fai un tale rumore cadendo! Spargi di qua e di là tutti i miei sogni invernali».
Disse indignata la foglia: «Tu, nato in basso, che in basso vivi!
Piccolo stizzoso, senza canti!
Tu non vivi nella regione superiore dell’aria e non puoi esprimere né suoni né canti».
Poi la foglia d’autunno giacque sulla terra e s’addormentò.
E quando fu primavera, si risvegliò: ed era un filo d’erba.
E quando ritornò l’autunno e il sonno dell’inverno fu sopra di lei,
e su di lei per tutta l’aria intorno cadevano le foglie, mormorò tra sé:
«Queste foglie d’autunno! Fanno un tale rumore!
Spargono e disperdono tutti i miei sogni».”
Kahlil Gibran, “Disse un filo d’erba”, da “Il folle”
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Pieter Bruegel il Vecchio, “Cacciatori nella neve”, 1565
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Sherko Bekas (1940-2013), poeta e attivista curdo: “La canna e il vento”
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Ignacy Krasicki
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Dipinto in pietra realizzato dalla Bottega Scarpelli di Firenze
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Conversazione con una pietra
“Busso alla porta della pietra
– Sono io, fammi entrare.
Voglio venirti dentro,
dare un’occhiata,
respirarti come l’aria.
– Vattene – dice la pietra.
Sono ermeticamente chiusa.
Anche fatte a pezzi
saremo chiuse ermeticamente.
Anche ridotte in polvere
non faremo entrare nessuno.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Vengo per pura curiosità.
La vita è la sua unica occasione.
Vorrei girare per il tuo palazzo,
e visitare poi anche la foglia e la goccia d’acqua.
Ho poco tempo per farlo.
La mia mortalità dovrebbe commuoverti.
– Sono di pietra – dice la pietra
– E devo restare seria per forza.
Vattene via.
Non ho i muscoli per ridere.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Dicono che in te ci sono grandi sale vuote,
mai viste, belle invano,
sorde, senza l’eco di alcun passo.
Ammetti che tu stessa ne sai poco.
– Sale grandi e vuote – dice la pietra
ma in esse non c’è spazio.
Belle, può darsi, ma al di là del gusto
dei tuoi poveri sensi.
Puoi conoscermi, però mai fino in fondo.
Con tutta la superficie mi rivolgo a te,
ma tutto il mio interno è girato altrove.
Busso alla porta della pietra
– Sono io, fammi entrare.
Non cerco in te un rifugio per l’eternità.
Non sono infelice.
Non sono senza casa.
Il mio mondo è degno di ritorno.
Entrerò e uscirò a mani vuote.
E come prova d’esserci davvero stata
porterò solo parole,
a cui nessuno presterà fede.
– Non entrerai – dice la pietra.-
Ti manca il senso del partecipare.
Nessun senso ti sostituirà quello del partecipare.
Anche una vista affilata fino all’onniveggenza
a nulla ti servirà senza il senso del partecipare.
Non entrerai, non hai che un senso di quel senso,
appena un germe, solo una parvenza.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
Non posso attendere duemila secoli
per entrare sotto il tuo tetto.
– Se non mi credi – dice la pietra-
rivolgiti alla foglia, dirà la stessa cosa.
Chiedi a una goccia d’acqua, dirà come la foglia.
Chiedi infine a un capello della tua testa.
Scoppio dal ridere, d’una immensa risata
che non so far scoppiare.
Busso alla porta della pietra.
– Sono io, fammi entrare.
– Non ho porta – dice la pietra.”
Wislawa Szymborska
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Mariangela Ruggiu
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L’attesa ardente
«Sai aspettare?»
«So bruciare».
«Fino alle braci?»
«Fino alle braci».
«È perfetto».
Chandra Livia Candiani, “L’attesa ardente”
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Christian Schloe
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E disse – ma a chi si rivolgeva?
“(E disse – ma a chi si rivolgeva?
«Sui vostri corpi messi a nudo, fratelli,
la luce fu ferro arroventato.»)
(Ed ella disse per lui:
«Il cielo era sereno
e la mano per frontiera.
Violenza, cieca violenza.»)
«Quale fine stagione potrebbe menar vanto
di tanto amore?
E quale passata stagione accontentarsi di altrettanta
cenere?» disse il viandante.”
Edmond Jabès
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Domando al piombo