“Sulla sofferenza non erano mai in torto,
i Vecchi Maestri: come capivano bene
la sua umana posizione; come essa si svolga
mentre qualcun’altro mangia o apre una finestra o cammina annoiato;
come, mentre i vecchi attendono rispettosi e appassionati
la nascita miracolosa, ci siano sempre
bambini a cui non importa niente che essa avvenga, e pattinano
su uno stagno al limite del bosco;
non dimenticavano mai
che anche il tremendo martirio deve avere il suo corso
in qualche modo in un angolo, in qualche squallido posto
dove i cani continuano a vivere da cani e il cavallo del torturatore
si gratta l’innocente deretano contro un albero.
Nell’Icaro di Bruegel, per esempio: come ogni cosa si volge
del tutto tranquilla dal disastro; il contadino
può avere udito il tonfo, il grido desolato,
ma per lui non era un problema importante; il sole splendeva
come doveva fare sulle bianche gambe che scompaiono nel verde
dell’acqua; e la nave lussuosa e snella che aveva pur visto
qualcosa di sorprendente, un ragazzo che cade dal cielo”
Wystan Hugh Auden, “E, nell’indifferenza, Icaro cade”, da “Collected Poems” (1976)
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“Secondo Brueghel
quando Icaro cadde
era primavera
un contadino arava
il suo campo
tutta la cerimonia
dell’anno era
in cammino formicolando
vicino
alla riva del mare
intenta
solo a sé
sudando nel sole
che fuse
le ali di cera
non lontano
dalla costa
c’era
un tuffo del tutto ignorato
era
Icaro che annegava.”
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Immagine: Pieter Bruegel il Vecchio, “Caduta di Icaro”, 1558 circa