“E allora che cosa è mai il fascino? Il libero dono di una qualità, il dispendio di qualcosa che la natura nel suo ruolo di dissipatrice di doni ci ha consegnato. Ma ecco che in questo vi è qualcosa che cerca disagio, qualcosa di intollerabile, una sorta di rugosità e noi capiamo di trovarci al cospetto dell’ingiustizia. E’ forse per il fatto che ad alcune creature è stato dato tanto più che ad altre, che queste devono restituire quanto hanno ricevuto? Il fascino è una cosa in più, una cosa superflua, non necessaria, fondamentalmente un potere che viene elargito. Quando la gatta grigia si rotola sulla schiena in una chiazza di sole caldo, con atteggiamento sensuale, voluttuoso, incantevole, quello è fascino, ed è una cosa che ti prende alla gola. Ma quando la gatta grigia si rotola per terra, con movimenti assolutamente identici ai primi, ma con gli occhi socchiusi, fissi sulla gatta nera, allora diventa brutta e persino nel movimento stesso che fa vi è qualcosa di duro, di sconnesso. E la gatta nera che osserva, o che cerca di copiare qualcosa per la quale non ha alcun talento naturale, ha un fare invidioso e circospetto, come di chi stesse rubando una cosa che non le appartiene. Quando la natura riversa su una sua creatura, arbitrariamente come ha fatto con la gatta grigia, intelligenza e bellezza, allora la gatta grigia dovrebbe, a sua volta, spargere intorno a sé questi doni, in misura altrettanto prodiga.”
“Quando si conoscono i gatti, quando si è passata una vita insieme ai gatti, quel che rimane è un fondo di sofferenza, un sentimento del tutto diverso da quello che si deve agli umani: un misto di dolore per la loro incapacità di difendersi, e di senso di colpa a nome di tutti noi.”
Doris Lessing, da “Gatti molto speciali”