“Molti per difendermi diranno che l’ho ucciso perché ha ucciso i miei figli perché mi ha rimpiazzato con Cassandra perché la sua assenza mi ha indotta a tradirlo. Altri diranno che l’ho ucciso perché l’amavo. Altri, e anche i miei figli, mi accuseranno d’averlo ucciso perché sono una donna infedele.
Nessuno penserà che l’ho ucciso perché in battaglia era un eroe che ha ucciso, ma di fronte a me un uomo senza nessun valore, che ha spogliato la mia anima, ha dilaniato i miei affetti, ha lasciato che il tempo graffiasse il mio corpo, lo gonfiasse e lo piagasse senza neppure una sua parola che desse un senso almeno all’odio di averlo accanto, alla crudeltà del suo esistere, al tormento d’essere sua moglie.
L’ho ucciso perché da sempre mi ha usata come una cosa da cui si pretende di ricevere senza nulla dare, una cosa che si abbandona in un angolo come un abito o un utensile, quando se ne trova un’altra più adatta o più nuova. L’ho ucciso per dimostrargli che valeva per me quanto io per lui, io donnetta da poco.”
“Credevi di sorprendermi quando hai teso l’agguato ad Agamennone, credevi che non sapessi che nascondevi tra le pieghe del tuo cuore il coltello con cui mi ucciderai?
Lo sapevo fin da quando Apollo mi ha condannata a questa preveggenza, fin da quando Agamennone mi ha costretta a diventare la sua amante.
Quando sulla nave che ci portava qui sono entrata tra le sue braccia, stretta in una relazione carnale tra vincitore e vinta, mi ha narrato di te, di come con gli anni ti sei trasformata, hai perso ogni grazia. Sapeva che al rientro non avrebbe potuto più desiderarti, che saresti stata per lui come un tramonto di cui si percepisce nelle ossa il freddo della notte.
Tra le sue braccia ho sentito il fiotto del sangue sgorgare dalle sue vene, scendere sino al mio ventre, macchiare le mie cosce di vergine, e ho sentito il tuo fiato di fuoco sul mio collo come una madre che odia la figlia preda del delirio del sesso.
Non ero io la preda ma il tuo Agamennone, preda cieca delle proprie voglie, del desiderio di potere, del suo sentirsi irresistibile e invincibile.
Anche io, condannata alla veggenza, conosco molto meglio di te, tutti i terribili delitti di cui si è macchiato, delle uccisioni, delle sue vittime, come se io fossi una di loro, delle tue umiliazioni subite, della sua violenza contro una vergine.
Tu mi ritieni una barbara, temi che io sia una che vuole sottrarti il potere. Come sei cieca! Non sai che anche tu sarai presto vittima di quelle stesse paure che credi di allontanare uccidendomi.”
Marcello Comitini, da “Clitemnestra e Cassandra”, 2019
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Foto di Mimmo Iodice