“Si conoscevano a fondo, più di quanto si conoscano madre e figlio, più di due coniugi. La comunione che univa i loro corpi era più intima di qualsiasi altro vincolo. Forse a causa del latte. Forse perché Nini era stata la prima a vedere il generale nell’attimo della sua nascita, coperto del sangue impuro in cui vengono al mondo gli uomini. Forse a causa dei settantacinque anni che avevano trascorso insieme, sotto lo stesso tetto, mangiando lo stesso cibo, respirando la stessa aria stantia della casa, con la stessa vista sugli alberi davanti alle finestre – avevano condiviso ogni cosa. Nessuna parola poteva definire il loro rapporto.
Nessuna parola poteva definire il loro rapporto. Non erano né fratelli né amanti. Esiste qualcosa di diverso, e se ne rendevano oscuramente conto. Esiste una fratellanza particolare che è più stretta e più profonda di quella che unisce i gemelli nell’utero materno. La vita aveva mescolato i loro giorni e le loro notti, ciascuno dei due era consapevole del corpo e dei sogni dell’altro.
[…]
E a volte mi sono chiesto se l’amicizia non costituisca un legame simile a quello fatale che unisce i gemelli. Una singolare identità di inclinazioni, simpatie, gusti, cultura e passioni accomuna due uomini, vincolandoli – anche se uno di loro tenta di opporsi all’altro – a un medesimo destino.
[…]
Il senso dell’amore e dell’amicizia è tutto qui. La loro amicizia era seria e silenziosa come tutti i grandi sentimenti destinati a durare una vita intera. E come tutti i grandi sentimenti anche questo conteneva una certa dose di pudore e di senso di colpa. Non ci si può appropriare impunemente di una persona, sottraendola a tutti gli altri.”
*****
“Anche questo è un segno di vecchiaia. Quando ormai ti rendi conto che un bicchiere non è altro che un bicchiere e che gli uomini, qualunque cosa facciano, sono solo creature mortali. Poi invecchia il tuo corpo; non tutto in una volta, certo, invecchiano per primi gli occhi oppure le gambe, lo stomaco, il cuore. Si invecchia così, un pezzo dopo l’altro.
Poi a un tratto invecchia la tua anima: anche se il corpo è effimero e mortale, l’anima è ancora mossa da desideri e ricordi, cerca ancora la gioia. E quando scompare anche questo anelito di gioia, restano solo i ricordi e la vanità di tutte le cose; a questo stadio si è irrimediabilmente vecchi. Un giorno ti svegli e ti strofini gli occhi e non sai più perché ti sei svegliato. (…) L’uomo comprende il mondo un po’ alla volta e poi muore.”
Sandor Marai, da “Le Braci”, 1942
*****
Foto di Sonia Simbolo
*****
In evidenza: Foto di Sonia Simbolo