“Non andai sulla luna, molto più lontano andai… perché è il tempo la linea più lunga tra due punti.
Poco tempo dopo mi licenziarono per aver scritto una poesia su una scatola di scarpe.
Lasciai Saint Louis. Discesi per l’ultima volta i gradini di questa scaletta, e seguii da allora le orme di mio padre, cercando di riprendere in moto quel che era perduto in spazio.
Viaggiai e viaggiai. Le città sfioravano come foglie morte, foglie dai colori vivaci, ma avulse dal ramo.
Avrei voluto fermarmi, ma qualcosa mi perseguitava. Mi prendeva all’improvviso, mi coglieva a tradimento.
Forse un motivo familiare. O forse il riflesso di un pezzo di vetro.
Una sera, magari, cammino per strada in una città straniera, senza compagni. Passo davanti alla vetrina illuminata di un negozio di profumi. La vetrina è piena di vetri colorati, di sottile bottigliette multicolori, quasi un arcobaleno in frantumi.
Ecco, a un tratto mia sorella mi tocca sulla spalla.
Mi volto e la guardo negli occhi.
Oh Laura, Laura, ho fatto di tutto per staccarmi da te, ma sono più fedele di quanto volessi.
Accendo una sigaretta, traverso la strada, mi butto in un cinema o in un bar, tracanno un bicchierino, parlo al primo che trovo… tutto pur che si spengano le tue candele… perché oggi il mondo è rischiarato dai lampi! Spegni le candele Laura… e addio!”
Tennesse Williams, da “Lo zoo di vetro”
Una scena de “Lo zoo di vetro”, rappresentato a Chicago nel 1944