“Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.”
Eugenio Montale, “Ossi di seppia”
L’ho incontrato spesso, il male di vivere. Lo incontro ancora ogni giorno. E lo riconosco, anche se indossa mille maschere diverse.
A volte è la vecchina che mi prega di accompagnarla in una casa che non sa più dove sia. A volte è la donna con un figlio malato: “Mi’ fijo ha un handicap mentale. Che ce voi fa’, signò, è nato così”. Il figlio è ricoverato da qualche parte, neppure lei sa dove, ma è contenta perché almeno è curato.
C’è la ragazza che ha perso tutti, ma proprio tutti e adesso anche il suo ragazzo l’ha lasciata: “Me dispiace, ma me so’ innamorato de n’artra”.
E poi c’è quell’uomo solo, che ogni mattina porta a passeggio il suo cane e che si ferma a portare da mangiare ai gatti del quartiere. E le briciole che si trova in tasca le lancia ai piccioni, seduto sulla banchina a scaldarsi al sole. Un tempo era un insegnante di karate, adesso cammina zoppicando e il suo vecchio cane arranca dietro di lui.
È un consumato attore, il male di vivere. È abile a nascondersi, a camuffarsi, a cambiare volto. Ma è sempre riconoscibile. Sarà che ognuno di noi se lo porta dentro, ma è così intorpidito dal suo silenzioso frastuono, che ha paura di trovarlo anche fuori di sé.
E allora tira dritto. E allora si affretta a scappare. Forse perché ognuno di noi pensa che il suo male di vivere sia il più grave, il più duro da sopportare.
Eppure basterebbero una parola e un sorriso… Perché il male di vivere ha una terribile paura di chi lo riconosce e lo affronta, anche solo per un attimo…
Maddalena Vaiani
Immagine: Vincent van Gogh, “Sorrow”, 1882