“Azzardai un giorno in sua presenza un’osservazione a questo proposito: ‘insomma, Monsieur, la cucina potrebbe essere una branca della medicina?”
Domanda che mi attirò la risposta “No, medicina branca della cucina “.
C’era la guerra (o il dopoguerra). L’approvvigionamento alimentare era diventato la preoccupazione di tutti i francesi. Avere qualcosa da mangiare, era il loro affanno immediato.
Uno di noi andava spesso, con due notti di viaggio (e in quali condizioni!) a cercare del pollame per la tavola della rue des Colonels-Renard; un altro che avrebbe dato dei punti ad un macellaio di professione, si trovava prima dell’alba al mercato generale delle Halles per dedicarsi a fruttuose transazioni.
Mangiare è l’atto sacro attraverso il quale assorbiamo ed assimiliamo ciò che Gurdjieff chiamava “il primo nutrimento”.
Questo atto richiede di essere apprezzato. Ha il valore di un richiamo all’ordine poiché ci mette in comunione con le forze naturali, da cui dimentichiamo continuamente di dipendere. Questo atto non può essere compiuto come se si gettasse del cibo ad un maiale, mentre la mente, per proprio conto, o il sentimento vagano nelle loro occupazioni o nelle loro fantasticherie.
Questo è il motivo per cui la cena in presenza di M. Gurdjieff si svolgeva prima in silenzio mentre i dialoghi – domande e risposte che rassomigliavano ad un torneo in campo chiuso – erano riservati alla fine.”
René Zuber, “Monsieur Gurdjieff, ma lei chi è?”