Enheduanna, da “Nin-me-šar-ra” (“Signora di tutti i Me”)
Esiliata durante il colpo di stato del sumero Lugal-Ane, nel suo poema “Nin-me-šar-ra” Enheduanna invoca gli dei, in particolare Inanna, pregandoli di aiutarla ad aver ragione dei suoi nemici.
Esilio da Ur (Da Inno a Inanna, IX)
“Tu mi hai chiesto di entrare nel santo chiostro, il giparu, e io vi sono entrata, io, l’alta sacerdotessa, Enheduanna! Ho recato con me la cesta rituale e ho levato il mio canto di lode per te. Ora, però, sono relegata in mezzo ai lebbrosi e non posso più vivere con te. Le tenebre si approssimano alla luce del giorno, intorno a me si fa buio. Le tenebre si approssimano alla luce del giorno e lo ricoprono con tempesta di sabbia. La mia tenera bocca di miele d’improvviso si confonde. Polvere è il mio bel volto.”
Tornata nella sua terra dopo la sconfitta di Lugal-Ane, Enheduanna mantenne la sua carica di sacerdotessa anche durante il regno del fratello e continuò a scrivere versi.
Da Inno a Inanna, XVII
“La dea, signora della sala del trono, ha accettato la preghiera di Enheduanna. Ella è ancora la prediletta di Inanna. Questo giorno fu fausto per Enheduanna, al quale ella si presentò vestita di fulgide gioie; nella sua veste risplendeva di femminile bellezza. Al pari del primo raggio di luna che ascende all’orizzonte:come splendidamente ella era vestita! Quando Nanna, il padre di Inanna, fece il suo ingresso, tutto il palazzo benedisse Ningal, la madre di Inanna, e dalle porte del cielo si levò alto l’Osanna.”
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Nell’immagine: Il disco di Enheduanna, che rappresenta la sacerdotessa durante una cerimonia religiosa