Domande poste a me stessa
“Qual è il contenuto del sorriso
e d’una stretta di mano?
Nel dare il benvenuto
non sei mai lontana
come a volte è lontano
l’uomo dall’uomo
quando dà un giudizio ostile
a prima vista?
Ogni umana sorte
apri come un libro
cercando emozione
non nei suoi caratteri,
non nell’edizione?
Con certezza tutto,
afferri della gente?
Risposta evasiva la tua,
insincera,
uno scherzo da niente-
i danni li hai calcolati?
Irrealizzate amicizie,
mondi ghiacciati.
Sai che l’amicizia va
concreata come l’amore?
C’è chi non ha retto il passo
in questa dura fatica.
E negli errori degli amici
non c’era colpa tua?
C’è chi si è lamentato e consigliato.
Quante le lacrime versate
prima che tu portassi aiuto?
Corresponsabile
della felicità di millenni-
forse ti è sfuggito
il singolo minuto
la lacrima, la smorfia sul viso?
Non scansi mai
l’altrui fatica?
Il bicchiere era sul tavolo
e nessuno lo ha notato,
finché non è caduto
per un gesto distratto.
Ma è tutto così semplice
nei rapporti fra la gente?”
Wisława Szymborska, “Domande poste a me stessa”
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Raùl Cantù
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Ogni caso
“Poteva accadere.
Doveva accadere.
E’ accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’ accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.”
Wislawa Szymborska, “Ogni caso”
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Sii paziente
“Tutte le risposte bruciano intensamente
sono fatte di parole,
quella legna che non si consuma mai.
È nella domanda che si trova la risposta
ma è nella risposta che si annientano
tutte le ulteriori possibili domande.
Forse l’unico modo per conoscere
sta nel porre la domanda
prima di provare a rispondere
con parole che erano già scritte
prima di sapere le risposte.
O forse talvolta è il silenzio
la sola risposta
che non sappiamo chiedere.”
Alfonso Brezmes, “Forse”
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Chiedimi
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Foto di Nguyễn Nam Hai
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Ti sei mai fermato?
Ti sei mai fermato?
Mentre correvi magari,
affannato dal tempo che stringe e con il traguardo che pressa sulle vie respiratorie…
Mentre la vita ti scorre velocemente a fianco,
mentre sei impegnato a fare altro,
Qualcosa che ti porta altrove, lontano dal respiro, lontano dall’amore, lontano dalla vita,
e dalla voglia di volarci dentro….
Ti sei mai fermato?
Tra i vicoli di un paese sconosciuto,
Tra gli alberi di un parco o di una bosco magari melodioso,
Con i piedi sprofondati nella sabbia di una spiaggia,
ad aspettare che il mare ti getti l’acqua schiumata delle sue onde a rinfrescare la tua pelle secca,
ad impastare quella pelle con milioni di granelli dorati, che si infilano senza alcun timore, tra gli angoli nascosti ed i punti sensibili di te, solleticando…
Accarezzando…
Graffiando…
Ti sei mai fermato?
Per riposare…
Per curare…
Per dimenticare…
Per andare avanti…
Per respirare…
Per amare…
Ti sei mai fermato?
Angela Missud
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Foto di Sonia Simbolo
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Quante le strade attraversate insieme?
“Quante le strade attraversate insieme?
Quanti i sentieri calpestati?
Quante le piogge, quanta la neve
che pende dai lampioni?
Quante le lettere, quanti gli addii,
e ore difficili in tante città?
E poi l’ostinazione di rialzarsi
e camminare, e giungere alla meta.
E quanti gli affanni, quanti i sogni
nel tribolare incessante?
Quanto pane affettato insieme?
Quanti i baci? I libri? Le scale?
Quanti anni a comporre poesie?
Quante grida nei versi?
Quanto tempo passato ascoltando
Beethoven, Corelli, Scarlatti?
I tuoi occhi sono sono lumi stupendi,
e il cuore è la fonte della luce.
E il tuo cuore dunque io vorrei
salvarlo dall’oblio.”
Konstanty Ildefons Gałczyński (poeta polacco)
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Street art di Mrfijodor e Urto – progetto “Alfabeto Urbano”, Firenze
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Ha due volti la coscienza
“Ha due volti la coscienza:
è luce, oppure pazienza.
è della prima far chiaro
appena nel fondo del mare;
dell’altra, far penitenza
con canna o rete e aspettare
il pesce, da pescatore.
Di’ tu qual è la migliore.
La coscienza del veggente
che guarda nel fondo acquario
pesci vivi,
sempre in fuga,
che non è dato pescare,
o quest’ingrata fatica
di gettare sull’arena,
ma morti, i pesci del mare?”
Antonio Machado
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Come stai? Sto bene
“Voglio crederti
quando dici “sto bene”
quando le bandiere bianche della resa
issate in battaglia
sono le garze che fasciano
le ferite dell’anima
le lenzuola di neve della pace
sulle montagne curvate dal dolore…
Gli hai teso la mano,
come ad un vecchio amico
che gli si apre la porta
perché non ci si ghiacci in due
sulla soglia.
E avete mangiato sullo stesso tavolo
con un paio di denti,
lo stesso boccone.
Ah, il dolore!
Egli t’appartiene è solo tuo
e per quanto io possa stringerti forte
tra le mie braccia
non sarà mai mio.
Per questo
voglio crederti quando dici ” sto bene”
t’illudi che ti abbia creduto
e con una bugia bianca anche lei
ci terremo abbracciati
inganneremo per un attimo
forse
la solitudine.”
Anileda Xeka (poetessa albanese), “Come stai? Sto bene?
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Stava finendo il giorno
“Stava finendo il giorno
quel giorno quando il sole scese oltre le colline
e c’è un attimo
quando il giorno sta finendo
che anche le domande più incalzanti
sembrano trovare la loro metà perfetta
ammesso che esista
quando il sole scese oltre le colline
le domande e le risposte andarono insieme
trovandosi
cercandosi
a volte semplicemente
svanendo nella poca luce rimasta
sulla curva delle colline
stava finendo il giorno
quel giorno quando il sole scese oltre le colline
e lei trovò quella parola nuova
era talmente piena di cielo e di stagioni
che la respirò socchiudendo gli occhi
strinse la parola nuova al petto
e sorrise di un sorriso
che era aria e terra
luce e buio
“esistendosi”
sussurrò aprendo le mani
verso le colline che trattenevano ancora
il sole di quel giorno che stava finendo”
m.c.m. (Maria Carmela Miccichè)
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