Magazzino Memoria

“Tremate. Anche una ragazza vi fa paura!”

06.12.2021
“A voi incomberà il dovere di addolcire il dolore di mia madre. Ditele che sono caduta perché quelli che verranno dopo di me possano vivere liberi come l’ho tanto voluto io stessa. Sono morta per attestare che si può amare follemente la vita e insieme, accettare una morte necessaria. Caro figlio, non posso scriverti tutto quello che sento, ma quando sarai grande e ti immedesimerai nella mia situazione, allora capirai. Non consideratemi diversamente da un soldato che va sul campo di battaglia, sento il volere di Dio e con letizia voglio che esso si compia. Credo che questa sera avverrà, avrei tanto voluto vedere tempi nuovi.
Mio caro marito, il mio ultimo respiro sia ancora di ringraziamento al destino, che mi ha concesso di amarti e di vivere sette anni con te. Avrei tanto voluto vederti ancora una volta, ma poiché non mi sono concessi favori, sono troppo fiera per fare una richiesta inutile”.

Irma Bandiera, nome di battaglia “Mimma”

Irma è una delle prime donne di Bologna ad entrare nella Resistenza, nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi.
Arrestata il 7 agosto a casa dello zio e portata a Bologna, per sei giorni e sei notti viene ferocemente seviziata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, che arrivarono ad accecarla con una baionetta.
Viene fucilata con alcuni colpi di pistola a bruciapelo al Meloncello di Bologna, vicino alla casa dei suoi genitori, il 14 agosto del 1944.
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Caro Mario,

sono le ultime ore della mia vita, ma con questo vado alla morte senza rancore delle ore vissute.
Ricordati i tuoi doveri verso di me, ti ricorderò sempre

Franca

Cara mamma,
perdonami e coraggio. Dio solo farà ciò che la vita mia non sarà in grado di adempiere.
Ti bacio.

La tua Franca

Franca Lanzone
Combattente della Brigata «Colombo», Divisione «Gramsci», in cui svolge attività di informazione e di collegamento. Arrestata dalle Brigate Nere il 21 ottobre I944, nella sua casa di Savona,  viene fucilata il 10 novembre I944, senza processo.
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Sestola, dalla «Casa del Tiglio», 10 agosto 1944

Carissimo Piero, mio adorato fratello, la decisione che oggi prendo, ma da tempo cullata, mi detta che io debba scriverti queste righe. Sono certa mi comprenderai perché tu sai benissimo di che volontà io sono, faccio, cioè seguo il mio pensiero, l’ideale che pur un giorno nostro nonno ha sentito, faccio già parte di una Formazione, e ti dirò che il mio comandante ha molta stima e fiducia in me.
Spero di essere utile, spero di non deludere i miei superiori.
Non ti meraviglia questa mia decisione, vero? Sono certa sarebbe pure la tua, se troppe cose non ti assillassero. Bene, basta uno della famiglia e questa sono io.
Quando un giorno ricevetti la risposta a una lettera di Pally che l’invitavo qui, fra l’altro mi rispose «che diritto ho io di sottrarmi al pericolo comune?»
È vero, ma io non stavo qui per star calma, ma perché questo paesino piace al mio spirito, al mio cuore. Ora però tutto è triste, gli avvenimenti in corso coprono anche le cose più belle di un velo triste. Nel mio cuore si è fatta l’idea (purtroppo non a troppi sentita) che a ognuno è più o meno doveroso dare suo contributo.
Questo richiamo è così forte che lo sento, tanto profondamente, che dopo aver messo a posto tutte le mie cose parto contenta.
«Hai nello sguardo qualcosa che mi dice che saprai comandare», mi ha detto il comandante, «la tua mente dà il massimo affidamento; donne non mi sarei mai sognato di assumerne, ma tu sì». Eppure mi aveva veduto solo due volte!
Saprò fare il mio dovere, se Iddio mi lascerà il dono della vita sarò felice, se diversamente non piangere e non piangete per me. Ti chiedo una cosa sola: non pensarmi come una sorellina cattiva.
Sono una creatura d’azione, il mio spirito ha bisogno di spaziare, ma sono tutti ideali alti e belli. Tu sai benissimo, caro fratello, certo sotto la mia espressione calma, quieta forse, si cela un’anima desiderosa di raggiungere qualche cosa, l’immobilità non è fatta per me, se i lunghi anni trascorsi mi immobilizzarono il fisico, ma la volontà non si è mai assopita. Dio ha voluto che fossi più che mai pronta oggi. Pensami, caro Piero, e benedicimi.
Ora vi so tutti in pericolo e del resto è un po’ dappertutto. Dunque ti saluto e ti bacio tanto tanto e ti abbraccio forte.
Tua sorella. Ringrazia e saluta Gina.

Irma

Irma Marchiani
Nome di battaglia “Anty”, staffetta partigiana nel Battaglione «Matteotti», Brigata «Roveda», Divisione «Modena».
Catturata mentre tenta di portare in ospedale un partigiano ferito, viene seviziata e condannata alla deportazione in Germania. Riesce però a fuggire e rientra nella sua formazione, di cui viene nominata vice-comandante. Catturata nuovamente da una pattuglia tedesca nel  novembre del 1944, viene fucilata il giorno stesso.
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Cuneo, 14 novembre 1944

Come già sarete a conoscenza, sono stata prelevata dalla Brigata Nera: mi trovo a Cuneo nelle scuole, sto bene e sono tranquilla. Prego solo di non fare tante chiacchiere sul mio conto, e di allontanare da voi certe donne alle quali io debbo la carcerazione. Solo questa sicurezza mi può far contenta, e sopra tutto rassegnata alla mia sorte. Anche voi non preoccupatevi, io so essere forte. Vi penso sempre vi sono vicino. Tante affettuosità

Maria Luisa Alessi

Nome di battaglia “Maria Luisa”. Staffetta partigiana della Brigata «Morbiducci», viene fatta prigioniera l’8 novembre 1944 dalla Brigata Nera «Lidonnici», nella sua casa, mentre è convalescente. Dopo ripetuti interrogatori, viene fucilata il 26 novembre 1944.

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Francesca De Giovanni, nome di battaglia “Edera”, 21 anni, catturata nel marzo del 1944 a Bologna in seguito a una delazione.
Viene torturata perché riveli informazioni sui suoi compagni, poi condannata a morte. Dovrebbe essere fucilata alla schiena, ma si gira per guardare in faccia i suoi assassini e grida loro:

“Tremate. Anche una ragazza vi fa paura!”

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Iris Versari, 22 anni: ferita ad una gamba in uno scontro a fuoco, si rifugia in una casa colonica, dove viene sorpresa dai nazifascisti. Sa di non potersi muovere, perciò si uccide per non essere di peso ai suoi compagni e spingerli a fuggire. Vengono tutti catturati ed uccisi.
Per spregio i fascisti appendono i cadaveri a Forlì, in piazza Saffi.

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