Pensieri

Scrittori dimenticati: Giorgio Bassani

10.12.2021
“(…) Il tempo ha cominciato a diradarli, eppure non si può ancora dire che siano pochi, a Ferrara, quelli che ricordano il dottor Fadigati (Athos Fadigati, sicuro – rievocano -, l’otorinolaringoiatra che aveva studio e casa in via Gorgadello, a due passi da piazza delle Erbe, e che è finito così male, poveruomo, così tragicamente, proprio lui che da giovane, quando venne a stabilirsi nella nostra città dalla nativa Venezia, era parso destinato alla più regolare, più tranquilla, e per ciò stesso più invidiabile delle carriere…).
(…) Erano piaciuti i suoi modi cortesi, discreti, il suo evidente disinteresse, il suo ragionevole spirito di carità nei confronti dei malati più poveri. (…) In lui ci fu di sicuro, insomma, a prima vista, qualcosa che subito attrasse e rassicurò. (…)
Alle nove era già all’ospedale, e fra visite e operazioni (perché operava, anche: non c’era giorno che non gli capitasse un paio di tonsille da togliere o una mastoide da scalpellare), tirava avanti di seguito fino all’una. Dopodiché, fra l’una e le due, non era raro incontrarlo mentre risaliva a piedi corso Giovecca col pacchetto del tonno sott’olio o dell’affettato appeso al mignolo, e col «Corriere della Sera» che gli spuntava dalla tasca del soprabito. Dunque pranzava a casa. E siccome la cuoca non ce l’aveva, e la donna a mezzo servizio che gli teneva puliti casa e studio si presentava soltanto verso le tre, un’ora prima dell’infermiera, doveva essere lui stesso, storia in fondo già bizzarra abbastanza, a prepararsi l’indispensabile piatto di pastasciutta. (…)
Erano gli angusti e gremiti marciapiedi di via San Romano quelli che Fadigati batteva di preferenza. A incrociarsi con lui sotto quei portici bassi, dove stagnava un acre sentore di pesce fritto, di salumi, di vini e di filati da poco prezzo, ma pieni soprattutto di folla, donnette, soldati, ragazzi, contadini ammantellati, eccetera, faceva meraviglia il suo occhio vivo, allegro, soddisfatto, il vago sorriso che gli spianava il volto. (…) Riappariva soltanto più tardi, dopo le dieci, in uno dei quattro cinema cittadini: l’Excelsior, il Salvini, il Rex e il Diana. Ma anche qui, ai posti di galleria, dove le persone distinte si ritrovavano sempre fra loro come in un salotto, preferiva gli ultimi posti di platea. E quale imbarazzo per le persone distinte vederlo là di sotto, così ben vestito, confuso in mezzo alla peggiore «teppa popolare»! Era proprio di buon gusto – sospiravano, volgendo accorati gli sguardi altrove -, ostentare fino a quel segno lo spirito di bohème? (…)
… Quand’ecco, non si sa da chi messe in giro, cominciarono a udirsi strane, anzi stranissime voci.
«Non lo sai? Mi risulta che il dottor Fadigati è…»
(…) Sempre seguiti o preceduti dalla cagna, riprendemmo infine la nostra passeggiata. Stavamo ormai avvicinandoci a casa mia. Se ci precedeva, la cagna si fermava a ogni incrocio come timorosa di perderci un’altra volta.
«La guardi», diceva intanto Fadigati, indicandomela.
«Forse bisognerebbe essere così, sapere accettare la propria natura. Ma d’altra parte come si fa? È possibile pagare un prezzo simile? Nell’uomo c’è molto della bestia, eppure può, l’uomo, arrendersi? Ammettere di essere una bestia, e soltanto una bestia?»
Scoppiai in una gran risata.
«Oh, no», dissi. «Sarebbe come dire: può un italiano, un cittadino italiano, ammettere di essere un ebreo, e soltanto un ebreo?»
Mi guardò umiliato.
«Comprendo cosa vuol dire», disse poi. «In questi giorni, mi creda, ho pensato tante volte a lei e ai suoi. Però, mi permetta di dirglielo, se io fossi in lei…»
«Che cosa dovrei fare?», lo interruppi con impeto.
«Accettare di essere quello che sono? O meglio adattarmi ad essere quello che gli altri vogliono che io sia?»
«Non so perché non dovrebbe», ribatté dolcemente.”

Giorgio Bassani, da “Gli occhiali d’oro”

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