Pensieri

Benedizione alla Dea Ixchel

20.12.2021
“Ho liberato i miei genitori dalla sensazione di avere fallito con me.
Ho liberato i miei figli dal bisogno di rendermi orgogliosa; che possano scrivere e percorrere le loro proprie vie secondo i loro cuori, che sussurrano tutto il tempo alle loro orecchie.
Ho liberato il mio uomo dall’obbligo di completarmi.
Non mi manca niente, imparo per tutto il tempo, insieme a tutti gli esseri. Mi piacciano o non mi piacciano.
Ringrazio i miei nonni e antenati che si sono riuniti affinché oggi io respiri la Vita.
Li libero dai fallimenti del passato e dai desideri che non hanno portato a compimento, consapevole che hanno fatto del loro meglio per risolvere le loro situazioni all’interno della coscienza di quell’istante. Li onoro, li amo e li riconosco innocenti.
Io mi denudo davanti a tutti gli occhi, che sanno che non nascondo né devo nulla oltre ad essere fedele a me stessa e alla mia stessa esistenza, e che camminando con la saggezza del cuore, sono consapevole che il mio unico dovere è perseguire il mio progetto di vita, libera da legami invisibili e visibili che possono turbare la mia pace e felicità. Queste sono le mie uniche responsabilità.
Rinuncio al ruolo di Salvatrice, di essere colei che unisce o soddisfa le aspettative degli altri.
Imparando attraverso, e soltanto attraverso l’amore, benedico la mia essenza e il mio modo di esprimerla, anche se qualcuno potrebbe non capirmi.
Capisco me stessa, perché solo io ho vissuto e sperimentato la mia storia; perché mi conosco, so chi sono, quello che sento, quello che faccio e perché lo faccio.
Mi rispetto e approvo.
Io onoro la divinità in me e in te… siamo liberi.”

Antica benedizione dedicata alla Dea maya Ixchel e tradotta dalla lingua Nahuatl, parlata, a partire dal VII sec., nella Regione Centrale del Messico 

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Nella società Maya, Ixchel veniva celebrata come la dea della medicina e, più in particolare, della generazione; veniva infatti rappresentata nell’atto di stringere tra le mani il “vaso della nascita”, in cui era raffigurato un parto.
Come molte altre divinità Maya, però, Ixchel aveva un aspetto duplice: la presenza di artigli al posto delle mani e dei piedi, il copricapo di serpenti, il fatto di essere ritratta come una dea-giaguaro e con la bocca spalancata (particolare, quest’ultimo, spesso collegato al cannibalismo), la identificano anche come una divinità della guerra o comunque legata alla guerra. Questo suo carattere duplice sembrerebbe ulteriormente confermato dalla presenza di ossa incrociate, simbolo di vita/morte – nascita/distruzione.
Inoltre nel Codice di Dresda (un manoscritto che risale al XIII o al XIV secolo e che viene considerato il più antico codice  proveniente dalle Americhe), Ixchel compare anche come dea della pioggia, che svuota una giara colma di acqua; raffigurazione, questa, che assume anch’essa un carattere duplice: l’acqua è vita, purificazione e porta fertilità alla terra, ma può anche significare morte e distruzione. Così, da un lato, Ixchel annuncerebbe la stagione delle piogge; dall’altro, la furia del diluvio.
Quanto al suo nome, non se ne conosce l’origine: comunemente si ritiene che sia nato nello Yucatan e che i due elementi che lo costituiscono (“Ix” e “Chel”) siano rispettivamente connessi al “sacro” e all'”arcobaleno”
(In basso, la raffigurazione di Ixchel nel Codice di Dresda)

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