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In alto come gli aquiloni…

23.12.2021

“Ero fatta per essere aquilone.
Ne sono certa, dentro di me ci sono nuvole e cielo.
E vento, a volte gelido e tagliente, altre dolce, come alito caldo.”

Odisseas Elitis

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L’aquilone

 

“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.

Son nate nella selva del convento
dei cappuccini, tra le morte foglie
che al ceppo delle quercie agita il vento.

Si respira una dolce aria che scioglie
le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch’erbose hanno le soglie:

un’aria d’altro luogo e d’altro mese
e d’altra vita: un’aria celestina
che regga molte bianche ali sospese…

sì, gli aquiloni! E’ questa una mattina
che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d’albaspina.

Le siepi erano brulle, irte; ma c’era
d’autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera

bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.

Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.

Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,
risale, prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.

S’inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.

S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo
petto del bimbo e l’avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.

Più su, più su: già come un punto brilla
lassù, lassù… Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto… – Chi strilla?

Sono le voci della camerata mia:
le conosco tutte all’improvviso,
una dolce, una acuta, una velata…

A uno a uno tutti vi ravviso,
o miei compagni! E te, sì, che abbandoni
su l’omero il pallor muto del viso.

Sì: dissi sopra te l’orazioni,
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!

Tu eri tutto bianco, io mi rammento:
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.

Oh! te felice che chiudesti gli occhi
persuaso, stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!

Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore

ancora in boccia! O morto giovinetto,
anch’io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto…

Meglio venirci ansante, roseo, molle
di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle!

Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co’ bei capelli a onda tua madre…

adagio, per non farti male.”

Giovanni Pascoli, “L’aquilone”, da “Primi poemetti” (1907)

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L’aquilone

“È davvero inutile
questo mio desiderio di cielo
perché non possiedo ciò che è necessario:
un filo che mi tiene a terra
e la potenza di un vento che sradica…

O filo! O vento!
e si potrà mai
decifrare con lo sguardo
l’inestricabile nodo
che li unisce?

ma io non posso rinunziare a me
e quanto mi pesa
ciò che davvero mi manca!”

Kikuo Takano, “L’aquilone”

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Eccesso d’amore

“Non mi spaventa che i giorni siano uguali.
Che mia sarà la firma di crisi personali.
Che il buio dentro me mi assuma a tempo pieno.
Che addenserò il caffè con l’odio e col veleno.
No, non mi spaventa che il solo nutrimento
saranno le carcasse di un vecchio sentimento.
Che placherò la sete col piombo liquefatto.
Che il letto resti intatto. Logoro, disfatto.
Quel che mi spaventa è l’eccesso che ho d’amore
che straripa dal petto e brucia nella gola
cogliendomi di notte in un bagno di sudore.
Quel che mi spaventa è non dirti una parola
quando sento ancora esplodermi nel cuore
lo stormo di aquiloni che piange mentre vola.”
Inumi Laconico (Poeti der Trullo), “Eccesso d’amore”
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Dagli occhi di un bambino decollano gli aeroplani

“Dagli occhi di un bambino decollano gli aeroplani.
Se chiudesse gli occhi cadrebbero.
Solo la sua meraviglia li mantiene sospesi,
la sua piccola mano li fa alzare,
il suo cuore li muove e li allontana.
Senza un bambino appiccicato ai vetri,
alle alte ringhiere di una terrazza adulta,
gli aeroporti morirebbero di orrore.
Un bambino non potrà mai pronunciare
la parola “aeronautica”.
ma da lui dipenderà l’imitazione dell’uccello.
Un bambino non saprà calcolare le distanze
ma lui è la garanzia del ritorno.
Ogni aeroporto deve avere un bambino
appiccicato ai vetri,
vicino agli altoparlanti, dovunque si annidi
la paura.
Grazie a lui causerà meno lacrime il rientro di tutti,
soffrirà meno baci l’addio delle madri
e le hostess potranno evitare avvisi insulsi.

Un aeroplano nell’aria
sono molti i bambini che guardano l’orizzonte.”

Alexis Diaz Pimienta

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Un aquilone è una vittima di cui puoi star certo
“Un aquilone è una vittima di cui puoi star certo.
L’ ami perché tira
piano quanto basta a chiamarti padrone
forte quanto basta a chiamarti pazzo:
perché vive
disperato come un falco ammaestrato
nell’aria alta e dolce,
e puoi sempre richiamarlo
e rinchiuderlo in un cassetto.
Un aquilone è il pesce che hai già preso
nella vasca dove i pesci non vengono,
così ci giochi con attenzione, a lungo,
e speri che non si arrenda
o che non cali il vento.
Un aquilone è l’ultima poesia che hai scritto,
così l’affidi al vento,
ma non la lasci andare
finché qualcuno non ti trova
qualcos’altro da fare.
Un aquilone è un patto di gloria
da stipulare con il sole,
così ti fai amici il campo
il fiume e il vento
e preghi, per tutta la notte precedente,
sotto la luna che vagabonda va senza una corda,
così da renderti degno e lirico e puro.”
Leonard Cohen, da “Le spezie della terra”
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Konrad Kyeser, “Cavaliere con aquilone a forma di drago”, Bellifortis, Clm 30150 fol 91v, inizio XVI secolo
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Foto di Arianna Arcangeli

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