Gio Evan (GIovanni Giancaspro), “Dimmelo in un alcool modo”
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Foto di Sonia Simbolo
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Prontuario per il brindisi di capodanno
“Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,
a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,
a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo”
Erri De Luca, “Prontuario per il brindisi di capodanno”
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Fortunato Depero, “Riti e splendori d’osteria”, 1944
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Enivrez-vous
“Bisogna essere sempre ubriachi.
Tutto sta in questo: è l’unico problema.
Per non sentire l’orribile fardello del tempo.
Del tempo che rompe le vostre spalle
e vi inclina verso la terra,
bisogna che vi ubriachiate senza tregua.
Ma di che? Di vino, di poesia o di virtù,
a piacer vostro. Ma ubriacatevi.
E se qualche volta sui gradini di un palazzo,
sull’erba verde di un fossato,
nella mesta solitudine della vostra camera,
vi risvegliate con l’ubriachezza già diminuita o scomparsa,
domandate al vento, all’onda, alla stella, all’uccello, all’orologio,
a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme,
a tutto ciò che ruota, a tutto ciò che canta,
a tutto ciò che parla, domandate che ora è;
ed il vento, l’onda, la stella, l’uccello, l’orologio vi risponderanno
“È l’ora di ubriacarsi!
Per non essere gli schiavi martirizzati del tempo, ubriacatevi;
Ubriacatevi senza smettere!
Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro.”
Charles Baudelaire, “Enivrez-vous” (“Ubriacatevi”)
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Allorché recideranno il virgulto della mia vita
“Allorché recideranno il virgulto della mia vita,
Le mie parti saranno sparse lontane l’una dall’altra.
Se dal fango mio allora modelleranno una brocca
Fatela colma di vino e io tornerò alla vita.”
ʿUmar Khayyam, (1048-1131 – poeta, matematico, astronomo persiano), da “Rub’ayyât” (“Quartine”), in gran parte tradotte in inglese da Edward Fitzgerald nel 1859
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Gerrit Van Honthorst, “Il violinista ebbro”, 1623 (dettaglio)
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Se non bevi vino
“Se non bevi vino, non rimproverare chi si ubriaca.
E non cominciare a intrecciare astuzie e inganni.
Non essere poi così fiero di non bere il vino, ché di certo
cento bocconi ingoi di cui il vino è umile servo.”
ʿUmar Khayyam, da “Quartine”
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Mi dice la gente: “Gli ubriachi andranno all’inferno!
ʿUmar Khayyam, da “Quartine”
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Tiziano, “Baccanale”, 1523
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Chi siamo noi, vuoi sapere? Marionette!
ʿUmar Khayyam, da “Quartine”
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Il saggio
Khwāja Shams-ud-Dīn Muḥammad (Hafez), “Il saggio”, poeta e mistico persiano del ‘400
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Jan Steen, “I retori alla finestra”, 1662
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Brindiamo
“Brindiamo alle pazze, alle inadeguate
ribelli, combinaguai,
quelle che vedono le cose in modo diverso.
Non amano le regole e non rispettano lo status-quo
perché le donne che si credono così pazze
da pensare che possono cambiare il mondo
sono quelle che lo fanno.”
Jack Kerouac
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Eduard Manet, “Il bar delle Folies Bergère”, 1881
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Cena di sabato sera
“La cipolla, la grattugerò
perché non si secchi la mia fonte di lacrime.
La patata, la pelerò
per il tuo gioco di prestigio con la pelle.
Lascia che suoni Nusrat Fateh Ali Khan, il menestrello sufi
perché ci apra una finestra su Konya,
una finestra adorna di narcisi, sonnolenta e languida,
e piena di piccioni viaggiatori.
Se chiamano
da MasterCard
o dall’Agenzia delle io-non-ho-affatto Entrate
di’ loro che sono andato in Kashmir
a cercare la palla da polo persa da tempo dal re indiano Aurangzeeb,
e che non è chiaro quando tornerò.
Non ridere, mia cara!
Le incomprensioni culturali
allontanano i seccatori
più in fretta di una vuota conversazione.
Ora, mentre questo riso indiano invecchiato cuoce,
metti due bicchieri, labbro a labbro, vicino alle nostre mani
della nostra annata più vecchia, quattro anni
e un ricordo del secolo scorso.
Un sorso di buon vino
è sufficiente a cancellare un secolo intero dalla memoria.
Sorso dopo sorso
possiamo tornare così indietro
che dopo cena
possiamo trovarci al chiaro di luna
tra i palmeti della Mesopotamia,
e verso mezzanotte
in un luogo primordiale nudo
e sconfinato.”
Abbas Saffari, “Cena di sabato sera”, da “Fiammiferi bruciati”
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Foto di Aleksandr Korchagin
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