Linguaggi

Il coraggio delle donne

28.12.2021

“Il tuo punto di forza sei tu.
Per come ridi,
per le volte in cui cadi e ti rialzi.
Perché vivi in
tempesta, ma
non ti arrendi mai.”

Marco Polani

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Donne
“Per mille anni
in mille città
siamo vissute dentro
immagini sognate da
altri, siamo state
accenditrici di lumi nelle case
sostitutrici di lampadine negli
appartamenti, filatrici
di lana nelle tende, tessitrici
di tela nelle case di campagna,
e lavoranti di
nylon nelle fabbriche.
Siamo sempre state
le lavapavimenti e
le preparamarmellate le
generabambini e
le cantaninnenanne,
eppure la nostra anonimità
era dappertutto e
i nostri nomi sono sempre
stati scritti nel vento, affissi
solo sull’aria.
Ora i venti soffiano
via le vecchie immagini dalle
pagine della mente e noi
non siamo più il volto
nel ritratto ma
la mano che fa il
ritratto, noi non siamo più
il canto acquoso sopra
le acque del vento ma
la sorgente delle acque
che rifluiscono nelle acque.
Le nostre voci sono guarite
dalla febbre del silenzio,
esse portano dalle acque
la salubrità del mattino,
noi stiamo tracciando avventure
alla luce del futuro,
Noi stiamo incidendo i nostri nomi
nella foresta di pietra del tempo.”
Miriam Waddington, da “Cercando Fragole in Giugno e altre poesie”, 1993

 

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Collage tratto da “Storiamo”

 

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Camminano le donne

 

“Camminano le donne, camminano sempre e comunque.
E se i piedi fanno male, si tolgono le scarpe
e le portano in mano.
e se la forza viene meno
si fermano un secondo, un istante.
Il tempo di guardarsi intorno, sospirare
e portarsi i capelli dietro le orecchie,
asciugano il sudore dalla fronte, un nuovo sospiro
e ricominciano a camminare.
Scavano solchi le donne con i loro passi.
Scavano piccoli solchi dove altre donne metteranno il passo.
Dove le loro figlie riconosceranno l’impronta della madre
anche quando ella non ci sarà più.
Ed è proprio così che esistenze che apparivano inutili,
passate silenziose nel mondo,
hanno tracciato i solchi più profondi,
quelli scavati nell’ombra, di nascosto.
Donne che nel silenzio, piccole e operose,
hanno lasciato segni perenni nella storia.
Hanno scavato solchi che hanno formato canyon,
dai quali, con possenti colpi di ali, come splendidi
aironi tra le nuvole, si lanceranno le donne del futuro.
Nulla è inutile, nessuna è per caso.
Camminano le donne, camminano sempre e comunque.”
Silvana Sonno
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Il coraggio delle donne

“Sono coraggiose le donne,
ci costa caro, ma bisogna ammetterlo.
La fragilità? Solo uno stato culturale,
più che un dato biologico.
Sono forti e coraggiose, le donne.
Quando scelgono la solitudine,
rinunciando a un falso amore,
smascherandone la superficialità.
Sono coraggiose le donne, quando
crescono i figli senza l’aiuto di nessuno,
rivalutando l’ancestrale primato,
quello di essere mamme.
Hanno il coraggio di non chiedere
a uomini che sono anche padri,
la loro presenza, puntualmente assente.
Uomini che rifuggono le proprie responsabilità,
trincerandosi in comodi ruoli o paraventi
infantili di adulti mai cresciuti.
Sono forti e coraggiose, le donne,
quando a discapito di tutto e di tutti
scelgono i propri compagni; costruendo solide storie
spendendo patrimoni sentimentali, contro la morale comune.
Sono forti e coraggiose, le donne, quando sopportano,
violenze di ogni tipo, per salvaguardare quello che resta di famiglie,
che non son più tali
Sono la speranza del mondo, le donne, in qualsiasi
circostanza continuano a far nascere uomini,
che poi le tradiranno.”

 

Bruno Esposito, “Il coraggio delle donne”

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Mariateresa Giuriati, “Donne nel mondo per il mondo”, 2019

 

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Sei bella

 

“Sei bella.
E non per quel filo di trucco.
Sei bella per quanta vita ti è passata addosso,
per i sogni che hai dentro
e che non conosco.
Bella per tutte le volte che toccava a te,
ma avanti il prossimo.
Per le parole spese invano
e per quelle cercate lontano.
Per ogni lacrima scesa
e per quelle nascoste di notte
al chiaro di luna complice.
Per il sorriso che provi,
le attenzioni che non trovi,
per le emozioni che senti
e la speranza che inventi.
Sei bella semplicemente,
come un fiore raccolto in fretta,
come un dono inaspettato,
come uno sguardo rubato
o un abbraccio sentito.
Sei bella
e non importa che il mondo sappia,
sei bella davvero,
ma solo per chi ti sa guardare.”

 

Angelo De Pascalis (erroneamente attribuita a Alda Merini)

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Silvestro Lega, “Ragazza di campagna appoggiata a una scala”, 1885

 

 

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Femminilità
“Ho pensato a lungo a quella ragazza
che raccoglieva sterco di vacca in un’ampia cesta rotonda
lungo la strada principale che passava da casa nostra
e dal tempio Radhavallabh a Maninagar.
Ho pensato a lungo al modo in cui lei
muoveva le mani e i fianchi
e all’odore di sterco e di polvere di strada e di gigli di canna umidi,
l’odore di fiato di scimmia e di abiti appena lavati
e la polvere dalle ali dei corvi che ha un odore diverso
ed ancora l’odore di sterco mentre la ragazza lo raccoglie
tutti questi odori che mi circondavano separatamente
e simultaneamente.
L’ho pensata a lungo,
ma non volevo usarla per una metafora,
per una bella immagine, ma soprattutto non volevo
dimenticarla o spiegare a chiunque la grandezza
e la forza che rilucevano dai suoi zigomi
ogni volta che trovava un mucchio di sterco
particolarmente promettente.”
Sujata Bhatt (poetessa indiana)

 

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Le Anime antiche non hanno età

 

“Le Anime antiche non hanno età.
Sono creature che vagano nel tempo, giocando sulla spiaggia della vita.
Hanno occhi che ti leggono l’anima, incontrarle significa conoscerle da sempre, accoglierle.
Quando gli uomini le attraversano, vedono se stessi nei loro occhi e finalmente si conoscono.
Portano con sé un profumo che sembra incredibilmente familiare e da loro rimani, anche quando ti allontani.
Hanno il dono dell’intuizione e sono consapevoli della memoria del cuore.
Sanno riflettere, specchiarsi nell’anima, fondersi.
Ti convinceranno presto che il caso non esiste, che la tua vita è un predestinato avvicendarsi di persone e luoghi che ti aspettano da sempre.
Le loro esperienze sono sogni, incanti, lucide visioni.
Viverle non è facile.
Se le vuoi conquistare devi lasciarti prendere, se le vuoi vedere devi saper guardare, se le vuoi trovare devi saperti perdere.
E ti troverai.”

Agostino Degas, da “Gli infiniti adesso dell’anima”

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Era bella così

“Era bella così, con quel modo tutto suo di vivere.
Non sembrava neppure di questo mondo.
Difficile capirla, bisognava solo rispettarla.
E amarla.
Fragilità e leggerezza erano i punti di forza
che la salvavano sempre,
anche nelle situazioni più difficili
in cui andava a cacciarsi per amore della vita.
Aveva il tormento nell’anima,
lo dicevano i suoi occhi,
ma nessuno se ne accorgeva,
perché come lei non sorrideva nessuno.
Sorrideva, ma non dimenticava
il mondo che aveva dentro.
Quel suo mondo che proteggeva da tutto e da tutti.
Ed era bellissima così…

Agostino Degas, “Era bella così”

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Molte donne ospitano negli occhi
“Molte donne ospitano negli occhi
dei piccoli musei preistorici:
microcosmi di eventi universali
che fluttuano nell’acquario dell’iride;
animali e vegetali ormai fossili,
ominidi di altre ere;
embrioni di specie future
orbitano intorno alle loro pupille
in un ballo che li trascina via.
La vista dell’inconscio è insostenibile,
si arretra abbassando lo sguardo: è
d’obbligo l’inchino, porgendo
infinite scuse alle signore.”
Valentino Zeichen, da “Museo interiore”, 1987
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Dipinto di Romaine Brooks (Beatrice Romaine Goddard)

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Non è da tutti amare le donne difficili
“Non è da tutti
amare le donne difficili,
spigolose, quasi inaccessibili.
Solo apparentemente
sono solari ed estroverse,
anche sicure di sé,
ma in realtà sempre
diffidenti e insicure,
sempre sulla difensiva.
E si tengono tutto dentro.
Non guardatele troppo negli occhi, perché non vogliono far vedere a nessuno la loro rabbia, delusione, paura, fragilità.
La solitudine le accompagna, anche quando hanno decine di corteggiatori.
Perché amano
ma non dipendono mai dall’amore, da quell’amore che per loro è solo un sogno.
E sono dure, prima di tutto
con se stesse.
Solo chi sa guardare “oltre” il sorriso riesce a vedere il muro impenetrabile che hanno eretto.
Che difende la loro interiorità
ricca ma ferita, spaventata.
La loro sensibilità
troppe volte ferita.
Il difficile vissuto
che solo loro conoscono.
Perché sono donne spigolose, difficili, quasi inaccessibili.
Quelle con l’anima in fiamme
e il sorriso splendente.”
Agostino Degas
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Sei forte
“Sei forte perché sai cadere bene
Cadi e ti spacchi tutta
Ma i sogni no, non ti si rompono mai
A loro hai insegnato come atterrare sempre in piedi
Sei forte perché crolli
Ti spezzi
Ti frani
Ti sfumi
Ti pieghi
Ti consumi
Ma non molli mai la presa
Sei forte perché insegni agli attimi a cogliersi da sé
Insegni a riconoscere i momenti giusti e i momenti sbagliati
Insegni in un istante l’istante gli istanti da prendere
E quando il mondo non è divertente
Tu trovi sempre il modo per divertire il mondo
Sei forte perché quello che gli altri
Chiamano precipitare tu lo chiami volo
E quando il mondo ti casca addosso in mille pezzi
Tu in silenzio ricomponi tutto e riprendi a camminare
Piedi per terra
Testa fra le nuvole
Sei forte perché ti chiedi aiuto
Perché ti aiuto
E non ti volti mai le spalle al sole
E se lo fai è solo per dare una mano alla luna
Sei forte
Perché sai fare tutto benissimo da sola”
Gio Evan, “Sei forte”
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Antonio Mora (Digital art)
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Sei perfetta

“Sei perfetta
Sei perfetta perché sai sbagliare bene
E non hai paura di buttarti, di spaccarti il muso
Non hai paura di rialzarti, di pulirti dal sangue
Guardarti in giro, rassicurare chi ti guarda
E fare con le spalle quel verso di chi si è fatta niente

Sei perfetta non perché non fai errori
Ma perché ne fai tantissimi
Perché ci provi sempre e ci riprovi ancora e non molli mai
Testa dura, cuore morbido

Sei perfetta perché riconosci le tue cazzate
E sai chiedere scusa, sai chiedere scusa guardando negli occhi
Non ti nascondi dietro un messaggio
Tu esci fuori all’improvviso come i petali del girasole
E ti fai trovare sotto casa e consegni a domicilio le tue scuse

Sei perfetta, perfetta non significa impeccabile
Perfetta significa “per fetta”
Significa che ci hai provato così tante volte
Da essere a fette, a pezzi, distrutta, disintegrata
Che ci hai provato così tanto che ora è da stupidi mollare

Sei perfetta
Sei perfetta perché tutte le persone
Che anche per un secondo ti passano accanto
Si ritrovano all’improvviso con la voglia matta
Di lottare per i propri sogni”

Gio Evan

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Donne appassionate

“Le ragazze al crepuscolo scendono in acqua,
quando il mare svanisce, disteso. Nel bosco
ogni foglia trasale, mentre emergono caute
sulla sabbia e si siedono a riva. La schiuma
fa i suoi giochi inquieti, lungo l’acqua remota.

Le ragazze han paura delle alghe sepolte
sotto le onde, che afferrano le gambe e le spalle:
quant’è nudo, del corpo. Rimontano rapide a riva
e si chiamano a nome, guardandosi intorno.
Anche le ombre sul fondo del mare, nel buio,
sono enormi e si vedono muovere incerte,
come attratte dai copi che passano. Il bosco
è un rifugio tranquillo, nel sole calante,
più che i greto, ma piace alle scure ragazze
star sedute all’aperto, nel lenzuolo raccolto.

Stanno tutte accosciate, serrando il lenzuolo
alle gambe, e contemplano il mare disteso
come un prato al crepuscolo. Oserebbe qualcuna
ora stendersi nuda in un prato? Dal mare
balzerebbero le alghe, che sfiorano i piedi,
a ghermire e ravvolgere il corpo tremante.
Cl son occhi nel mare, che traspaiono a volte.

Quell’ignota straniera, che nuotava di notte
sola e nuda, nel buio quando muta la luna,
è scomparsa una notte e non torna mai più.
Era grande e doveva esser bianca abbagliante
perché gli occhi, dal fondo del mare, giungessero a lei.”

 

Cesare Pavese, “Donne appassionate”

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Ce ne vuole di coraggio

“Ce ne vuole di coraggio per allungare le mani,
sciogliere i nodi,
lasciare aperte le crepe nella stanza,
trovare nelle pieghe della pancia
un disavanzo di luce buona.
Ce ne vuole di fortuna per tornare dalla luna
a cantare lo stupore,
per coltivare un orto con frutti sani,
per avere tanta memoria
e poca storia da circoscrivere.
Ce ne vuole d’amore per vivere
saltando tra i fossi e le comete,
per baciarti dentro
celebrando tra zampillii e gorgheggi
l’incanto mentre si dà.
Ce ne vuole di immensità,
per abitare ogni giorno,
un azzardo di felicità.”
Stefania Simeoni, da “La Bruja del Viento”
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Sorridi donna

 

“Sorridi donna
sorridi sempre alla vita
anche se lei non ti sorride.
Sorridi agli amori finiti
sorridi ai tuoi dolori
sorridi comunque.
Il tuo sorriso sarà
luce per il tuo cammino
faro per naviganti sperduti.
Il tuo sorriso sarà
un bacio di mamma,
un battito d’ali,
un raggio di sole per tutti.”

 

Alda Merini, “Sorridi donna”

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Una donna

“Una donna è una cosa che canta
in mezzo alla bufera del mondo
coi lunghi capelli sparsi
su oscure catene
una donna mi ispira i colori
e il sonno delle ombre
tu che sei donna ascolta:
non avrai una spiaggia sicura
né un porticciolo di vento
ma amerai uomini in festa
perché la tua bellezza
è voce del vento.
sei scura come la menzogna
e ti crederanno bugiarda
verrai arsa sul rogo d’impazienza
ma tu non brucerai mai
perché sei bella.”

Alda Merini, “Una donna”

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Quelle come me

 

“Quelle come me è come una goccia d’acqua nel deserto ciondolante.

Quelle come me sono capaci di grandi amori e grandi collere,
grandi litigi e grandi pianti grandi perdoni.

Quelle come me non tradiscono mai.

Quelle come me hanno valori che sono incastrati nella testa
come se fossero pezzi di un puzzle,
dove ogni singolo pezzo ha il suo incastro e lì deve andare.

Niente per loro è sottotono,
niente è superficiale o scontato,
non le amiche, non i figli, non la famiglia,
non gli amori che hanno voluto, che hanno cercato,
e difeso e sopportato.

Quelle come me regalano sogni,
anche a costo di rimanerne prive…

Quelle come me donano l’Anima,
perché un’anima da sola è come
una goccia d’acqua nel deserto…

Quelle come me tendono la mano
ed aiutano a rialzarsi, pur correndo il rischio
di cadere a loro volta…

Quelle come me guardano avanti,
anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro…

Quelle come me cercano un senso all’esistere e,
quando lo trovano, tentano d’insegnarlo
a chi sta solo sopravvivendo…

Quelle come me quando amano, amano per sempre…
e quando smettono d’amare è solo perché
piccoli frammenti di essere giacciono
inermi nelle mani della vita…

Quelle come me inseguono un sogno…
quello di essere amate per ciò che sono
e non per ciò che si vorrebbe fossero…

Quelle come me girano il mondo
alla ricerca di quei valori che, ormai,
sono caduti nel dimenticatoio dell’anima…

Quelle come me vorrebbero cambiare,
ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo…

Quelle come me urlano in silenzio,
perché la loro voce non si confonda con le lacrime…

Quelle come me sono quelle cui tu riesci
sempre a spezzare il cuore,

perché sai che ti lasceranno andare,
senza chiederti nulla…

Quelle come me amano troppo, pur sapendo che,
in cambio, non riceveranno altro che briciole…

Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza…

Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero…

Quelle come me sono quelle che,
nell’autunno della tua vita,
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
e che tu non hai voluto…”

 

Alda Merini, “Quelle come me”

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Foto di Letizia Battaglia del 1993: la donna ritratta è la moglie del Poliziotto Vito Schifani, ucciso nella Strage di Capaci

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Le donne sono un’altra razza

“Certo che le donne sono un’altra razza.
Con la bandana o gli sguardi catarifrangenti da Barbie,
con le grandi pance davanti o con l’uomo sbagliato addosso,
innamorate di un gatto o tradite dall’ombra della felicità,
abbandonate all’angolo di una piazza o tagliate da un improvviso dolore,
si fermano un istante per piangere, poi sollevano il capo e riprendono la strada.
Sono maestre di dignità le donne.
Non bisogna lasciarsi distrarre dall’ondeggiare dei fianchi
se vogliamo capire qualcosa di loro,
dobbiamo soltanto guardarle negli occhi
perché i loro occhi dicono quello che le bocche sanno tacere.
Sì, le donne sono un’altra razza.
Spesso ci camminano a fianco
così leggere che neanche ce ne accorgiamo.
Quasi sempre, però, ci precedono
e basterebbe solo seguirle per capirne di più.
Seguirle con poco orgoglio e molto rispetto.
Per essere più uomini.
Un po’ più uomini, almeno…”
Antonello De Sanctis, da “Nel mondo degli uomini”
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Non mi nascondo dietro un sorriso
“Non mi nascondo dietro un sorriso
né all’ombra di un ramo sterile e anemico
non mi rifugio in sogni inaccessibili
e non conto le lucciole la sera
l’eco dei miei passi non si perde nell’inganno del vento
e la strada che calpesto non è fatta di specchi
ho mille cicatrici sulle mie labbra
una ad una parlano per me
e tutte valgono la mia vita
non voglio sentire il rumore di parole inutili
né voglio parlare a chi non ha udito
ho mille porte aperte nella mia casa
ma solo una rampa di scale praticabile
il resto è una giostra di facce indifferenti
il resto è un giorno che scivola nella notte
già alle prime luci dell’alba.”
Antonella del Guerra
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Rose perenni

“La bellezza delle donne che ci hanno cambiato la vita
piú profondamente di cento rivoluzioni
non si perde, non dilegua con gli anni
per quanto svaniscano i tratti
per quanto si deformino i corpi.
Resta nei desideri suscitati un tempo
nelle parole giunte anche in ritardo
nell’esplorazione incerta della carne
nei drammi mai venuti alla luce
nel riflettersi delle separazioni,
nelle identificazioni totali.
La bellezza delle donne che cambiano la vita
resta nelle poesie scritte per loro
rose perenni che effondono sempre lo stesso profumo,
rose perenni, come da sempre dicono i poeti.”

Titos Patrikios, “Rose perenni”, da “La resistenza dei fatti”

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Alle donne sole

“Le donne sole
che hanno passato la vita a correre
quelle che non hanno mai conosciuto
il privilegio di accomodarsi in poltrona
perché sempre costrette a correre dietro qualcosa
cose piccole, per altri
facili come l’acqua.
Le donne che hanno a lungo rincorso
lo spettro avvizzito della maternità in pieno ciclo mestruale.
Hanno corso dietro i bouquet di fiori ai matrimoni delle amiche
hanno rincorso uomini che non hanno mai capito
perché una donna ardente di passione
rincorra una cosa semplice come l’amore.
Le donne sole
che hanno corso dietro i bambini di altre,
corso dietro la casa che non gli hanno costruito,
la felicità mai condivisa,
mentre il dolore cresceva feroce nei cortili delle loro case
sull’uscio del portone della vicina che cantava una ninna nanna al figlio
sul ventre rigonfio di una donna che camminava sul marciapiede.
Le donne sole
quelle che hanno odiato i chili in eccesso del proprio corpo
come se la felicità fosse racchiusa in qualche grammo di peso in meno.
Hanno gettato gli anelli d’amore nei fiumi di città straniere
e sono rimaste ad aspettare
ad aspettare nei giardini
davanti agli asili, nelle cucine delle amiche,
con il timore di dividere la vita con un estraneo
hanno aspettato a lungo che nei loro sguardi
sbocciasse un giardino di speranza.”
Widad Nabi, “Alle donne sole”
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Donne di tutte le epoche
“Donne di tutte le epoche
e tutte le albe
venite a dormire nelle mie palpebre:
Vengo da ovunque e da nessuna parte
– presagi di tanti sentieri.
S’indovinano nel mio sguardo
– finestra d’acqua assonnata –
promesse di partenza
miraggi e miracoli.
Sarà questa la ferita orientale mai cicatrizzata?
questa cosa di sangue e sudore mischiate
che sbatte le ali ai sonagli del mio danzare?
Vado avanti tra qui e l’altrove
Tra le maestose tempeste della ribellione
E le emozioni dei mondi sovrapposti
mi protendo verso di voi
Per perdermi in me stessa.”
Nohad Salameh (poetessa libanese)
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Per noi
“Per noi
che guardiamo gli alberi
e ci innamoriamo
delle foglie cadenti
perché inciampano come noi
anche sull’aria. Per noi
che vinciamo solo da perdenti
e sappiamo ridere
dei giochi di luce riflessi
delle onde
senza l’incauto bisogno di sconfiggerle.
Per noi
che preghiamo in silenzio
perché neanche la voce
diventi urto
o offesa al silenzio,
per noi
che ci addormentiamo
con sogni vivi
mentre quella metà del nero
che ci divora o ci manca,
si placa. Per noi
è quella preghiera silenziosa
che non ha niente da consacrare
perché l’offesa
– mentre fioriscono gli alberi –
ci ha già perdonati.”
Beatrice Niccolai, “Per noi”

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Houston, we have a problem

(mi raccontarono la storia di un uomo finito sulla luna:
un uomo in bianco e nero)

io conosco storie di donne che entrano in un cuore
grande come un pugno
e che lasciano impronte nei respiri
in letti da rifare
in cucine dal profumo di spezie
in discorsi che restano sospesi
(nel fumo di sigarette fra le dita)
in liste della spesa
(calligrafie minute su fogli bianchi,
appena stropicciati in un angolo)
in un’attesa che dura quanto un figlio
(che è cresciuto e andato via)

donne senza bombole d’ossigeno
senza una base a dar loro coordinate
che fluttuano in un’apnea d’amore
tra stelle interrotte dal buio e silenzi
intercalati da parole: quelle sbagliate
donne nella cui anima si annidano speranze
e restano lì,
come gusci vuoti in memoria.

Carla Lebowski Cavallini (eteronimo di Emilio Piccolo)

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Le donne di Sorolla

“Le donne di Sorolla dagli elegantissimi cappelli
sdraiate sulle sue spiagge di tela
incantavano gli impressionisti
spagnoli
Ed erano ritratti fraudolenti
del mondo
per il modo in cui la luce giocava su di loro
creando illusioni
d’amore?
Non riesco a non pensare
che la loro “realtà”
fosse quasi altrettanto reale
del mio ricordo di oggi
quando l’ultimo sole stava sospeso sulle colline
e io sentivo il giorno precipitare
come i gabbiani che si tuffavano
fino quasi a terra
mentre gli ultimi gitanti si sdraiavano
e si amavano nel giallo delle ginestre ventose
trovando resistenza e resistendo
straziandosi
ancora
e ancora
finchè l’ultimo rovente climax sospeso
a cui alla fine non era più possibile resistere
li faceva gemere
E gli alberi della notte si alzavano”

Lawrence Ferlinghetti, “Le donne di Sorolla”

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Le avremo ben viste anche queste donne 

“Le avremo ben viste anche queste donne – in sogno o no,
ma sempre nei vaghi recinti della notte –
sotto le loro criniere di giumente, focose,
con lunghi occhi teneri dai bagliori di cuoio,
non già la carne quotidiana in svendita alle nuove
macellerie di immagini, che ingurgiti
solo, fra le lenzuola,
ma l’animale sorella che sfugge e s’indovina,
ancora meno distinta dai suoi riccioli, dalle sue trine
di quanto la vaga linea dell’onda sia dalla schiuma,
l’agile fiera di cui tutti vanno a caccia
e che il più armato non raggiunge mai
perché è nascosta più in fondo al suo stesso corpo
ch’egli non può penetrare – se anche ruggisse di vano trionfo –
perché ella è solamente come la soglia
del suo stesso giardino,
o come un’incrinatura nella notte
incapace di abbatterne il muro, o una tagliola
con il sapore di frutto inumidito, solo un frutto,
dotato però di sguardo – e anche di lacrime.”

Philippe Jaccottet

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Orlo

“La donna è la perfezione.
Il suo morto
Corpo ha il sorriso del compimento,
un’illusione di greca necessità
scorre lungo i drappeggi della sua toga,
i suoi nudi
piedi sembran dire:
abbiamo tanto camminato, è finita.
Si sono rannicchiati i morti infanti ciascuno
come un bianco serpente a una delle due piccole
tazze del latte, ora vuote.
Lei li ha riavvolti
Dentro il suo corpo come petali
di una rosa richiusa quando il giardino
s’intorpidisce e sanguinano odori
dalle dolci, profonde gole del fiore della notte.
Niente di cui rattristarsi ha la luna
che guarda dal suo cappuccio d’osso.
A certe cose è ormai abituata.
Crepitano, si tendono le sue macchie nere.”

Sylvia Plath, “Orlo”

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La donna, se vuole…

“La donna, se vuole, riesce a far stare
Tanti mobili in una stanza minuscola,
Marmellate di tutti i colori in barattoli piccolissimi,
Il mare dentro un bicchiere da acqua
Una farmacia, una bigotteria, le foto di famiglia dentro una borsa da polso…
Fa stare la notte dentro la sua anima,
Un ricordo nel suo vestito, i suoi singhiozzi dentro una canzone,
La lussuria in uno sguardo, la compassione in un tocco…
L’indifferenza nei suoi passi, l’irresistibilità nelle curve delle labbra, la memorabilità in un sorriso…
La sua mestizia in una sigaretta, i suoi segreti dentro un caffè, le sue grida in un silenzio…
Un uomo nel suo cuore e nel suo letto per tutta una vita, un figlio nel grembo e nella sua vita…
La donna, se vuole, riesce a fare spazio a tutto
Ma chissà perché non riesce a far spazio a se stessa,
Non si riesce a farla stare in questo enorme mondo.”

Ferzan Ozpetek

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Donna

“Quanto hai dato donna:
secoli di luce
che non hanno riflesso le coscienze
ingoiate da abissi di silenzio.

E quanto ancora:
radici per contenere la terra
velluto d’amore
una spiga per toccare il cielo
fertili semi di coraggio
per un mondo abitato dalla guerra.

E quanto ancora.

Dai tuoi occhi
albe e nebbie,
revisione del giudizio
nella speranza dei fiori.
Piccola di piccole cose
recuperate dall’infanzia
nella scrittura dei sogni.

E quanto ancora.

Foglie che coprono il pudore dell’universo
laghi generosi di acque vergini
spessore del segreto
delle profonde radici del tuo tempo.

Quanto autunno
inondando la terra
e un colore crepuscolare
nella corteccia.”

Carmen Yáñez

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La forza delle donne

 

“Le donne forti le riconosci, non passano inosservate.
Quando camminano senti la loro presenza, quando arrivano senti che qualcosa cambia.
Non sono donne facili, perché non si accontentano, perché vogliono e cercano qualcosa di più.
Non hanno paura delle sfide per trovare ciò che hanno nel cuore, non hanno paura nemmeno di soffrire per inseguire i loro ideali.
Non vogliono piacere a tutti le donne forti, vogliono piacere soprattutto a se stesse.
Quando le donne forti ti guardano non vedi solo i loro occhi. C’è qualcosa di più. È la loro anima che scorgi, ha il colore del sole e la luce della luna. Quando le donne forti si muovono non c’è solo il loro corpo ma ci sono anche i loro sogni, le loro speranze, la fiducia che hanno in se stesse e negli altri.
Le donne forti non sono come tutti gli altri, ascoltano anche il loro lato più istintivo, ridono e piangono senza vergognarsi e se ne hanno voglia si siedono per terra o camminano scalze come se fosse la cosa più normale del mondo.
Le donne forti non sono donne che non sbagliano mai, ma sono donne che affrontano i loro sbagli con la forza dell’anima.
I fallimenti e le sconfitte diventano terreno fertile per imparare, per migliorare. Diventano il luogo dove l’anima trova gli spazi per crescere.
Le donne forti sono in grado di vestirsi di niente ma di sembrare tutto.
È la loro anima che le veste, è la forza di se stesse che le circonda. Ed è proprio questa loro presenza, a volte difficile, che merita di averle conosciute.”

 

Simona Oberhammer, da “La forza delle donne”

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Donne

“Siamo schiuma di mari in tempesta e sabbia che accoglie le onde, siamo pioggia e lampi
di improvvisi temporali,
raggi di sole e ondate di vento sciolti nei riflessi dell’arcobaleno,
stelle pulsanti e bianchi segni di luna che nessuna notte potrà nascondere.
Siamo il desiderio e il rifiuto la rabbia, il dolore e la gioia,
la preghiera e la bestemmia, parole e silenzio e sogno.
Siamo l’infinito e il suo limite, il tutto e il nulla,
debolezza e forza insieme, amore, odio e inganno.
Donne siamo,
aquiloni che navigano il cielo,
legati da un filo trasparente a questa nostra terra.”

Paola Bettiol

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Donne
“Per mille anni
in mille città
siamo vissute dentro
immagini sognate da
altri, siamo state
accenditrici di lumi nelle case
sostitutrici di lampadine negli
appartamenti, filatrici
di lana nelle tende, tessitrici
di tela nelle case di campagna,
e lavoranti di
nylon nelle fabbriche.
Siamo sempre state
le lavapavimenti e
le preparamarmellate le
generabambini e
le cantaninnenanne,
eppure la nostra anonimità
era dappertutto e
i nostri nomi sono sempre
stati scritti nel vento, affissi
solo sull’aria.
Ora i venti soffiano
via le vecchie immagini dalle
pagine della mente e noi
non siamo più il volto
nel ritratto ma
la mano che fa il
ritratto, noi non siamo più
il canto acquoso sopra
le acque del vento ma
la sorgente delle acque
che rifluiscono nelle acque.
Le nostre voci sono guarite
dalla febbre del silenzio,
esse portano dalle acque
la salubrità del mattino,
noi stiamo tracciando avventure
alla luce del futuro,
Noi stiamo incidendo i nostri nomi
nella foresta di pietra del tempo.”
Miriam Waddington, “Donne”
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Quando sono diventata un frutto

 

“Femmina e maschio fui concepita all’ombra della luna
ma Adamo fu sacrificato alla mia nascita,
immolato ai mercenari della notte.
E per colmare il vuoto della mia altra essenza
mia madre mi ha lavato con acqua torbida
e mi ha portato sul pendio di ogni montagna
consegnandomi al rombo delle domande.
Mi ha consacrato all’Eva della vertigine
e mi ha impastato con il buio e la luce
perché fossi donna-centro e donna-lancia
gloriosa e trapassata
angelo dei piaceri senza nome.”

Joumana Haddad, “Quando sono diventata un frutto”

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In  primo piano: Joumana Haddad, poetessa iraniana

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Quando verrà il momento
“Nella follia
Catturerò il firmamento e lambirò le nubi
Prenderò in prestito la bufera
Lasciandomi alle spalle le lacrime zampillanti
E me ne andrò.
Non inseguirò l’equilibrio
Non soffocherò le grida
Danzerò sull’acqua
Dirigendomi verso l’altra sponda
Libera
O schiava
Non importa!
Guaderò il fiume.
Quando verrà il momento
farfalla notturna
Deporrò la dolcezza che ormai mi ha annoiata
Deporrò l’abito imbizzarrito invano
E darò fuoco al passato
Per ritornare liscia come la terra vista da lontano
E girare da sola
Intorno alla luna.
Riderò e le mie risate non saranno tristi
Non volerò, camminerò
Accarezzerò la strada
Converserò tutta la notte con il selciato
Farò sgorgare la poesia dalle pietruzze
Il cielo piangerà e non mi preoccuperò
Il vento consumerà il mio cuore ustionato dall’amore.
Il commiato diventerà una cintura
Che cinge la mia rivoluzione
Stringerò tra le braccia la distanza, gli uccelli notturni, i tremanti vasi di fiori
Tutto quel che bevo lo riverserò sui miei difetti
Accoglierò nel mio sangue
una rosa che non ha ancora trovato il terreno in cui sbocciare.
Quando verrà il momento
alba senza rugiada
mi mostrerò con il viso rabbuiato
e seppellirò i miei visi sereni
abitata dalla tenacia sarò
intrisa come il pane del tempo
noncurante delle briciole
diffonderò l’ombra luminosa sul mio essere
che farò gocciolare come il dolce miele
punto dopo punto
bacio dopo bacio
affinché si spenga sulla superficie del fiume
quella donna che ho serbato in me.”
Joumana Haddad, “Quando verrà il momento”
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Sono caduta più volte

“Sono caduta più volte.
Oh, no, non sto dicendo
che mi sono rialzata. Non subito.
Ho accettato la nuova condizione
e fatto pace con il suolo
fino ad abbracciarlo come
un nemico a tregua dichiarata.
Ho strisciato, sbucciato i gomiti
sporcato le mani di fango
sono andata anche più giù
nel sottosuolo della mente.
Sono venuta a patti con la terra
e ho scavato per trovare un nido
che rendesse tollerabile l’angolo
rovesciato della mia prospettiva.
Finché non ho visto
che dal basso verso l’alto
le gioie perfette altrui, indossate
con ostentata eleganza,
avevano l’orlo scucito
in più punti rammendato
con filo di spago e non di seta.
Mi sono rialzata con l’abito insudiciato
da qualche lezione sonora
impartita a cinque dita dalla vita
e l’anima ancora bianca.”

Mirela Stillitano

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Allora senti

“Allori senti
ci sarà un lupo
e sarà bianco
Tu sarai bendata
e gli starai in groppa
in piedi
Correrete insieme
slacciati dalla ragione
legittimi alla velocità dell’aria.
Non ci sarà bisogno di fidarsi
avrà fiuto e tu equilibrio.
Dovrai tener caldo alle parole
tenerle in un orto sotto la camicia
a stretto contatto con la pelle.
Bruceranno e graffieranno.
Lasciati bruciare.
Passerete dalle città
non levarti mai la benda
anche quando sentirai chiamare
lusingare invocare resta dritta
in piedi in groppa al lupo.
La memoria è una fabbrica
che non smette mai
fa i turni di notte e non ha festivi.
Il lupo slaccerà i ricordi
uno per uno
ne farà fiocchi di neve.
Il vuoto sarà vasto
e alto e profondo
lo chiamerai carezza.
Allora senti.”

Chandra Livia Candiani, “Allora senti”, da “Fatti vivo”

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Non sono giovane, e non sarò mai vecchia.

“Non sono giovane, e non sarò mai vecchia.

Appartengo ad una tribù di donne che possiedono il riso delle bambine e il ghigno insolente delle vecchie,
capelli lunghi e liberi, e occhi antichi come la Terra,
dove la bellezza interiore non finisce.

Sorelle di uomini che hanno lo spirito del lupo e dell’aquila,
gioiosi folletti che non hanno mai smesso di giocare.

Esseri che attraversano il tempo, in costante movimento,
ardenti di curiosità.

Non ho e non avrò mai l’età che indicano i documenti,
perché non sono giovane e non sarò mai vecchia.

Io Sono Eterna.”

Maram al-Masri

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Le avremo ben viste anche queste donne 

“Le avremo ben viste anche queste donne – in sogno o no,
ma sempre nei vaghi recinti della notte –
sotto le loro criniere di giumente, focose,
con lunghi occhi teneri dai bagliori di cuoio,
non già la carne quotidiana in svendita alle nuove
macellerie di immagini, che ingurgiti
solo, fra le lenzuola,
ma l’animale sorella che sfugge e s’indovina,
ancora meno distinta dai suoi riccioli, dalle sue trine
di quanto la vaga linea dell’onda sia dalla schiuma,
l’agile fiera di cui tutti vanno a caccia
e che il più armato non raggiunge mai
perché è nascosta più in fondo al suo stesso corpo
ch’egli non può penetrare – se anche ruggisse di vano trionfo –
perché ella è solamente come la soglia
del suo stesso giardino,
o come un’incrinatura nella notte
incapace di abbatterne il muro, o una tagliola
con il sapore di frutto inumidito, solo un frutto,
dotato però di sguardo – e anche di lacrime.”
Philippe Jaccottet, “Le avremo ben viste anche queste donne”
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Alle donne
(Alla ricerca di un’altra logica)
“Persuadi gli uomini a non fare la guerra,
nessuna guerra,
e inizia dalle invasioni contro gli indifesi,
contro i colonizzati,
contro quelli che hanno ricevuto, impotenti, lo stigma dai nemici,
contro il mondo emarginato della fame,
non permetterlo.”
Magda Zavala (poetessa costaricana)
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Quello che non è mio
“Tutto quello che ora esiste
non è mio.
L’uomo che si sta facendo la doccia
non è mio.
L’uomo che è stanco
di correre nei miei labirinti
non è mio.
L’uomo educato
che si lima le unghie
prima di grattare la mia monotonia
non è mio.
L’uomo che nutre tutto quel che mi circonda
e dimentica la mia fame
non è mio.
Queste pareti pulite
non sono mie.
La casa con tutto ciò che è comune e familiare
non è mia.
Il cavallo adornato con sella e briglie
non è mio.
L’aperta campagna
è mia
il tramonto sui prati
è mio
la passione di un cavallo libero
è mia
l’orgoglio dei cervi
è mio
questo splendore
e questo universo
sono miei!”
Hamda Khamis (poetessa del Bahrain), da “Non ho peccato abbastanza”, 2007
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Foto di Mojtaba Nasiri (fotografa iraniana)
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Saluterò di nuovo il sole
“Saluterò di nuovo il sole,
e il torrente che mi scorreva in petto,
e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri
e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino
che con me hanno percorso le secche stagioni.
Saluterò gli stormi di corvi
che a sera mi portavano in offerta
l’odore dei campi notturni.
Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio
e aveva il volto della mia vecchiaia.
E saluterò la terra, il suo desiderio ardente
di ripetermi e riempire di semi verdi
il suo ventre infiammato,
sì, la saluterò
la saluterò di nuovo.
Arrivo, arrivo, arrivo,
con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra,
e i miei occhi, l’esperienza densa del buio.
Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro.
Arrivo, arrivo, arrivo,
e la soglia trabocca d’amore
ed io ad attendere quelli che amano
e la ragazza che è ancora lì,
nella soglia traboccante d’amore, io
la saluterò di nuovo.”
Forough Farrokhzad
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Un giorno ti svegli
“Un giorno ti svegli
– e con un po’ di cautela –
inizi a toglierti
gli insulti di dosso
come pezzi di corteccia
Ti togli l’ansietà
come fini garze di seta.
Ti strappi il disprezzo
che si è incrostato sulle tue vene.
Ti confronti con lo specchio
come fosse la prima volta.
Vesti il tuo corpo con manti di tenerezza
e perdoni.
Non c’è tempo
per scagliare pietre”
Silvia Cuevas-Morales (poetessa e scrittrice cilena)
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Una donna parla della sua vita
“Un vento mi spinge per le strade,
vento, divinità del mutamento
dalle guance gonfie che soffiano.
Amo quel vento,
mi rallegro
ai mutamenti.
Vado per il mondo
in due o sola
e grati mi sono al tempo stesso
il desiderio e la sua morte
che si chiama appagamento.
C’è qualcosa di troppo in me.
Trabocco dalle mie sponde
come un lievito. Il lievito ha
un suo genere specifico di felicità.
Vado, sempre vado,
a volte si unisce a me un uomo.
Andiamo insieme,
lui dice che è fino alla morte,
poi si perde in un crepuscolo
come cosa senza importanza.
Vado sola,
poi nuovamente a una svolta
appare un nuovo compagno.
Vado, continuamente vado,
un vento mi spinge per le strade.
Sulle mie strade
soffia sempre il vento.”
Anna Swirszczynska, dalla rivista “Poesia”, Anno XXXI, Gennaio 2019, N. 344 – Traduzione di Giorgio Origlia

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La donna cannone
“La donna senza figli
quella che ha fatto l’inseminazione
quella che non si sa
la donna che avrebbe tanto voluto
quella che ha abortito
quella che ormai
Sotto il tendone dell’adeguatezza
si chiede a ognuna
il numero prestabilito
prima dell’inchino normale
Crescere in sé
la donna cannone
la libertà stellare
di volare in terra
dentro la carne la
più esplosiva
autenticità.”
Alessandra Racca, in “Di pancia (e altri organi vitali)”, 2024
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Dipinto di Lisandro Rota
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Non mi pento di niente
“Dalla donna che sono,
mi succede, a volte,
di osservare, nelle altre,
la donna che potevo essere;
donne garbate, laboriose, buone mogli,
esempio di virtù,
come mia madre
avrebbe voluto.
Non so perchè
tutta la vita
ho trascorso a
ribellarmi a loro.
Odio le loro minacce
sul mio corpo
la colpa che le loro vite
impeccabili,
per strano maleficio
mi ispirano;
mi ribello contro le loro buone azioni,
contro i pianti di nascosto
del marito,
del pudore della sua nudità
sotto la stirata e inamidata biancheria intima.
Queste donne,
tuttavia, mi guardano
dal fondo dei loro specchi;
alzano un dito accusatore
e, a volte, cedo al loro sguardo di biasimo
e vorrei guadagnarmi il consenso universale,
essere “la brava bambina”, essere la “donna decente”,
la Gioconda irreprensibile,
prendere dieci in condotta
dal partito, dallo Stato,
dagli amici,
dalla famiglia, dai figli
e da tutti gli esseri
che popolano abbondantemente
questo mondo.
In questa contraddizione inevitabile tra quel che doveva essere
e quel che è,
ho combattuto numerose
battaglie mortali,
battaglie a morsi, loro contro di me– loro contro di me che sono me stessa –con la psiche
dolorante,
scarmigliata,
trasgredendo progetti ancestrali, lacero le donne che vivono in me
che, fin dall’infanzia, mi guardano torvo
perchè non riesco nello stampo perfetto dei loro sogni,
perchè oso essere quella folle, inattendibile, tenera e vulnerabile
che si innamora come una triste puttana
di cause giuste,
di uomini belli
e di parole giocose.
Perchè, adulta, ho osato vivere l’infanzia proibita
e ho fatto l’amore sulle scrivanie nelle ore d’ufficio,
ho rotto vincoli inviolabili
e ho osato godere
del corpo sano e sinuoso
di cui i geni di tutti i miei avi mi hanno dotata.
Non incolpo nessuno. Anzi li ringrazio dei doni.
Non mi pento di niente, come disse Edith Piaf:
ma nei pozzi scuri in cui sprofondo al mattino,
appena apro gli occhi,
sento le lacrime che premono,
nonostante la felicità che ho finalmente conquistato,
rompendo cappe e strati di roccia terziaria e quaternaria,
vedo le altre donne che sono in me,
sedute nel vestibolo
che mi guardano con occhi dolenti e mi sento in colpa per la mia felicità.
Assurde brave bambine mi circondano e danzano musiche infantili
contro di me;
contro questa donna fatta, piena,
la donna dal seno sodo
e i fianchi larghi,
che, per mia madre e contro di lei, mi piace essere.”
Gioconda Belli, “Non mi pento di niente”
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Wolf Blazar
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Donne
“Per mille anni
in mille città
siamo vissute dentro
immagini sognate da
altri, siamo state
accenditrici di lumi nelle case
sostitutrici di lampadine negli
appartamenti, filatrici
di lana nelle tende, tessitrici
di tela nelle case di campagna,
e lavoranti di
nylon nelle fabbriche.
Siamo sempre state
le lavapavimenti e
le preparamarmellate le
generabambini e
le cantaninnenanne,
eppure la nostra anonimità
era dappertutto e
i nostri nomi sono sempre
stati scritti nel vento, affissi
solo sull’aria.
Ora i venti soffiano
via le vecchie immagini dalle pagine della mente
e noi non siamo più il volto
nel ritratto ma
la mano che fa il
ritratto, noi non siamo più
il canto acquoso sopra
le acque del vento ma
la sorgente delle acque
che rifluiscono nelle acque.
Le nostre voci sono guarite
dalla febbre del silenzio,
esse portano dalle acque
la salubrità del mattino,
noi stiamo tracciando avventure
alla luce del futuro,
Noi stiamo incidendo i nostri nomi
nella foresta di pietra del tempo.”
Miriam Waddington, da “Cercando Fragole in Giugno e altre poesie”, 1993 – Traduzione di Daniela Fortezza
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Tavola di Marco Perna per la graphic novel “Valdibisenzio 1917, Donne in marcia contro la guerra”
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