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Toyo Shibata: “Vorrei sognare e salire su una nuvola”

30.12.2021

“Si può amare anche a novantotto anni! Vorrei anche sognare! E salire su una nuvola” 

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“Quando qualcuno
mi ha fatto una gentilezza,
io l’ho depositata nel mio cuore.
Nei momenti tristi
l’ho tirata fuori
e ho riacquistato il buon umore.
Anche tu, d’ora in poi,
metti da parte le gentilezze
e abbine cura
ancor più dei soldi della pensione!”

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“Quando sono triste guardo il cielo:
nuvole che hanno l’aspetto di una famiglia,
nuvole simili alla cartina del Giappone.
Ci sono anche nuvole che si divertono ad inseguirsi.
Ma dove andranno tutte quante?
Al tramonto, le nuvole tinte di rosso,
di notte, le stelle del firmamento.
Anche tu devi trovare il tempo
di alzare lo sguardo al cielo!”

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“Ho lasciato entrare
il vento che batteva
alla porta a vetri,
poi sono arrivati
anche i raggi del sole,
e abbiamo iniziato a parlare in tre.

“Vecchietta,
non ti senti sola?”
mi chiedono il vento e i raggi del sole.
Rispondo loro che in fondo al proprio cuore
gli esseri umani sono sempre soli.

Che bello vivere spensierati
e senza imposizioni!

Insieme abbiamo riso
nelle prime ore del pomeriggio.”

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“Ehi, non sospirare
rammaricandoti per la tua sfortuna!

I raggi del sole e la brezza
sono imparziali,
e si può ugualmente
sognare.

Per quanto abbia sofferto,
sono felice
di aver vissuto la mia vita.

Non perderti d’animo neppure tu!”

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Preferisco il cavallo
che, pur trovandosi
dietro a tutti gli altri,
al momento giusto
fende il vento e con tutto se stesso
riguadagna posizioni.
“Forza,
non mollare!”
urlo verso il televisore.

Anche se all’inizio sei ultimo,
se ti impegni puoi arrivare primo.
Tu, di certo,
puoi farcela!”

a destare speranza?”

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Quando ero in piedi accanto alla porta di servizio
o piangevo davanti al lavandino
perché sul posto di lavoro
qualcuno mi aveva trattato male,
da qualche parte
un grillo cantava.
“Tieni duro! Tieni duro!”
mi diceva coi suoi cri cri.

Sono passati ottant’anni
e da allora
i grilli sono miei amici.

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“Il cielo che si vede
dal letto
dell’ospedale
è sempre delicato.

Le nuvole che danzano
mi fanno sorridere,
e i tramonti
mi mondano il cuore.

Domani però sarò dimessa.
Grazie
per questo mese!

Da casa
ti saluterò agitando una mano
per dirti che non ti ho dimenticato!”

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“Un’intelligenza maligna ti ha sottratto
i soldi risparmiati
per la famiglia.
Quanta frustrazione e amarezza
Avrai provato?
Più si è onesti
e più si viene truffati.
Incolpi te stesso?
Fatti forza,
dimentica poco alla volta
e fatti coraggio.

Di te
Qualcuno si preoccupa.
Non hai forse una famiglia?

Ehi, di certo
Soffierà presto un vento propizio!”

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“Ehi,
ma cosa è successo?
Mentre guardavo la televisione
non potevo far altro che unire le mani in preghiera.

Immagino che il cuore di tutti voi
sia tuttora agitato da scosse di assestamento
e che le vostre ferite si stiano ulteriormente
approfondendo.
Su quelle ferite
vorrei applicare una medicina.
E’ il desiderio di tutti
e credo che ne sarei in grado anch’io.
Fra non molto compirò cento anni
e il giorno in cui andrò in cielo
è ormai prossimo.

In quel momento mi trasformerò nei raggi del sole
e in una delicata brezza,
e vi sosterrò.

Probabilmente d’ora in avanti
dovrete affrontare molti giorni duri,
ma di certo prima o poi un nuovo giorno inizierà.
Non perdetevi d’animo!”

Toyo Shibata, da “Se sei triste guarda il cielo”

(Toyo Shibata comincia a scrivere poesie all’età di 92 anni; lo fa per vincere il dolore di aver dovuto rinunciare alla passione di una vita: la danza classica. Lo fa spronata da suo figlio Kenichi e incoraggiata dalla pubblicazione di alcuni versi su un giornale locale.  Lo fa con una raccolta auto-pubblicata di 42 poesie:  Kujikenaide (Non scoraggiarti). Ed è il successo, immediato, clamoroso: il libro vende più di un milione e mezzo di copie, diventando un bestseller. A quanto pare, un caso unico, in Giappone. Nel 2011, all’età di 100 anni,  Toyo pubblica la sua seconda raccolta, Momotose (Cento anni). L’anno successivo, Shibata Toyo, la “nonnina della poesia”, si spegne in una casa di riposo: è il 20 gennaio del 2013)

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