“Due virus circolano oggi in Italia, biologico l’uno, il coronavirus – che ha immediatamente conquistato l’arena mediatica; immateriale, l’altro, il virus della paura. Fatto di chiacchiere, impressioni, reazioni emotive, parole, quest’ultimo sta dilagando molto più velocemente del primo, attraverso la rete e le agenzie di stampa, contagiando un numero di persone enormemente più elevato di quello toccato dal virus biologico, di tutte le età e condizioni e ben al di là della famosa «zona rossa», blindata da cordoni sanitari e quarantene.
Si tratta di un virus pericoloso, che riceve una copertura mediatica senza precedenti per nessun evento o catastrofe nell’Italia contemporanea. Capace di diffondere il panico, di paralizzare gli sforzi necessari a contenere la diffusione dell’«altro» virus, di dilatare gli effetti sull’economia e di «disunire» l’Italia, come stiamo vedendo in queste ore. Non per niente era la paura stessa durante le crisi epidemiche a incutere i più grandi timori negli antichi magistrati di sanità che dovevano governare l’emergenza. Ben consapevoli che la diffusione di una malattia mortale e contagiosa non incideva solo sulla salute fisica, alimentando la «fobia da contatto».
Gli sforzi delle autorità sanitarie per dominare la paura e l’irrazionalità, capaci di rendere le popolazioni «più proclivi ai morbi», trovano nuovi argomenti in tutte le epidemie, impreviste e imprevedibili, fino alla Spagnola. Ma in quel 1918, a guerra non ancora conclusa, il carico di angoscia e di ansia non trova voce e spazio nei giornali per il divieto di evocare persino il nome della «madre di tutte le influenze» che avrebbe contribuito a «deprimere lo spirito pubblico».
L’infezione da Coronavirus non è la Spagnola. L’infezione da Coronavirus è ancora un’epidemia più mediatica che medica, con una diffusione circoscritta, grazie alle severe misure cautelative adottate, e con tassi di mortalità molto vicini a quelli dell’influenza. Occorrerebbe interrogarsi forse su che cosa ha innescato il virus della paura, ingiustificata, irragionevole, su cui s’infrange la voce della scienza e l’evidenza dei numeri. Non sarà, a fare paura, il termine stesso di «contagio», in cui s’intrecciano i concetti di «diffusione», «epidemia», «infezione», «trasmissione», «mescolanza»? Angosce, paure, reazioni emotive appartengono al presente quanto al passato. Mentre la scienza sta mettendo a punto un efficace vaccino immunizzante e altre strategie terapeutiche, s’impone la necessità di addomesticare la paura nei confini della nostra cultura, operando secondo ragione.
Eugenia Tognotti, “La paura fa più danni che il coronavirus. L’altra epidemia che dilata gli effetti di quella medica”
(Eugenia Tognotti, docente di Storia della medicina presso l’Università di Sassari)