“Ho trovato la schiavitù cieca, che lega il presente degli uomini al passato dei loro genitori, e li spinge a sottomettersi alle loro tradizioni e ai loro costumi, collocando spiriti antichi entro corpi nuovi.
Ho trovato la schiavitù muta, che vincola la vita di un uomo a una moglie che aborre, e pone il corpo di una donna nel letto d’un marito odiato, uccidendo lo spirito in entrambe le vite.
Ho trovato la schiavitù sorda, che soffoca il cuore e l’anima, riducendo l’uomo a l’eco vuota di una voce, alla pietosa ombra del suo corpo.
Ho trovato la schiavitù zoppa, che sottopone la nuca dell’uomo al giogo del tiranno e sottomette corpi forti e menti deboli ai figli della Cupidigia perchè ne facciano strumenti del loro potere.
Ho trovato la schiavitù brutta, che discende con gli spiriti dei fanciulli del vasto firmamento fino alla casa della Miseria, dove il Bisogno vive accanto all’Ignoranza, e l’Umiliazione coabita con la Disperazione.
E i fanciulli crescono infelici, e vivono come criminali, e muoiono disprezzati come reietti di cui è negata l’esistenza.
Ho trovato la schiavitù sottile, che intitola alle cose nomi diversi dai propri, e chiama intelligenza la scaltrezza, sapere la vacuità, affetto la debolezza e codardia un deciso rifiuto.
Ho trovato la schiavitù contorta, che fa muovere la lingua dei deboli per la paura, inducendoli a parlare al di fuori dei loro sentimenti, talché fingono di meditare sulla loro condizione mentre non sono che sacchi vuoti, che perfino un fanciullo può ripiegare o appendere.
Ho trovato la schiavitù sottomessa, che induce un paese a osservare le leggi e i costumi di un altro paese, mentre la sottomissione aumenta di giorno in giorno.
Ho trovato la schiavitù perpetua, che incorona re i figli dei monarchi, senza alcuna considerazione per il merito.
Ho trovato la schiavitù nera, che pone il marchio indelebile dell’infamia e del disonore su figli innocenti dei criminali.
Meditando sulla schiavitù, si scopre ch’essa possiede i poteri perversi della continuità e del contagio.
Quando fui stanco di seguire i secoli dissoluti, e stufo di contemplare processioni d’uomini di pietra, camminai solo nella Valle dell’Ombra della Vita, dove il passato si sente in colpa e tenta di nascondersi, e l’anima del futuro ripiegata su se stessa riposa troppo a lungo.
Là, sulla sponda del fiume del Sangue e delle Lacrime, che strisciava come una vipera velenosa e si torceva come i sogni d’un criminale, udii i sospiri atterriti dei fantasmi degli schiavi, e fissai smarrito il nulla.
Quando giunse la mezzanotte e gli spiriti emersero dai loro nascondigli, vidi uno spettro cadaverico e morente cadere in ginocchio e fissare la luna.
Mi avvicinai e gli chiesi: ”Come ti chiami?”
“Mi chiamo Libertà”, rispose quella spettrale ombra cadaverica.
“Dove sono i tuoi figli?”, domandai.
E la Libertà, con le lacrime agli occhi, mormorò debolmente: ”Uno morì crocifisso, un altro morì pazzo, e il terzo non è ancora nato”.
Se ne andò zoppicando e continuando a parlare, ma gli occhi velati e i lamenti che mi salivano del cuore m’impedirono di vedere e udire.”
Kahlil Gibran, “I lacci della schiavitù”, da “Il cantico della felicità: caleidoscopio sulla pace del cuore”