Dedica in un volume di poesie:
“Eri la bara da cui sono uscito per barare.”
Duellarono.
E mentre duellavano, la sabbia del deserto dov’erano si accumulava al bordo dei loro piedi, lentamente, granello dopo granello, e si arrampicava su per loro, granello su granello la sabbia si arrampicava su per loro. Duellarono oltre. La sabbia rivestì i loro piedi, i loro stinchi, le loro ginocchia, le loro cosce. Non si fermarono. La sabbia però, la sabbia del deserto proseguiva la sua opera. Già copriva le loro anche, i loro petti, già formava una camicia sulle loro spalle.
E una seconda, terza e millesima camicia……
E iniziò da capo: scarpa di sabbia, calza di sabbia, camicia di sabbia
Solo le loro lame rimasero lucide e si facevano così male, che ai padrini si arrestarono i cuori.
L’una porta risponde all’altra, e lui – lo stolto – che sta innanzi alla prima, alt! vuole aver colto un segno a lui diretto e crede – sì, cosa crede allora? Crede di dover bussare ancora.
Il poetare autentico è antibiografico. La patria del poeta è la sua poesia, essa cambia da una poesia all’altra. Le distanze sono quelle antiche, eterne: infinite come il cosmo in cui ogni poesia cerca di affermarsi quale – minuscola – stella. Infinite anche come la distanza tra il suo io e il suo tu: da entrambi i lati, da entrambi i poli viene gettato il ponte: in mezzo, a metà strada, là dove è previsto il pilastro portante, da sopra o da sotto, è il luogo della poesia. Da sopra: invisibile e incerto. Da sotto: dall’abisso della speranza in un lontano, infuturato prossimo.
La parola in una poesia è occupata solo parzialmente dai vissuti dell’autore; un’altra parte viene occupata di vissuti dalla poesia; un’altra ancora rimane libera, ossia “occupabile”.
Microliti sono, pietruzze appena percepibili, lapilli minuscoli nel tufo denso della tua esistenza – e ora tenti, povero di parole e forse già irrevocabilmente condannato al silenzio, di raccoglierli a cristalli? Rifornimenti sembri attendere – donde dovrebbero venire, di’?
Le poesie sono formazioni porose: la vita scorre e filtra qui dentro e fuori, imprevedibilmente bizzarra, riconoscibile e in incognito.
La poesia è in quanto poesia oscura, è oscura perché è poesia. Con ciò, con questa oscurità congenita mica intendo però quei cozzi lichtenberghiani di libri e teste dei lettori ove non sempre suona vuoto il libro; al contrario, la poesia vuol essere compresa, vuole proprio perché è oscura essere compresa: come poesia, come “buio poetico”. Ogni poesia reclama dunque comprensione, voler comprendere, imparare a comprendere.
Chi dispone di “parole”, la lingua gli si nega. Chi si dispone alla lingua, anche le parole… lo trovano.
Avrei voluto, certo, tradurre questa o quella poesia in rima. Ma da un po’ vo alla deriva.
Nessuna poesia dopo Auschwitz (Adorno): cosa viene posto qui come idea di “poesia”? La spocchia di chi si pone a considerare o rappresentare ipotetico-speculativamente Auschwitz da una prospettiva a volo d’usignolo o di tordo.
Le poesie non cambiano certo il mondo, ma cambiano l’essere-nel-mondo.
Cos’è un anno nuovo?
Un numero di circo non annunciato nel programma.
Cos’è una tristezza?
Un foglio bianco tra altri colorati.
Cos’è un veglione?
Una mela acerba in cui s’è piantata una lancia.
Cos’è la donna amata?
Quasi niente, ma forse potrebbe essere un fiocco di neve.
Paul Celan, da “Microliti”
I “Microliti” sono una raccolta di aforismi, abbozzi narrativi e frammenti di poetica, che Celan compose in un arco di tempo compreso tra il 1947 ed il 1970: il primo documento è in rumeno, l’ultimo in francese. A definirli in questo modo fu il loro stesso Autore, che, già a partire dall’opera “Grata di parole” (1959) voleva far sì che la sua poesia si immergesse nelle più oscure profondità dell’animo umano:
“La poesia è in quanto poesia oscura, e oscura perché è poesia. Con ciò, con questa oscurità congenita mica intendo però quei cozzi lichtenberghiani di libri e teste dei lettori ove non sempre suona vuoto il libro; al contrario, la poesia vuol essere compresa: come poesia, come “buio poetico”. Ogni poesia reclama dunque comprensione, voler comprendere, imparare a comprendere“.
E ancora: ““Oscura” è la poesia innanzitutto nella sua datità, nella sua oggettualità, oggettività, oscura dunque nel senso di una opacità comunque fenomenica, propria a ogni soggetto; nel senso dunque che vuol essere compresa per se stessa, come un dato.“
“Come nelle case degli ebrei (in memoria di Gerusalemme distrutta), bisogna lasciare sempre qualcosa di incompiuto. Ricordare in poesia – ricordare come assenza“.
Celan non offre dunque molte chiavi di interpretazione del suo lavoro, però la poesia “Sotto il tiro dei presagi” contiene alcuni versi emblematici:
“Non scriverti
tra i mondi,
imponiti alla
varietà dei significati,
confida nella scia di lacrime
e impara a vivere”