“Un ragazzino provò un immenso dispiacere nel trovare la sua tartaruga a pancia all’aria, immobile e senza vita accanto allo stagno. Suo padre fece del suo meglio per consolarlo: “Non piangere, figliolo. Prepareremo un bel funerale per la signora Tartaruga; le costruiremo una piccola bara tutta foderata di seta e chiederemo al becchino di porre sulla tomba una lapide con inciso il nome della signora Tartaruga. Poi le porteremo ogni giorno dei fiori freschi e porremo tutt’intorno un piccolo steccato”. Il bambino si asciugò gli occhi e si dichiarò entusiasta dell’idea. Quando tutto fu pronto, il padre, la madre, la cameriera e il bambino in testa partirono in corteo marciando con aria solenne verso la stagno dov’era la morta. Ma questa era scomparsa. All’improvviso scorsero la signora Tartaruga che emergeva dal fondale del laghetto, nuotando allegramente. Il piccolo fissò la sua amica in preda a profonda delusione ed esclamò: “Uccidiamola“.
Ciao, Silvia,
speravamo che il tuo ritorno venisse accolto in maniera diversa, non con questo frastuono assordante e becero.
Un accanimento mediatico può uccidere. Ti uccide dentro questo gusto perverso di frugare nel privato, la stupida pretesa di “sapere” cosa hai passato, di poter dare delle spiegazioni standosene in panciolle dentro casa e con il classico occhietto ammiccante di chi dice: “Eh, ma io lo so perché ti sei convertita, che ti credi?!” Ma queste domande hanno un senso, uno qualsiasi?
Sono le frustrazioni personali che diventano disumanità… Lo stesso squallido copione già messo in scena per il caso delle “due Simone“…
Cosa si nasconde dietro ogni commento? Quanti irrisolti, quante domande, quante frustrazioni, quanta leggerezza in quei macigni.
Le parole lasciano segni, anche se vuote, senza significato, lasciano graffi, soprattutto a chi le dice, perché così alimentano l’insoddisfazione, riempiendo una sacca maleodorante di cinismo, ignoranza e schiavitù.
Si, schiavi, della finta libertà. Posso dire ciò che voglio. Ma prima pensa se ciò che dici non sia piuttosto ciò che vuoi per te stesso.
È un gas che avvelena.
Ma chi potrebbe mai ergersi a giudice di ciò che hai passato, chi può esser in grado di capire quanto tutto questo possa averti trasformata? E poi, se in questo modo, con quella conversione, hai trovato la sua pace, ben vengano altre mille conversioni!
Ma già, c’è sempre gente che non può accettare una buona notizia, c’è sempre qualcuno che ci deve trovare il marcio, perché il marcio lo ha dentro ma non se ne accorge.
Il problema è che riuscire a rispettare gli altri e se stessi non è facile… e allora, quando qualcosa non è facile, spesso si trovano mille scuse e attenuanti, pur di non guardare la propria frustrazione, pur di continuare a non voler fare i conti con il lato meschino del proprio sé. Ciò vuol dire che siamo condannati a restare parecchio sotto la soglia di comprensione minima necessaria per formulare un pensiero che sia rispettoso, un pensiero che preveda almeno la categoria dell’empatia, un pensiero che però non può essere ammesso, altrimenti si ferma il gioco.
È facile lasciarsi colpire dalla sabbia negli occhi. Difficile capire il vento che la muove. In parte il veicolo con cui il vento la muove è il linguaggio: per questo è indispensabile trovare un tipo di linguaggio nuovo, empatico, emozionale, l’unico che ci potrebbe permettere veramente di capire. Un linguaggio capace di usare non solo i classici strumenti della logica (o di quella che riteniamo tale, in genere per coprire le nostre posizioni di comodo), ma che sappia essere intuitivo, folgorante. Che sappia farsi fulmine o magari, più umilmente, battito d’ali di una semplice e colorata farfalla.
Bentornata tra noi, Silvia, bentornata tra le braccia di tua madre.
YUNUS
(Il 20 novembre del 2018, Silvia Romano, durante la sua seconda missione di volontaria nell’Associazione “Africa Milele Onlus”, venne rapita a Chakama, in Kenya. Liberata dopo 18 mesi di prigionia, si convertì all’islam prendendo il nome di Aisha. Il suo ritorno in Italia fu quindi accompagnato da un’ondata di polemiche: le reazioni legate proprio alla sua scelta di vita furono feroci, a tal punto che Silvia e la sua famiglia diventarono bersagli degli hater)