Pensieri

La bellezza dell’anima

08.01.2022

“Ecco dove l’intero discorso viene a toccare la quarta specie di delirio: quello per cui quando uno, alla vista della bellezza terrena, riandando col ricordo alla bellezza vera, metta le ali, e di nuovo pennuto e agognante di volare, ma impotente a farlo, come un uccello fissi l’altezza  e trascuri le cose terrene, offre motivo d’essere ritenuto uscito di senno. Quel delirio, dico, che è la più nobile forma di tutti i deliri divini e procede da ciò che è più nobile, tanto per chi ne è preso quanto per chi ne partecipa; e chi conosce questo rapimento divino, ed ami la bellezza, è detto amatore. Perché, secondo quanto s’è detto, ogni anima umana per sua natura ha contemplato il vero essere, altrimenti non sarebbe penetrata in questa creatura che è l’uomo. Ma non per tutte le anime è agevole, partendo dalle cose terrene, far affiorare nella memoria quel vero essere, non per quelle che ebbero lassù una visione rapidissima di quelle realtà, non per quelle che, quando sono crollate a terra, ebbero mala sorte cosicché, stravolte verso l’ingiustizia da certe compagnie, dimenticarono quanto allora videro di santo. Proprio poche rimangono che possono ancora ricordare in modo bastante; e queste, quando scorgono qualche imitazione delle cose del cielo, vanno in estasi e non si tengono più, pur non sapendo di che patimento si tratti perché la percezione di ciò non è sufficientemente profonda. Ora nelle imitazioni terrene non traspare neppure un raggio di giustizia, di temperanza e di quant’altri beni siano preziosi per l’anima; ma solo pochi, con organi così ottusi, possono a fatica scorgere, accostandosi alle immagini, la natura di ciò che in esse è raffigurato. La bellezza brillava allora in tutta luce, quando nella beata schiera ne godevamo la beatifica visione, noi al seguito di Giove, altri di un altro dio, ed eravamo iniziati a quella iniziazione che si può ben dire la più beatifica di tutte; e la celebravamo integri ed inesperti dei mali che in seguito ci avrebbero atteso, in misterica contemplazione di integre e semplici, immobili e venerabili forme, immersi in una luce pura, noi stessi puri e privi di questa tomba che ora ci portiamo in giro col nome di corpo, imprigionati in esso come un’ostrica …”

Platone, da “Fedro”, 249d-252c
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“Come si può vedere la bellezza dell’anima buona?
Ritorna in te stesso e guarda: se non ti vedi ancora interiormente bello, fa come lo scultore di una statua che deve diventar bella. Egli toglie, raschia, liscia, ripulisce finché nel marmo appaia la bella immagine: come lui, leva tu il superfluo, raddrizza ciò che è obliquo, purifica ciò che è fosco e rendilo brillante e non smettere di scolpire la tua propria statua interiore, finché non ti si manifesti lo splendore divino della virtù e non veda la temperanza sedere su un trono sacro.
Se tu sei diventato completamente una luce vera, non una luce di grandezza o di forma misurabile che può diminuire o aumentare indefinitamente, ma una luce del tutto senza misura, perché superiore a ogni misura e a ogni qualità; se ti vedi in questo modo, tu sei diventato ormai una potenza veggente e puoi confidare in te stesso. Anche rimanendo quaggiù tu sei salito né più hai bisogno di chi ti guidi; fissa lo sguardo e guarda: questo soltanto è l’occhio che vede la grande bellezza.
Ma se tu vieni a contemplare lordo di cattiveria e non ancora purificato oppure debole, per la tua poca forza non puoi guardare gli oggetti assai brillanti e non vedi nulla, anche se ti sia posto innanzi un oggetto che può essere veduto. È necessario, infatti, che l’occhio si faccia uguale e simile all’oggetto per accostarsi a contemplarlo. L’occhio non vedrebbe mai il sole se non fosse già simile al sole, né un’anima vedrebbe il bello se non fosse bella.
Ognuno diventi dunque anzitutto deiforme e bello, se vuole contemplare Dio e la Bellezza”

Plotino, da “Enneadi I, 6, 9

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Nell’immagine: Antonio Corradini, ” Verità velata” (nota anche come “Pudicizia”), 1752

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