Il bove
“T’amo, o pio bove; e mite un sentimento
Di vigore e di pace al cor m’infondi,
O che solenne come un monumento
Tu guardi i campi liberi e fecondi,
O che al giogo inchinandoti contento
L’agil opra de l’uom grave secondi:
Ei t’esorta e ti punge, e tu co ‘l lento
Giro de’ pazienti occhi rispondi.
Da la larga narice umida e nera
Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto
Il mugghio nel sereno aer si perde;
E del grave occhio glauco entro l’austera
Dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il divino del pian silenzio verde.”
Giosuè Carducci, “Il bove”, 23 novembre 1872, pubblicata per la prima volta nella “Strenna bolognese. Raccolta di prose e poesie inedite”, con il titolo “Contemplazione della bellezza“, successivamente inclusa in “Rime nuove” con l’attuale titolo
“Pio bove un corno. Pio per costrizione,
Pio contro voglia, pio contro natura,
Pio per arcadia, pio per eufemismo.
Ci vuole un bel coraggio a dirmi pio
E a dedicarmi perfino un sonetto.
Pio sarà Lei, professore,
Dotto in greco e latino, Premio Nobel, che
Batte alle chiuse imposte coi ramicelli di fiori
In mancanza di meglio
Mentre io m’inchino al giogo, pensi quanto contento.
Fosse stato presente quando m’han reso pio
Le sarebbe passata la voglia di fare versi
E a mezzogiorno di mangiare il lesso.
O pensa che io non veda, qui sul prato,
II mio fratello intero, erto, collerico,
Che con un solo colpo delle reni
Insemina la mia sorella vacca?
Oy gevàlt!* Inaudita violenza
La violenza di farmi nonviolento.”
Primo Levi, da “Ad ora incerta”, 1984
(*«Gewalt» vale in tedesco «violenza»; in jiddisch il termine viene usato principalmente come interiezione, ad esprimere estrema e disperata protesta.)
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Immagine: Giovanni Fattori, “Il riposo”, 1887