Riflessioni

Povera filosofia!

12.01.2022

Non posso fare a meno di commentare l’articolo “Il triste mondo dei filosofi-star ridotti a lanciare qualche idea e farne una bandiera“, pubblicato su “Il Foglio” a firma di Alfonso Berardinelli. C’è da dire, ad onor del vero, che l’autore si rifà all’articolo “Quando il pensiero diventa virale” di Massimiliano Panarari, “che propone una mappa di “virus filosofie”. Ma insomma! Non è un tantinello esagerato parlare dei filosofi come “catafratti e impermeabili all’esperienza immediata“, di “manipolatori di coscienze“, di “retori e ipnotizzatori“, intenti a “parlare di qualunque cosa senza neppure pensarci“? E poi, farlo citando quattro esempi in tutto?

Proviamo a discuterne un po’…

Comincerei proprio dal sottolineare che definizioni del genere potrebbero adattarsi bene ad una nutrita schiera di personaggi di nostra conoscenza: virologi, scienziati, politici ecc., i cui giudizi risultano ben più pesanti (per non dire distruttivi) che non le sparate dei filosofi, tutto sommato innocue. Perché, detto fuori dai denti, mi sembra ben più grave sentirsi travolgere dal quotidiano e micidiale balletto di ipotesi sul coronavirus, con l’inevitabile alternanza di speranza e di disperazione, che non ascoltare Giorgio Agamben o Ginevra Bompiani, per i quali la pandemia sarebbe solo “un pretesto attivato dal Leviatano statale per uccidere le libertà sia individuali che sociali“. Chiedo scusa ai due personaggi in questione, ma sarebbe già incredibile trovare i famosi “venticinque lettori“, di manzoniana memoria, che possano onestamente dichiarare di aver letto almeno qualche pagina dei loro scritti.
Con questo non voglio sostenere che ai filosofi non sia mai capitato di dire corbellerie. Anzi, non c’è praticamente filosofo che non abbia accusato un collega di “bêtise” (stupidità) o che addirittura non l’abbia insultato. Ma in fondo, come diceva Rosa Luxembourg, “la libertà è sempre quella di colui che la pensa in modo diverso“, il che peraltro non include l’insulto.

Che poi i filosofi si possano definire “star, come i sofisti greci“, non potrebbe che essere commentato con un “magari!“, se non altro per riaccendere qualche speranza circa le letture di noi italiani…
Quanto poi ai Sofisti, sì, è vero che erano delle star, ma oserei dire… per fortuna! Era gente, che, girando da una città all’altra, osò mettere in discussione una tradizione secolare fondata sul mito, sull’autorità incontrastata della legge, sul carattere assoluto della morale, sull’esistenza di una verità universale.
Era gente che decise di spostare l’attenzione, propria ed altrui, dalla natura all’uomo, di parlare per la prima volta di relativismo della conoscenza, di mettere in evidenza quanto le leggi e gli stessi valori morali possano essere condizionati dalla società, dall’ambiente.
Maestri di retorica? Sì, anche, ma la democrazia ateniese, pur nei suoi limiti, di questo aveva bisogno, di qualcuno che sapesse parlare, difendere una causa, sostenere una tesi, controbattere un’affermazione. Vogliamo metterli a confronto con le attuali star? Tronisti, influencer, opinionisti, il più delle volte incapaci di mettere insieme due parole in croce?
Ma c’è di più, nell’articolo di Berardinelli, che considera la “cosiddetta” vocazione politica della filosofia, come semplice “smania di lanciare sul mercato delle opinioni qualche idea da impugnare“.
Ma sforniamo un giudizio del genere dall’alto dei nostri politici? Di chi si fa trascinare fuori del Parlamento dopo aver dato della tr*** ad una collega? Francamente, auguro a tutti noi di cercare un altro genere di star. Magari proprio tra i filosofi, perché no? Se non altro per trovare un po’ di tempo da dedicare al pensiero, merce – ohimè – sempre più obsoleta. Per carità, non nego che siano a volte noiosi, talvolta criptici, perfino un po’ tronfi, ma sinceramente vi dirò che continuo a preferire loro ai tristi figuri che ogni giorno eleggiamo a nostri numi tutelari.

Maddalena Vaiani

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Nell’immagine: Cornelis Bloemaert : ”Owl with Glasses and Books”,1625 circa

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