“Pronto, pronto! Qui radio uccelli dal querceto,
Trasmettiamo il programma consueto.
Prego ognuno di sintonizzarsi,
Discuteremo sul da farsi,
Chiariremo questioni nebulose:
Anzitutto – come stanno le cose?
Inoltre – dov’è nascosto
L’eco nel bosco?
Chi può lavarsi per primo
Nella rugiada al mattino?
Come capire all’istante
Chi è un uccello e chi un intrigante?
Nei loro interventi
Pigoleranno, cinguetteranno,
Fischieranno, strideranno
Gli uccelli seguenti:
Usignoli, passeri, cardellini,
Galli, picchi, cuculi, beccaccini,
Civette, corvi, cince, cappellacce,
Papere, upupe, storni, beccacce,
Gufi, tordi, picchi, beccofrusoni,
Capinere, cicogne, mestoloni,
Rigogoli, marzaiole, fringuelli
E tanti tanti altri uccelli.
Per primo l’usignolo
Così cominciò:
“Pronto, o, to to to to!
Tu tu tu tu tu tu tu
Radio, radijo, dijo, ijo, ijo,
Tijo, trijo, tru lu lu lu lu
Pio pio pijo lo lo lo lo lo
Plo plo plo plo pron-to!”
Al che il passero trillò:
“Ma che musica è mai questa?
Ah! Mi viene il mal di testa
Per capirla, oibò oibò!
Cip cip ciiip!
Cip cip ciiip!
Usignolo guastafeste,
Non siam mica al circo equestre!
Guardate! Ha rizzato le piume!
“Basta! – grida a tutto volume!
Cip cip ciiip,
Cip cip ciiip!”
E trilla, soffia, strilla,
Cippia, scrippia, zirla,
E alla fine infuriata
Risonò una chicchiriata:
“Cucurìcu! Cucurìcu!”
Urla il cuculo: “Che sento!
Un momento! Un momento!
Cucu-rìcu? Cucu-rìcu?
Malandrino! Non consento!
Prendi ricu e vola via,
Ma il cucu è cosa mia!”
Cucu! Cucu! – ripeteva,
Al che il picchio: toc toc toc!
Ed il gufo ora a gridare:
Ma chi sei? Hai bevuto? Puoi andare!
E la quaglia: vieni qui! vieni qui!
Hai qualcosa? butta qui! butta qui!
Ad un tratto, ma che strano!
Trilli, strilli – che baccano:
“Dallo a me! Butta qua! Un rametto?
Una piuma? Uno spago? Un insetto?
Vieni qui, dammi la metà!
Faccio il nido, mi servirà!
Ma guarda che tipo! Non te lo do!
Non me lo dai? Vergogna, oibò!
Ma che roba! Dovresti arrossire!”
E tutti gli uccelli ad inveire.
La polizia dei pennuti fece irruzione
E così finì la trasmissione.”
“Viene dicembre, nevica e piove
Nina si veste da freddo da neve
Nino si veste da fine dell’anno
Cos’è una fine i bambini lo sanno
Metti il giacchino che il gioco è finito
C’è il bastoncino, finito il gelato
Finito il giorno, sonno che viene
Finito il film, c’è scritto FINE
Finito l’anno, davanti alla scuola
Con le maestre, in mezzo all’aiola
Dopo che nevica, prima che piove
I bimbi fanno un pupazzo di neve
Ma il giorno dopo ha piovuto molto
E quel pupazzo di neve s’è sciolto
Tutti i bambini hanno messo il cappotto
E nell’aiola hanno pianto a dirotto
Nina gridava: “Dov’è finito?”
Nino piangeva: “Dov’è sparito?”
“Ieri era qui, oggi dov’è?”
“Maestra, spiegami! Dimmi perché!”
Non è sparito, è solo nascosto
Non è sparito, ha cambiato di posto
È come l’anno, parte e ritorna
È sempre qui ma ha cambiato di forma
Anche il pupazzo Anno Vecchio è passato
L’uno gennaio sarà squagliato
Lascia ricordi, qualche rimorso
Cambia la forma e diventa Anno Scorso
Ciao Anno Scorso, ciao Nina e Nino
Qui vi saluta lo scrittore Bruno
Perché Anni Nuovi vengono e vanno
Mentre i bambini crescono e stanno
Cambia il poeta, resta la rima
Ed il pupazzo è più bello di prima
Perché ricorda, bambino laggiù
Il vero Anno Nuovo sei tu.”
Bruno Tognolini, “Nino e Nina di dicembre”, da “Nino e Nina tutto l’anno”, 2017
“Un giorno sul diretto Capranica-Viterbo
vidi salire un uomo con un orecchio acerbo.
Non era tanto giovane, anzi era maturato,
tutto, tranne l’orecchio, che acerbo era restato.
Cambiai subito posto per essergli vicino
e poter osservare il fenomeno per benino.
“Signore, – gli dissi – dunque lei ha una certa età:
di quell’orecchio verde che cosa se ne fa” ?
Rispose gentilmente: ” Dica pure che son vecchio.
Di giovane mi è rimasto soltanto quest’orecchio.
E’ un orecchio bambino, mi serve per capire
le cose che i grandi non stanno mai a sentire:
ascolto quel che dicono gli alberi, gli uccelli,
le nuvole che passano, i sassi, i ruscelli,
capisco anche i bambini quando dicono cose
che a un orecchio maturo sembrano misteriose.”
Così disse il signore con un orecchio acerbo
quel giorno sul diretto Capranica – Viterbo.”
Gianni Rodari, da “Parole per giocare”, 1979