Un libro.
Emozionante, emozionato.
Un libro che racconta storie, che dialoga, che si ferma a sfogliare con noi lo spazio di una vita.
E poi tanti altri libri e racconti e storie che vanno a formare le “biblioteche viventi”.
“Menneskebiblioteket“, “Human library“.
L’idea nasce da Ronni Abergel, che nel 1988 fonda a Copenhagen la Ong “Stop Volden” (“Fermate la Violenza“). Con lui ci sono il fratello Dany e altri tre giovani, Asma Mouna, Christoffer Erichsen, Thomas Bertelsen, tutti sconvolti dal razzismo dilagante che ha condannato a morte un loro amico, pugnalato per strada.
Due anni dopo, i quattro giovani decidono di dar vita alla “Human Library Organization“. Perché, come dice Ronni, “come possiamo comprenderci, se non abbiamo l’opportunità di parlarci?”
Quei primi 75 libri e poi gli altri che, da allora, sono andati ad abitare le “biblioteche viventi” di 85 paesi, i “suoi” libri, sono persone, donne e uomini, ognuno dei quali racconta la propria storia. Chi lo desidera, può “prendere in prestito“… un bipolare, un alcolizzato, un profugo, una donna violentata, un soldato, un body mod extreme, un poligamo…
Le loro voci racconteranno: “Per me è molto difficile trovare l’amore“…
“Capisco che il mio aspetto possa essere sconvolgente per alcune persone, ma non sono uno di cui aver paura“…
“Poter spiegare come il mondo appare ai miei occhi mi fa sentire meno solo”…
“La paura che le persone hanno di avvicinarsi a me fa più male della mia malattia“…
“Non voglio dirti come amare. Ti parlerò dell’amore e di come abbia più amori nella mia vita“…
“Ho lasciato le foto della mia infanzia, di una vita a cui non tornerò più, perché non ho avuto altra scelta“…
“Ogni libro umano dalla nostra libreria, rappresenta un gruppo della nostra società che è spesso soggetto a pregiudizi, stigmatizzazione o discriminazione a causa dello stile di vita, delle convinzioni, della sua disabilità, dello stato sociale, dell’appartenenza ad un’etnia“…
Le librerie viventi funzionano così, sull’incontro tra due mondi, entrambi disposti a mettersi in gioco.
C’è chi volontariamente mette il proprio vissuto a disposizione dei “lettori”, per rompere il muro di solitudine di cui ognuno di noi rischia di diventare prigioniero, perché nessuno di noi è immune dal pregiudizio.
E c’è chi vuole “leggere” per capire, per sfidare i luoghi comuni e gli stereotipi, perché ha capito che “un libro non può essere giudicato dalla copertina“.
Entrambi, il libro e il suo lettore sanno che “ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla“.
Maddalena Vaiani
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L’immagine è presa dal sito bibliotecavivente.org