“Dovevo avere sei anni, quando vissi intensamente un’immaginaria amicizia con una bambina della mia età più o meno.
Sulla vetrata di quella che allora era la mia stanza, e che dava su Calle Allende, su uno dei primi vetri della finestra – ci alitavo sopra.
E con un dito disegnavo una “porta”. Per questa “porta” uscivo nella mia immaginazione, con grande gioia e in fretta, attraverso tutto lo spazio che si vedeva, fino a raggiungere una latteria di nome “Pinzón”… Attraverso la “O” di Pinzón entravo e scendevo fuori dal tempo nelle viscere della terra, dove la mia “amica immaginaria” mi aspettava sempre»
Non ricordo il suo aspetto né il suo colore.
Ma ricordo la sua allegria – rideva molto.
Senza suoni.
Era agile e danzava come se non avesse peso alcuno.
La seguivo in ogni suo movimento, e le raccontavo, mentre lei danzava, i miei crucci segreti.
Quali? Non ricordo.
Ma lei sapeva dalla mia voce tutte le mie cose.
Quando ritornavo alla finestra, entravo per la stessa porta disegnata sul vetro.
Quando? Per quanto tempo ero stata con ‘lei´? non so.
Forse un secondo o migliaia di anni… Ero felice.
Cancellavo la ‘porta´ con la mano e ‘spariva’
Correvo con il mio segreto e la mia allegria nel più remoto angolo del cortile di casa mia, e sempre nello stesso posto, sotto un albero di cedro, gridavo e ridevo.
Sorpresa di essere sola con la mia gran felicità e con il ricordo così vivo della bambina.
Sono passati 34 anni da quando ho vissuto quella magica amicizia e ogni volta che la ricordo, rivive e cresce, sempre di più dentro il mio mondo.”
Dal “Diario di Frida Kahlo. Un autoritratto intimo”
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