“Vi sono scorciatoie
nel cielo,
luna d’estate”
E appare lei: Den Sute-jo, l”abbandonata”.
A volte è vero che un nome contiene un presagio.
“Guardando lo specchio d’acqua,
il salice del fiume
disegna le sopracciglia”.
Den Sute-jo nasce nel 1633 nei pressi di Kyoto. La sua è un’antica famiglia di samurai, che le impartisce un’educazione raffinata. E Den Sute-jo la poesia ce l’ha nel sangue: a sei anni, compone il suo primo haiku.
“Mattina di neve
ovunque a due a due
impronte di zoccoli”
La poesia la segue passo passo.
Il suo maestro è lo stesso del grande Basho e suo marito è anche lui un cultore di haiku. Ma lui la lascia presto: muore quando Den Sute-jo ha soltanto 42 anni e quando ormai la sua poesia, prosciugata dalla cura dei sei figli e della casa, sì è un po’ appassita, come “un crisantemo silvestre nella neve”.
“Non una singola foglia
nemmeno la luna dorme
in questo salice”
Dopo la morte del suo sposo, torna a dedicarsi anima e corpo alla poesia. E poi scopre lo zen, entra in monastero e studia alla “scuola” di Bankei, uno dei più famosi maestri del tempo. La sua casa diventa il tempio di Ryuumon-Ji, dove ora riposa il suo corpo.
“La luna sembra più a suo agio nel cielo,
quando la vedi
attraverso la veneziana di bambù.”
Nell’immagine: Kasamatsu Shiro (1898-1991), “Ikebana “