In primo luogo apparve in cielo, e vi durò per alcuni mesi prima della peste, una stella fiammeggiante, o cometa, così come un’altra fece la sua comparsa due anni dopo, un po’ prima dell’incendio di Londra: le vecchie, e quella parte dell’altro sesso affetta da ipocondria tendente all’imbecillità, che potrei quasi dire essere anch’essa composta di vecchie, notarono (quantunque, specie in seguito, non lo facessero finché non furono inflitti entrambi quei castighi di Dio) che quelle due comete passavano direttamente sulla City, e così vicino alle case, che era evidente esse annunciavano qualche malanno destinato soltanto alla City; la cometa di prima della pestilenza era di colore pallido, smorto, malsano e il suo moto assai grave, lento e solenne; ma la cometa comparsa prima dell’incendio era luminosa e sfavillante, o, come altri dicevano, fiammeggiante, e il suo moto rapido e frenetico; e, concordi su questo punto, gli uni predissero un castigo assai grave, lento ma spietato, atroce e pauroso, quale fu la peste; gli altri, invece, previdero un colpo di sventura repentino, rapido e violento come fu appunto il grande incendio. Anzi, certe persone furono così precise nei particolari, che mentre guardavano la cometa che precedette l’incendio, fantasticarono non soltanto di vederla passare rapida e sinistra, riuscendo a seguirne il movimento con lo sguardo, ma la udirono persino: faceva un frastuono precipitoso e potente, sinistro e spaventoso, e, sebbene a una certa distanza, tuttavia percettibile. Io vidi ambedue queste stelle; e devo ammettere che avevo nella testa tante credenze popolari, circa tal genere di cose, da essere disposto a considerarle come preannunziatrici e ammonitrici della punizione divina; in particolare, quando, dopo che la peste era seguita alla prima cometa, ne vidi ancora un’altra dello stesso genere, non potei altro dire, se non che Dio non aveva ancora abbastanza flagellato la città. Non potei tuttavia arrivare in proposito al punto cui giunsero altri, in quanto sapevo che gli astronomi attribuiscono fenomeni del genere a cause naturali, e che i loro movimenti e anche le loro rivoluzioni sono calcolati, o si pretende che lo siano; cosicché non si possono propriamente chiamare premonitori o vaticinatori, e molto meno cagioni di tali eventi, quali la pestilenza, la guerra, l’incendio, e così via. Ma quali che possano essere, o essere stati, i pensieri miei, e dei filosofi, questi fenomeni ebbero un’influenza straordinaria sulle menti del popolino, e si avevano, quasi universalmente, tristi presentimenti di qualche spaventosa calamità, o castigo, che fosse per abbattersi sulla città; e ciò principalmente a motivo della vista di questa cometa, e del piccolo allarme che venne dato in dicembre in seguito alla morte di due persone nella parrocchia di St Giles, come abbiamo veduto. I timori della gente venivano analogamente accresciuti in modo singolare dalle idee sbagliate di tempi nei quali, io penso, il popolo – in base a quali princìpi, non riesco a immaginare – era più portato a credere alle profezie, agli scongiuri degli astrologhi, ai sogni e alle storie delle vecchie comari, più di quanto non lo fosse prima o in seguito. Non so se questa infelice disposizione sia stata originariamente provocata dalle sciocchezze di certa gente che ne ricavava denaro, stampando cioè predizioni, e pronostici; ma è certo che alcuni libri, quali L’Almanacco di Lilly, Le predizioni astrologiche di Gadbury, L’Almanacco dei poveri di Robin, e cose del genere, spaventarono assai il popolo, e anche alcuni pretesi libri religiosi, uno intitolato Esci di Babilonia, popolo mio, se non vuoi essere partecipe dei suoi mali, un altro chiamato Buoni consigli, un altro ancora Il Monitore di Gran Bretagna, e parecchi di tale specie. Tutti, o gran parte di essi, predicavano esplicitamente o velatamente la rovina della città; alcuni individui, anzi, giungevano a tal punto d’audacia, da correre per le strade con le loro predizioni orali, pretendendo d’essere stati mandati dal Cielo a predicare alla città. Uno in particolare, come Giona a Ninive, gridava per le strade: «Ancora quaranta giorni, e Londra sarà distrutta». Non posso peraltro affermare con sicurezza se diceva quaranta giorni o pochi giorni. Un altro correva nudo – tranne che per un paio di mutande – qua e là, gridando notte e giorno, come l’uomo ricordato da Giuseppe, che urlava: «Sciagura a Gerusalemme» poco prima della distruzione di quella città; così questo povero diavolo nudo strepitava: «Oh il grande e terribile Iddio», e non diceva altro, ma ripeteva continuamente quelle parole, con una voce e un atteggiamento pieni di terrore, e con rapida andatura; né alcuno poté mai trovarlo fermo o in riposo o intento a mangiare qualche cosa, almeno per quanto ne abbia sentito dire io. Ho incontrato più volte questo disgraziato per le strade, e gli avrei parlato, ma quello non entrava in conversazione né con me, né con alcun altro, ma levava continuamente le sue grida terrificanti. Questi fatti spaventarono la gente al massimo grado; e specialmente quando trovarono due o tre volte nei bollettini, come ho già notato, che a St Giles c’erano stati un morto di peste o due. Subito dopo questi avvenimenti pubblici ci furono i sogni delle vecchie, o, direi piuttosto, le interpretazioni che le vecchie davano dei sogni altrui; e queste fecero addirittura uscir di senno una quantità di persone: alcuni udivano voci che li ammonivano d’andarsene, perché a Londra ci sarebbe stata una tale moria, che i vivi non sarebbero bastati a sotterrare i morti; altri vedevano apparizioni nell’aria; e mi dev’essere consentito dire, così degli uni come degli altri, e spero senza mancare di carità verso il prossimo, che essi udivano voci che non parlarono mai, e vedevano apparizioni che non sono mai comparse; ma l’immaginazione della gente era veramente stravolta e ossessionata: e non c’è da stupirsi se quelli che stavano sempre con gli occhi fissi al cielo, vedessero forme e figure, immagini e apparizioni, che in sé nulla erano, se non aria e vapore. Qui ci raccontavano che avevano visto, brandita da una mano, la quale usciva da una nuvola, una spada fiammeggiante con la punta sospesa a filo sulla città; là vedevano carri funebri e casse da morto per aria, in viaggio per le esequie; e là ancora mucchi di cadaveri che giacevano insepolti, e cose di questo genere: come appunto l’immaginazione della povera gente impaurita forniva loro materia su cui lavorare. Così l’ipocondriaca fantasia Navi eserciti pugne raffigura, Finché uno sguardo fermo spazza via Le esalazioni della mente impura: E tutto all’elemento naturale – Una nube – riduce e rende uguale.8 Potrei riempire questa storia degli strani racconti che la gente faceva ogni giorno su quanto aveva veduto; e ogni persona era così categorica circa l’aver scorto quanto pretendeva di scorgere, che non c’era verso di contraddirla senza guastare l’amicizia, ed essere considerato, da un lato, zotico e incivile e, dall’altro, profano e ottuso. Una volta, prima che la peste – diversamente da quello che ho detto riguardo alla parrocchia di St Giles – fosse incominciata, vedendo (penso fosse di marzo) una folla di gente per la strada, mi unii ad essa per appagare la mia curiosità, e la trovai tutta intenta a fissare il vuoto, per vedere quanto una donna diceva che era chiaramente visibile a lei, cioè un angelo in veste bianca, e una spada fiammeggiante in mano, ch’egli agitava o brandiva sopra la testa. La donna descriveva con grande accuratezza ogni particolare dell’apparizione; indicava alla gente il movimento e la forma; e il povero popolo assentiva con tanto calore, e con tanta prontezza, che un tale disse: «Sì, vedo tutto distintamente. C’è la spada che più chiara non potrebbe essere». Un altro vedeva l’angelo. Uno proprio la sua faccia, ed esclamò: «Che splendida creatura!». Chi scorgeva una cosa, chi un’altra. Io guardavo con altrettanto impegno che gli altri, ma forse non con altrettanta voglia d’essere suggestionato; e dissi che in verità non riuscivo a veder nient’altro che una nuvola bianca, luminosa da una parte per la luce del sole che vi batteva dall’altra. La donna si sforzava di farmi vedere l’apparizione, ma non poté costringermi ad ammettere che la vedevo; e, invero, se l’avessi fatto, avrei mentito; ma la donna si volse verso di me, mi guardò in faccia, e le saltò in mente che io ridessi; e anche in questo la sua immaginazione la ingannò, perché realmente non ridevo, ma stavo seriamente considerando come la povera gente veniva atterrita dalla forza della sua stessa immaginazione. A ogni modo ella mi voltò le spalle e mi diede dell’empio e del dileggiatore; mi disse ch’era venuto il tempo dell’ira di Dio, che spaventosi castighi divini stavano appressandosi, e che gli schernitori della mia risma sarebbero andati dispersi e alla malora.9 Le persone intorno sembravano sdegnate quanto costei; e io m’accorsi che non c’era modo di convincerli che non ridevo di loro, e che invece di riuscire ad aprir loro gli occhi, sarei stato da loro malmenato. Così li lasciai; e la visione venne tenuta per verità, come la stessa stella fiammeggiante. Anche in pieno giorno feci casualmente un altro incontro; e questo fu percorrendo uno stretto passaggio dalla Petty France10 al camposanto di Bishopsgate, lungo una fila di case di ricovero. Ci sono due cimiteri attigui alla chiesa, o parrocchia di Bishopsgate; uno lo attraversiamo per passare dal luogo chiamato Petty France in Bishopsgate Street, uscendo proprio dalla porta della chiesa; l’altro è di fianco a quel passaggio dove si trovano, a sinistra, le case di ricovero: e c’è un muretto con una staccionata a mano destra, e il muro della City dall’altra parte, più a destra. In questo stretto passaggio stava ritto un uomo, che guardava dentro al cimitero attraverso la staccionata, unitamente a tante persone, quant’era consentito si fermassero – senza bloccare il transito degli altri passanti – per la strettezza del luogo; e quello parlava loro con voce alta e concitata, additando ora un punto, ora un altro, e affermando di vedere uno spettro che camminava laggiù su una pietra tombale. Ne descriveva la forma, l’atteggiamento e le movenze con tanta esattezza, che il fatto che ciascuno non lo vedesse altrettanto bene, costituiva per lui il più grande motivo di stupore del mondo. E soleva gridar d’improvviso: «Eccolo là! Ora arriva da questa parte!». E poi: «S’è voltato!», finché a lungo andare indusse la gente a credervi con tanta convinzione, che l’uno fantasticava: «Lo vedo», e un altro fantasticava: «Lo vedo»; e così egli arrivava ogni giorno provocando uno strano trambusto, considerando che ciò avveniva in un passaggio tanto stretto; finché l’orologio di Bishopsgate batteva le undici; e allora lo spettro, a quel che pareva, si muoveva, e spariva di colpo, come fosse richiamato altrove. Io guardavo tutto serio da ogni parte, e proprio nel momento voluto da costui, ma non mi riusciva di vedere la più piccola parvenza di qualche cosa; eppure questo pover’uomo era talmente sicuro del fatto suo, che gettava la gente in grande costernazione, e la mandava via tremante e spaventata; sinché da ultimo pochi, di quelli ch’erano informati della faccenda, avevano voglia di percorrere quel passaggio, e di notte ben difficilmente qualcuno s’arrischiava a farlo, per qualsiasi motivo. Questo fantasma, come diceva il poveretto, faceva segni alle case, e verso terra, e verso la gente, chiaramente avvertendo – così almeno quelli intendevano – che una gran quantità di persone sarebbe venuta in quel cimitero per esservi sotterrata, come davvero accadde; ma che egli vedesse apparizioni simili, devo far presente che non ci ho mai creduto; né mai potei vedere alcunché del genere coi miei occhi, sebbene guardassi con la massima attenzione possibile. Queste cose servono a mostrare sino a che punto il popolo fosse realmente in preda ad allucinazioni; e appena ebbero sentore dell’appressarsi d’un’epidemia, tutte le loro predizioni parlavano della peste più paurosa, la quale avrebbe devastato la città intera, e anche il regno, e avrebbe distrutto quasi tutta la nazione, sia bestie che cristiani.”