Pensieri

L’economia dopo il Coronavirus

19.01.2022

“La crisi dell’epidemia di covid-19 farà precipitare la fine della globalizzazione liberale dei mercati e l’emergere di un nuovo modello di sviluppo più equo e sostenibile? È possibile, ma non c’è niente di certo. (…)
L’epidemia potrebbe raggiungere il culmine nei paesi poveri, i cui sistemi sanitari non sono in grado di far fronte agli shock, sottoposti come sono stati alle politiche di austerità imposte dall’ideologia dominante degli ultimi decenni.
Inoltre, il contenimento applicato in ecosistemi fragili potrebbe rivelarsi del tutto inadeguato. In mancanza di un reddito minimo, i più poveri dovranno
presto uscire a cercare lavoro, il che rilancerà l’epidemia. In India, il contenimento ha riguardato soprattutto l’allontanamento delle popolazioni rurali e dei migranti dalle città, portando a violenze e sfollamenti di massa, col rischio di esacerbare la diffusione del virus.
Per evitare spargimenti di sangue, abbiamo bisogno di uno Stato sociale, non di uno Stato carcerario.
In caso di emergenza, le spese sociali essenziali (salute, reddito minimo) possono essere finanziate solo con prestiti e liquidità.
In Africa occidentale, questa è un’opportunità per ripensare la nuova moneta comune e metterla al servizio di un progetto di sviluppo basato su investimenti su giovani e infrastrutture (e non al servizio della mobilità del capitale più ricco). Ciò dovrà basarsi su un’architettura democratica e parlamentare più efficace dell’opacità ancora in vigore nell’area dell’euro (dove le riunioni dei ministri delle finanze a porte chiuse continuano a svolgersi con la stessa inefficienza
del periodo della crisi finanziaria).
Molto presto questo nuovo Stato sociale richiederà una tassazione equa e un registro finanziario internazionale, in modo che le persone più ricche e le grandi imprese possano contribuire a quanto necessario.
L’attuale regime di libera circolazione dei capitali, istituito dal 1980-1990 sotto l’influenza dei paesi ricchi (e in particolare dell’Europa), favorisce di fatto l’evasione dei miliardari e delle multinazionali di tutto il mondo. Impedisce alle fragili amministrazioni fiscali dei paesi poveri di sviluppare un’imposta equa e legittima, il che compromette seriamente la costruzione dello Stato.
Questa crisi può essere anche un’occasione per riflettere su un minimo di assistenza sanitaria e di diritto all’istruzione per tutti gli abitanti del pianeta, finanziato da un diritto universale per tutti i paesi a una quota delle entrate fiscali pagate dagli attori economici più prosperi: grandi imprese, famiglie ad alto reddito e patrimonio (quelle ad esempio con un reddito dieci volte più alto della media del mondo, vale a dire quell’1% della popolazione che è il più ricco del mondo).
Dopo tutto, questa prosperità si basa su un sistema economico globale (e tra l’altro sullo sfruttamento sfrenato delle risorse naturali e umane del mondo da
diversi secoli a questa parte). Richiede pertanto una regolamentazione globale che ne garantisca la sostenibilità sociale ed ecologica, compresa l’introduzione di un sistema di controllo dei consumi di carbone per vietare le emissioni più elevate.
Va da sé che una tale trasformazione richiederà un grande ripensamento. Ad esempio, Emmanuel Macron e Donald Trump sono pronti ad annullare i
regali fiscali ai più ricchi fatti all’inizio del loro mandato? La risposta dipenderà dalla mobilitazione tanto dell’opposizione quanto della loro stessa parte. Di
una cosa possiamo essere certi: i grandi sconvolgimenti politico-ideologici sono appena iniziati.”

Thomas Piketty, “Come evitare il peggio. L’economia dopo il Coronavirus” (Traduzione di Anna Maria Lorusso)
(Fonte: La nave di Teseo)

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