“Carissimi ragazzi e ragazze
Questi due mesi e mezzo di didattica d’emergenza hanno cambiato il nostro modo di vivere la quotidianità: la scuola, luogo di incontro, scontro e confronto ha dovuto fare i conti con l’assenza.
Ci è stato sottratto il luogo in cui il dialogo educativo si svolgeva in presenza di voi, studenti/esse dei docenti e di tutto il personale scolastico; una sottrazione necessaria a tutela della salute di tutti ma tremenda per le implicazioni che ne sono derivate.
Già Isaac Asimov, nel 1951, in un racconto intitolato ”Chissà come si divertivano” aveva anticipato uno scenario in cui una scuola meccanizzata, una scuola in cui la tecnologia si prendeva il ruolo principale, lasciava due fanciulli alle prese con la loro solitudine: nell’anno 2157, Tommy e Margie, abituati ad usare solo il computer, ritrovano un libro. Il fatto costituisce un evento eccezionale. Per loro, infatti, un libro stampato è un oggetto antichissimo, sconosciuto e buffo che genera curiosità e perplessità; diventa però anche lo strumento che porta Margie a riflettere sulla sua scuola e a confrontarla con quella del passato e ne emerge il rimpianto di non poter avere il contatto con compagni e insegnanti.
Ebbene questa pandemia ha anticipato gli scenari: come vi siete sentiti me lo avete raccontato – almeno quelli di voi che hanno interagito in modo proficuo – perché, diciamocelo sinceramente, tanti di voi sono scomparsi dal rapporto che abbiamo cercato di mantenere con quella che impropriamente viene chiamata DAD.
Alcuni ci stanno mettendo l’anima, altri lavorano ad intervalli e certi risultano non pervenuti. Questo mi addolora, lo sento come una sconfitta nostra, di tutti noi. Era il momento in cui assumersi la propria responsabilità era una scelta davvero indispensabile, non tanto per il voto ma per cercare di investire nella formazione, mettere cioè i mattoni per la costruzione del vostro/nostro essere futuro.
Ho letto lavori belli e toccanti che mi hanno dato speranza, ma anche quelli che non ho letto mi hanno raccontato molto, comunque: mi hanno raccontato che bisogna trovare la forza dentro di noi per cercare di fronteggiare l’emergenza senza farsi furbi, sperando in una sanatoria che promuoverà tutti/e.
Se il prossimo anno ci chiederà conto delle competenze che siamo stati in grado di costruire, saremo anche chiamati ad aprire gli occhi per guardare in modo diverso a quello che sarà e questo non sarà possibile se abbiamo dedicato il nostro tempo al materasso o ai video games. Più dipendiamo dalla tecnologia più siamo fragili, esseri vulnerabili che hanno bisogno di strumenti critici per interpretare la realtà che stiamo vivendo. Ce lo siamo detti tante volte che uno degli obiettivi principali della scuola è formare cittadini consapevoli, sappiamo bene che è un obiettivo raggiungibile soltanto attraverso un paziente e capillare lavoro che continui in modo coerente anche in questa fase.
La DAD fa quel che può, i protagonisti però dovete essere voi con tutte le vostre forze, con tutta vostra intelligenza. Non siate indifferenti; Antonio Gramsci in ”Odio gli indifferenti” nella lettera del novembre 1917 intitolata “Occorre cambiare noi stessi” diceva: “Scontiamo la nostra leggerezza di ieri, la nostra superficialità di ieri. Disabituati al pensiero, contenti della vita, giorno per giorno ci troviamo oggi disarmati contro la bufera, avevamo meccanizzato la vita, avevamo meccanizzato noi stessi [….], rifuggivamo dagli sforzi! Ci sembrava inutile porre delle ipotesi lontane e risolverle! sia pure provvisoriamente [….] e non vedevamo che l’avvenire sprofonda le sue radici nel presente e nel passato“.
Ecco, siate consapevoli di questo, carissimi ragazzi e ragazze queste parole, che sono distanti quasi un secolo, sono oggi estremamente attuali per iniziare a riflettere su cosa vogliamo essere.
Ho sentito il bisogno di scrivervi perché mi mancate tanto, mi mancano le domande, la vostra presenza allegra o problematica, mi mancate tanto nel vostro essere umani, nel vostro cammino di costruzione del sé e dei se.
Spero di potervi abbracciare presto e di leggere prestissimo i vostri lavori.
Vi voglio bene.”
Daniela Pia