Il racconto della morte di Salvador Allende nella versione di Gabriel Garcia Marquez (mentre secondo la versione ufficiale, il Presidente si sarebbe suicidato)
«Resistette per sei ore, impugnando il mitra che gli aveva regalato Fidel Castro, fu la prima arma che Salvador Allende usò in vita sua. Il giornalista Augusto Olivares che rimase al suo fianco sino alla fine, ricevette numerose ferite e morì dissanguato in un ambulatorio pubblico. Verso le quattro del pomeriggio, il generale di divisione Javier Palacios, riuscì ad occupare il secondo piano, con il suo aiutante capitano Gallardo e un gruppo di ufficiali. Lì, tra le poltrone finto Luigi XV, il vasellame di dragoni cinesi e i quadri di Rugenda del salone rosso, Salvador Allende stava aspettandoli. Aveva un casco da minatore, stava in maniche di camicia, senza cravatta e con i vestiti macchiati di sangue. Impugnava il mitra. Allende conosceva il generale Palacios. Pochi giorni prima aveva detto ad Augusto Olivares che quello era un uomo pericoloso, perché manteneva stretti contatti con l’ambasciata degli Stati Uniti. Come lo vide apparire dalla scalinata, Allende gridò: “Traditore!” e gli riuscì di ferirlo ad una mano. Allende morì a seguito dello scambio di raffiche con questa pattuglia. Poi, tutti gli ufficiali, quasi seguendo un rito di casta, spararono sul suo corpo. Alla fine, un ufficiale lo sfigurò con il calcio di un fucile. Esiste una fotografia: la scattò il fotografo Juan Enrique Lira, del giornale El Mercurio, l’unico autorizzato a fotografare il cadavere. Era tanto sfigurato che, alla signora Hortensia, sua moglie, mostrarono il corpo solo quando stava nella bara. E non permisero che scoprisse il volto.»
Gabriel García Márquez
*****
Nell’immagine: l’ultima foto del presidente Salvador Allende vivo, il giorno del golpe (11 settembre 1973)