“Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno [i ragazzi svantaggiati]. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati.”
Lorenzo Milani, da “Lettera a una professoressa”, 1967
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Scolaro senza scuola
“Ragazzino che sorridevi libero al suono della campanella,
stretto ti stava il banco e lungo, troppo lungo il tempo.
Dove imparerai ora la prossimità del tuo compagno migliore,
dove incontrerai lui e la sua storia mentre ti suggerirà il risultato,
dove ripasserai il libro durante l’intervallo, ora che è tutto un intervallo?
Il sapere sta dietro uno schermo e là rimane,
non lo puoi toccare, non ci sono passaggi vincenti nel cortile della scuola.
Figlio del futuro, dimenticato dai grandi, grave fu la colpa,
Ragazzino che cercasti certezze, chiedesti abbracci
e guadagnasti nuove dure leggi di solitudine.”
Marianna Suar, “Scolaro senza scuola”
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Telemaco Signorini, “Bambina che scrive”
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I
Diffida sempre dei superlativi:
aggraziate hanno le punte a scomparsa.
II
Se disseta a trattini, non estingue
affogare le righe nell’ordito.
III
Giungono giorni da affondo nell’incavo,
non affiora nemmeno il ripescaggio.
IV
Che ti lambicchi a ricercar parole?
Il sorpasso da destra è autorizzato.
V
Assennata e composta la bambina
sorseggia il tedio tutto fino in fondo.
VI
«Potere contrattuale di un fuscello»
mi disse, calmo e secco, scarrafone.
VII
Avvelenano i pozzi alla riserva.
Gomitate sghignazzano compari.
Anna Maria Curci, “Distici del doposcuola”
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Jessie Willcox Smith, “Tenuta dentro”, 1902
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Educare
“Educare è equipaggiare il motore di una barca…
Serve prendere le misure, pesare, equilibrare…
e mettere tutto in funzione.
Ma per questo si deve avere nell’animo un po’ del marinaio… un po’
del pirata… un po’ del poeta… e un chilo e mezzo di pazienza
concentrata.
Ma è consolante sognare, mentre si lavora, che quella barca, quel
bambino, prenderà il largo, se ne andrà lontano.
Sognare che quel bastimento porterà il nostro carico di parole verso
porti distanti, verso isole lontane.
Sognare che quando si sarà messa a dormire la nostra barca, nuove
barche porteranno inalberata la nostra bandiera.”
Gabriela Mistral, “Educare”
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Angela piange perché non sa parlare
“Angela piange perché non sa parlare,
perché non sa nessuna lingua e si sente muta,
intuisce che una catena stringe il suo silenzio
a un’esplosione di volti, il suo balbettio
a un passato che appena conosce, tormento privato
che non si può neanche raccontare
tanto è comune, e sordo. Eppure parla,eppure sa di non saper parlare.
Per questo scoppia in lacrime, nell’ora
di biologia, davanti alla lavagna.”
Fabio Pusterla, da “Pietra sangue”, 1999
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Immagine dal web
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Per una insegnante cattiva
“Le buone, le scientifiche
ragioni? Come sempre
le avrai, tu rigorosa
sempreverde serpeverde che assicuri
il bene dei ragazzi e dei futuri
calcolatori integerrimi, pronti a farsi
complici di una cosa ottimamente
prevista progettata senza un’ombra
di vaga, dispersiva umanità.
Le buone, le scientifiche ragioni
oggettivate sempre e come sempre
naturalmente incolpevoli. Alla sgraziata
fanciulla che singhiozza e perde muco
e trema contro un muro e picchia i pugni,
a quegli sguardi muti
chini come su un gorgo, che ti dicono
quanto male tu faccia e rappresenti,
agli umili e ai perdenti
auguri sorridendo buona estate.
Troppo onesti,
troppo davvero buoni,
questi ragazzi che hanno disimparato
a contrapporsi.”
Fabio Pusterla, da “Argéman”, 2014
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“Cosa vuole che s’impari,
con dieci ore al giorno?Certe volte la scuola
mi somiglia allo zapping:
premi un tasto, cambia l’ora,
e via con una roba che non c’entra
un’emerita con quella precedente.
E poi immagazzinare, registrare a memoria… Conta questo, per voi.
Ma imparare è un’altra cosa, professore:
c’è bisogno di tempo, fallimenti,
dormite sotto a un albero per potere
imparare davvero.
Me lo dà, lei,
il permesso di sbagliare,
di perdermi in un sogno?”
Massimo Gezzi, da “Sempre mondo”, 2022
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Foto di John Chillingworth/Getty Images
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“Otto anni e ancora non sai fare le addizioni
per questo ti correggo troppo duramente
allora chiedi
“ma tu non sbagliavi mai?”
e come posso dirti che facevo sempre tutto bene
ero troppo bravo troppo grande per la mia età
spiegavano i medici come adesso lo sono per la tua
così racconto una bugia “certo che sbagliavo anch’io”
vedi, inventiamo un’infanzia che ci assomigli
per riempirla delle cose che avremmo meritato
tu un padre più paziente
io la matematica contata su cinque dita.”
Francesco Tomada, “Compiti per casa”
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Ferdinand de Braekeleer il Vecchio, “La scuola del villaggio”, 1854
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Il mio insegnante non era gentile come il tuo
“Il mio insegnante non era così gentile come il tuo.
Il suo nome era Mister Unsworth e insegnava storia.
E quando non sapevi la data ti prendeva per l’orecchio
E iniziava a contorcerti mentre eri lì seduto, paralizzato dalla paura.
Ti torceva e torceva e torceva l’orecchio e te lo torceva sempre di più.
Finché alla fine l’orecchio si staccava e cadeva sul pavimento.
La nostra era una classe piena di ragazzi con un orecchio solo. Sono sicuro che fossero otto.
Che se li erano fatti strappare perché non conoscevano una data.
Quindi lodiamo adesso gli insegnanti, oggi sono tutti così bravi
E il tuo in particolare è assolutamente divino.”
Roald Dahl, poesia inedita che lo scrittore inviò nel 1990 alla Priory School nel Dorset e della cui scoperta fu data notizia sul “Bristol Evening Post” il 20 ottobre 2003
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Ciò che m’insegnano i miei studenti
“Federico
mi dice che qui fa troppo freddo
ma c’è scelta.
Una mattina esci,
il cofano dell’auto è semi-aperto;
tre candelotti di dinamite
ed è la terza volta questa.
A Salvador fiuti l’antifona:
ti squagli.
Ginny Fung
scrive dell’amore
fra lei e suo marito.
Il primo inglese che imparò
furono insulti.
Quelle facce
sapeva leggerle
in qualsiasi lingua.
Cyrous
nell’attimo più intenso della vita
scrive un vago omaggio
ad armonia del mondo e fratellanza.
Quando lo contesto,
dice
sono un Baha’i dell’Iran.
Questo è per i miei amici,
non vogliono che sembri idiota.
Annuisco in silenzio mentre spiega
che fu costretto a guardare
quando le lame calarono
e le loro teste caddero per strada.
Leong Hiu
che adesso si firma Lisa
non vede suo fratello
dalla notte in cui
i pirati lo imbarcarono nel Mar della Cina,
mi dice che le piace l’inverno qui
perché quando si sveglia
c’è una coltre di stelle bianche sul terreno.
Shatha
racconta alla classe
vado a trovare mia madre dopo il lavoro
per badare ai bambini di mia sorella
quando le sirene suonarono.
Ci nascondemmo sotto il tavolo
coprendo le mie nipoti con i corpi
mentre bombe mandavano in frantumi la teiera
Ovunque schianti, pareva non avere fine.
Quella sera alla TV
guardavate: Desert Storm.
Dan
dice che iniziò in aprile.
Due milioni di noi, signore,
in Piazza, ero così fiero d’essere cinese.
Ero un giornalista
quando l’ufficiale entrò nell’ ufficio
e disse, basta storie!
Ero così furente che mollai.
Quando a giugno i cingolati giunsero
– fuggimmo alle urla,
troppo atterriti per guardare indietro.
Ora non scrivo più, studio i computer
Fardad
parla di un viaggio al fronte col suo amico
che chiese di guidare.
Ci fermammo per l’acqua.
Mi allontanai un momento.
Quando uscii,
un missile: non ne rimase nulla.
Alla corte marziale, sua madre mi urlò
che avrei dovuto esserci io al suo posto.
E io,
io che cosa so.
Sono un uomo sulla battigia
dove arrivano le barche.”
Bruce Hunter (poeta e scrittore canadese), “What My Students Teach Me” –
Traduzione di Andrea Sirotti
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Foto di Simone Venditti
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Il preside ha indetto una riunione
“Il preside ha indetto una riunione;
ci parla dei programmi, da svecchiare:
basta con Manzoni, una ciofèca!
propone Boris Vian o Dylan Thomas.
Passiamo poi in rassegna i nostri alunni,
sia nel profitto che nella condotta.
«Questa qui finirà male – dice –
sappiamo come vanno queste cose:
alcol o droga, una disadattata».
Strano destino, quello dei poeti:
leggetene le opere, ragazzi,
non la vita.”
Antonio Turolo, da “Corruptio optimi pessima” 2007
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Lorenzo Viani, “Scolara alla lavagna”, 1920
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La ragazzina che sto per bocciare
“La ragazzina che sto per bocciare:
tredici anni al massimo,
mai visto in vita mia niente di simile
zero cultura, zero ideologia,
soltanto un’anarchia vitale originaria.
Si butta per terra
dice le parolacce tira i sassi
strappa quaderni e libri.
Le oppongo
una faccia impassibile, di bronzo.
Lei mi guarda con odio ma non sa
quanto io internamente le assomiglio.”
Antonio Turolo, da “Corruptio optimi pessima”, 2007
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Nell’immagine in evidenza: Nikolai Bogdonov Belsky (1868-1945), “Il desiderio di scuola”