Linguaggi

Zaher Rezai: “Il vento restituisca alla mia Patria il mio profumo”

27.01.2022

“Giardiniere, apri la porta del giardino; io non sono un ladro di fiori,
io stesso mi son fatto rosa, che bisogno ho di un altro fiore qualsiasi”

Zaher Rezai

Zaher, che non ha mai potuto frequentare la scuola, scrive versi di struggente bellezza. Con chi parli, Zaher? Forse con Dio, l’unico tuo amico…

“Tu porti il profumo delle gemme che sbocciano,
sei come un fiore di primavera

È dolce il tuo affetto
amo parlare con te

Tu sei un amico incantevole
sei una seta di passione e bellezza”

Zaher Rezai

Era fuggito dall’Afghanistan, Zaher, era scappato dalla guerra, dalla morte.
Si era rifugiato in Iran.
Era solo un bambino, Zaher.

Ma “in Iran non si può stare, in Afghanistan non possiamo tornare”.

Resta soltanto il mare: la paura, la speranza, l’unica strada ancora aperta.
L’unica salvezza dal non-ritorno.

“Io che sono così assetato e stanco forse non arriverò fino all’acqua del mare.
Non so ancora quale sogno mi riserverà il destino, ma promettimi, Dio,
che non lascerai passare la primavera”.

Zaher Rezai

Però arriva, Zaher. Arriva in Italia, arriva a Mestre.
Arriva sotto il tir che lo travolge.
Ha 15 anni, Zaher, o forse 12, magari 11.
Ma che importa?
È arrivato al suo non-ritorno.

“Se un giorno in esilio la morte deciderà di prendersi il mio corpo
Chi si occuperà della mia sepoltura, chi cucirà il mio sudario?

In un luogo alto sia deposta la mia bara
Così che il vento restituisca alla mia Patria il mio profumo”

Zaher Rezai

Lascia un commento