“Sono nato a Brescia, nel 2002. Ho 17 anni. Ho fatto un sacco di casini in giro. Mi hanno denunciato per furto di una bici, ma la bici non l’ho rubata. Poi mi hanno denunciato perché ho rubato in un supermercato, questo è vero. E ancora mi hanno denunciato per una rissa, anche questo è vero“.
Ismaila si racconta senza bugie. É uno dei 10 ragazzi del progetto “Pronti, Via!”
Durante i 4 anni di sperimentazione partiranno sette Carovane, saranno complessivamente 100 i ragazzi coinvolti con un’età compresa tra i 14 e i 18 anni, con provvedimenti di natura penale in carico ai Servizi della Giustizia Minorile. L’équipe di educatori e formatori è sempre in contatto con i Servizi Sociali di riferimento dei ragazzi.
“Aboliamo il carcere minorile. Facciamo in modo che ci siano delle soluzioni diverse per questi ragazzi che sbagliano, che gli errori si possono riparare, ma non con misure repressive ma trovando delle modalità educative nuove“.
Don Antonio Mazzi
La prima carovana è partita lo scorso 4 settembre, preceduta da un mese di formazione e conoscenza degli operatori e dei ragazzi. Il viaggio è iniziato in Val Masino in provincia di Sondrio, attraverserà gli Appennini per scendere poi verso l’Umbria e la provincia di Viterbo. L’ultima parte della Carovana si svolgerà sull’isola d’Elba per poi far ritorno a Milano appena prima di Natale. Come dice don Antonio Mazzi, presidente di Exodus, “con i piedi gonfi ma con la testa a posto!”.
«All’inizio mi faceva cagare», continua Ismaila, che non usa mezzi termini. E in quel suo usare le parole così come le pensa nella testa, vuole attestare la sua sincerità quando poi aggiunge: «Ma ho conosciuto gli educatori e ho capito che c’è il bello e il brutto. Il brutto è quando non ho voglia di camminare, il bello invece è quando la voglia ce l’ho. Quando finisce la carovana Jurgen mi ha detto che mi porterà a lavorare, voglio fare l’idraulico. L’idraulico è un bel lavoro».
Jurgen è uno degli educatori della prima carovana, ha 26 anni: «Quando mi hanno proposto di prendere parte al progetto ho subito detto sì. Non abbiamo tante regole, non siamo una comunità, ma uno spazio di libertà. Lavoriamo con ragazzi adolescenti, e la ribellione, come l’incertezza, fanno parte del percorso. Sono cose insite dentro di loro, tipiche della loro età, le accettiamo. Come educatori quello che proviamo a fare è entrare in empatia con i ragazzi, questo ci aiuta a lavorare meglio».
Superare la logica del carcere non è qualcosa di immediato. Ma «dobbiamo abolire il carcere minorile», tuona don Antonio Mazzi. «Facciamo in modo che ci siano delle soluzioni diverse per questi ragazzi che sbagliano, che gli errori si possono riparare, non con misure repressive ma trovando delle modalità educative attraverso il viaggio, attraverso l’avventura educativa di un viaggio. È il cammino che ci salva, dobbiamo camminare sia fisicamente che dentro. Dobbiamo tornare in mezzo alla natura, solo la bellezza può educare, i ragazzi si salvano solo fuori dal carcere».
Ma che significa poi essere delinquenti a 15 anni? Si può esserlo davvero a quell’età? «Io guardo questi ragazzi e non vedo delinquenti», dice Franco Taverna, coordinatore nazionale di Fondazione Exodus. «Non vedo questi pericolosi criminali. Sarebbe stato assurdo metterli in galera. Questi ragazzi vivono relazioni spappolate con se stessi, con gli adulti che non li capiscono, e non avendo la possibilità di identificarsi con “il ragazzo perbene” – l’adolescenza ha sempre bisogno di identificazione — trovano un senso ai rimproveri che gli vengono fatti imitando il piccolo spacciatore, il ladruncolo, il violento. Quelli che ho davanti io sono ragazzi segnati da storie pesanti. Hanno commesso errori, certo, a volte anche gravi, ma sulla loro strada non hanno trovato che incomprensioni e adulti disarmati quando non colpevoli. Guardi negli occhi Filippo e ti accorgi subito che non può essere uno che deve stare in galera.
Ci leggi tristezza, paura, abbandono. Ha 17 anni compiuti da poco, vive solo con la madre. Appunto, la mamma, che Filippo vorrebbe avere, come quella che raccontano i suoi compagni. È stato invece sempre rifiutato. Spesso poi la mamma tornava a casa la sera ubriaca e si lasciava cadere sul letto così, vomitava, e un paio di volte era stato lui a salvarla prima che si soffocasse. Fuori di casa lei lo esibiva come il suo problema, la causa dei suoi guai. E allora psicologi, cure farmacologiche, punizioni. A scuola dicevano che era intelligente ma che aveva comportamenti inadeguati, spesso portava sul corpo dei lividi e lui capì presto che era meglio “coprire” sua madre. Finalmente a marzo di quest’anno gli capita di essere coinvolto in una rissa e viene segnalato alle forze dell’ordine e poi denunciato. Dai Servizi della Giustizia Minorile viene a conoscenza del progetto della carovana. Ci pensa solo un nanosecondo: la vede subito come la via d’uscita dalla prigione che teme di più, quella di casa sua».
In molti hanno detto della Fondazione Exodus che erano dei pazzi, portare in giro ragazzi che dovrebbero invece stare in galera. «Tanto più oggi in tempo di Covid», continua Taverna, «al massimo blindateli all’interno di una casa e mettetegli addosso una “buona educazione”» E i invece, e per fortuna un po’ “folli” quelli di Exodus lo sono per davvero, perché sanno guardare 150 passi avanti. «Noi siamo tra quelli che la pensano diversamente», dice Taverna.
«Se si guardano i ragazzi e le ragazze sotto la prospettiva della sicurezza e della abolizione dei rischi, ci stiamo prendendo la responsabilità di costruire una società imbolsita, senza futuro. Noi diciamo: non bisogna abolire ma educare al rischio. Eliminare il rischio equivale ad un’abolizione dell’adolescenza sia dal punto di vista umano che antropologico. Certo che è più facile mettere una camicia di forza, si può avere addirittura l’illusione di non sbagliare, accettare la complessità e l’imprevisto dell’educazione è più difficile. È più facile incasellare gli studenti dentro ad edifici con banchi ordinati a due metri di distanza, con le frecce a terra che indicano i percorsi consentiti, con programmi di istruzione e valutazioni ben definite, piuttosto che non pensare ad un modello formativo veramente adatto ad ogni singolo ragazzo. È più sicuro, più semplice. Mettere poi quelli bravi da una parte e quelli cattivi dall’altra, la tentazione è sempre questa. Mi sembra che sia arrivato il momento di scegliere da che parte stare».
“Non bisogna abolire ma educare al rischio. Eliminare il rischio equivale ad un’abolizione dell’adolescenza sia dal punto di vista umano che antropologico“.
Franco Taverna
«Noi siamo tra quelli che vogliono l’abolizione del carcere minorile e il totale rinnovamento della scuola media inferiore. È un rischio calcolato e messo alla prova con successo per decine di anni, ma pur sempre un rischio perché ci sarà ancora domani il ragazzo che ruberà, violenterà, distruggerà e allora l’informazione pecorona tornerà a solleticare la pancia molle dei benpensanti e anche di taluni politici che per un pugno di voti agiteranno ancora la bandiera dell’ordine e della sicurezza. E dunque della galera. Pensiamo invece che ci sia un’altra strada, precaria tanto quanto lo è la libertà. Incerta e affascinante come è l’adolescenza. Noi, insieme ad una minoranza, stiamo camminando pazientemente su questa strada, e senza presunzione chiediamo che si allarghino le possibilità di far scontare le pene ai ragazzi che sbagliano, con progetti educativi, senza il ricorso alla detenzione. Sono rischi che vale la pena di correre».
Vivendo l’esperienza della Carovana i ragazzi avranno modo di realizzare numerose attività psico-socio-educative di gruppo, quali trekking, barca a vela, bike, sport, musica, teatro, diario personale, gruppi di parola, incontri con la cittadinanza e attività di volontariato presso anziani, disabili e cura del verde urbano. Avranno la possibilità di apprendere, sperimentare, scoprire le proprie capacità, sviluppare le proprie competenze, coltivare talenti, allargare le proprie aspirazioni, costruire il proprio percorso di vita futuro. Continueranno anche la scuola a distanza, ognuno secondo il proprio ordine e grado. Gli educatori hanno già contattato gli istituti di riferimento che forniranno le schede didattiche.
L’obiettivo di ogni carovana è quello di dare ai ragazzi un’occasione diversa che non gli porti a commettere errori più grandi di quelli già fatti. Il progetto è costoso, ma meno che tenere un ragazzo un carcere. E il riscontro umano, il beneficio sul ragazzo, l’azzeramento della recidiva ha un valore inestimabile: «I ragazzi di oggi», conclude Taverna, «sono gli adulti di domani».
Il Progetto, selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini, rientra nel Bando “Un Passo Avanti”, idee innovative per il contrasto alla povertà educativa minorile. Coinvolge 10 Partner, con Fondazione Exodus capofila: 4 Enti del Terzo Settore che lavorano con gli adolescenti (Coop. Sociale Gli Aquiloni, Etnos Soc. Coop. Sociale, EX.it Consorzio di Coop. Sociali, Pegasus Coop. Sociale), 5 Enti Pubblici-Servizi che lavorano con i minori (CGM Firenze, CGM Lazio, Abruzzo e Molise, CGM Sicilia, CGM Puglia e Basilicata, CGM Lombardia) e l’agenzia Aragorn, Ente per la valutazione d’impatto.
Fonte e foto: vita.it