“Il secondo giorno della creazione fu infausto non solo in quanto produsse una divisione là dove non c’era mai stato altro che unione, ma anche perché in esso venne creato l’inferno. Ed è per questo che Dio non poté dire di questo giorno, come degli altri, che Egli «vide ciò che era buono». Pur se necessaria, una divisione non si può definire buona, e l’inferno non merita certo questo attributo.
L’inferno ha sette regioni, situate una sotto l’altra e chiamate Še’ol, ‘Avaddon, Be’er Šahat, Tit ha-Yawen, Ša’are Mawet, Ša’are Salmawet, e Gehinnam. Per attraversare in lungo e in largo e in profondità ognuna di queste regioni si impiegano trecento anni, e ne occorrerebbero seimila e trecento per percorrere un tratto di territorio pari all’estensione di tutte e sette.
Ciascuna delle sette regioni è divisa a sua volta in sette zone, in ognuna delle quali vi sono sette fiumi di fuoco e sette di grandine. Ogni fiume è largo mille braccia, profondo altrettanto, e lungo trecento; i loro corsi scaturiscono l’uno dall’altro e su di essi vigilano novantamila angeli della distruzione. In ogni zona vi sono inoltre settemila fenditure e in ogni fenditura settemila scorpioni. Ciascuno scorpione è dotato di trecento anelli e in ogni anello vi sono settemila sacche di tossico, donde escono sette fiumi di veleno mortale. Se un uomo lo tocca si squarcia all’istante, tutte le sue membra si staccano dal corpo, i suoi intestini si lacerano ed egli crolla a terra. Nell’inferno vi sono inoltre cinque diversi generi di fuoco: uno divora e prosciuga, un altro divora e non prosciuga, mentre il terzo prosciuga e non divora, e ve n’è poi uno che non divora né prosciuga e infine un fuoco che divora il fuoco. Vi sono tizzi di carbone grossi come montagne, e altri come colline o come il Mar Morto, oltre a braci che paiono enormi macigni, e fiumi di pece e zolfo che scorrono ribollendo come magma di vulcano.
Louis Ginzberg, da “Le leggende degli ebrei”, 1909
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Rappresentazione dell’inferno in una miniatura dell'”Hortus Deliciarum”, di Herrad von Landsberg, 1180 circa