“Cominci a parlare. Abbi cura delle parole perché se le scegli bene non ti tradiranno. Le parole creano legami, ma creano anche condizionamenti e una persona con più condizionamenti che legami è una persona destinata alla tristezza. Imparare a parlare è un percorso lungo e periglioso, mentre tu impari a parlare io sto imparando a stare zitta. Prima aggiungi e poi togli. È la regola del crescere, credo.
Vedrai quando ti arrabbierai: nelle sfuriate c’è un momento preciso in cui cominci a credere a quello che dici, invece di dire quello che credi. Lì ti devi fermare, è difficile perché ormai hai preso lo slancio, ma usa il freno a mano, passo indietro, fai tutto il cammino di Santiago in moonwalk se serve.
Quando qualcuno esordisce con “posso dirti la verità?” tu scappa. Stai alla larga dai sinceri, nove su dieci è gente che non ha imparato davvero a parlare. “Posso essere franco con te? Solo se io posso essere barbara”, scrive Fran Lebowitz. Che figa che è la Lebowitz.
Scoprirai che c’è una moda anche nelle parole, alcune sono come i tormentoni estivi, abusate per stagioni intere e poi basta, quando saltano fuori in inverno, a riascoltarle, fanno sorridere. Prendi “valido”, c’è stato un periodo in cui tutti sembravamo arbitri: “questo piatto di orecchiette è valido”, “quel maestro di zumba è valido”. Adesso valido in una frase sta come “Despacito” in una playlist. Vedrai che capiterà lo stesso per “necessario”. I libri non sono più belli, sono necessari. Gli interventi o gli articoli non sono più interessanti o arguti, sono necessari. Da pronunciare con tono solenne e compito. Presto necessario tornerà al suo paese di cure dentarie, per me di necessaria c’è giusto la detartarasi una volta ogni sei mesi. Spero che tu imparerai a dire “abbacinante” entro la fine del 2021 perché ora va molto, ma poi chissà, dopo il 2021 non abbacinerà più nessuno. Fai le prove, ti lascio due frasi per esercizio: queste orecchiette sono di una bontà abbacinante, quel maestro di zumba ha un senso del ritmo abbacinante.
Le parole non sono belle e non sono brutte: sono belle e brutte le intenzioni che le muovono.
La parola crea, è per questo che si pensa che togliendo un vocabolo, mettendoci al posto un termine più gentile, tutto vada meglio, purtroppo non è così, ma come biasimare chi prova a migliorare il mondo una sillaba per volta? Le parole che usiamo dicono tutto di noi. Meglio una in meno che una in più, soprattutto se non è d’amore.
Verba menant. Se l’altro si ritiene ferito da qualcosa che hai detto, non riuscirai a convincerlo delle tue buone intenzioni (se sono buone), la verità è che ci affezioniamo volentieri alle nostre incomprensioni, alle nostre delusioni. Quindi fermati, passo indietro, tutto il cammino di Santiago in moonwalk già lo sai.
Non essere permalosa, sono parole, fidati dei gesti. La parola è un’approssimazione, anche quando suona bene. Appena ti sforzi di dire con chiarezza una cosa, ti accorgi che è chiara perché l’hai semplificata.
Di fronte alla morte, alla nascita e all’amore non ci sono parole. Ci vogliono le mani, il silenzio, il cuore sul cuore.”