Il vecchio scrittore, come chiunque altro al mondo, aveva raccolto nella propria mente durante la lunga vita molti pensieri. Nel tempi addietro era stato veramente un bell’uomo, e un buon numero di donne s’erano innamorate di lui. Inoltre, si capisce, aveva conosciuto molte, moltissime persone; le aveva conosciute in quel modo singolarmente intimo che è diverso dal modo in cui conosciamo le persone io e voi. Almeno, questo è quello che lo scrittore pensava, e pensarlo gli faceva piacere. Si può prendersela con un vecchio per quel che pensa?
A letto, lo scrittore ebbe un sogno che non era un sogno. Mentre, ancora sveglio, stava per cedere al sonno, cominciarono a presentarsi ai suoi occhi delle figure. Gli sembrò che la cosa giovane e indescrivibile in lui guidasse davanti ai suoi occhi una lunga processione.
Si capisce che tutto l’interesse della cosa sta nelle figure che sfilarono davanti agli occhi dello scrittore. Erano tutte caricature. Non tutte le caricature erano brutte. Ce n’erano di divertenti, di quasi belle o bellissime; una, una donna dalle forme notevolmente accentuate, colpì lo scrittore tanto era caricaturale. Al suo passaggio il vecchio emise un suono simile al guaito di un cagnolino. A entrar nella stanza c’era da pensare che il vecchio stesse facendo brutti sogni o che avesse l’indigestione.
Per un’ora la processione delle caricature sfilò davanti agli occhi del vecchio; poi, sebbene fosse per lui un’impresa penosa, il vecchio scese dal letto e si mise a scrivere. Qualcuna di quelle caricature gli aveva fatto un’impressione profonda, e desiderava descriverla. A tavolino, lo scrittore lavorò per un’ora. Alla fine scrisse un libro che chiamò Il libro delle caricature. Non fu mai pubblicato, ma io lo vidi una volta e ne ebbi un’impressione incancellabile. C’era nel libro un pensiero centrale, molto singolare, che mi è sempre rimasto in mente. Quel pensiero mi ha permesso di capire molte persone e molte cose che prima non ero mai riuscito a capire. Il pensiero, naturalmente, non era espresso, ma una semplice esposizione di esso suonerebbe press’a poco così:
«In principio, quando il mondo era giovane, c’erano molti pensieri ma non esisteva nulla di simile a una verità. Le verità le fabbricò l’uomo, e ogni verità fu composta da un grande numero di pensieri imprecisi. Così in tutto il mondo ci furono verità. Ed erano meravigliose.»
Il vecchio aveva elencato nel suo libro centinaia di verità. Io non cercherò di riferirvele tutte. C’erano la verità della verginità e la verità della passione, la verità della ricchezza e quella della povertà, della modestia e dello sperpero, dell’indifferenza e dell’entusiasmo. Centinaia e centinaia erano le verità, e tutte meravigliose. Poi veniva la gente. Ognuno, appena compariva, si gettava su una delle verità e se ne impadroniva; alcuni, molto forti, arrivavano a possederne una dozzina contemporaneamente.
Erano le verità a trasformare la gente in caricature grottesche. Il vecchio aveva una sua complessa teoria a questo proposito. Era sua opinione che quando qualcuno s’impadroniva di una verità, e diceva che quella era la sua verità e si sforzava di vivere secondo essa, allora costui si trasformava in una caricatura, e la verità che abbracciava in una menzogna.
Voi capite come il vecchio, che aveva passato tutta la vita a scrivere, e che era pieno di parole, potesse scrivere centinaia di pagine su questo. L’argomento poteva diventare tanto grande nella sua mente da trasformare lui stesso in una caricatura. Così invece non fu, per la medesima ragione, credo io, che gli impedì di pubblicare il libro. Fu la giovane cosa dentro di lui che salvò il vecchio.