“Le limitazioni alla libertà di movimento si stanno allentando, anche se con tempi e modi ancora incerti. Per chi pratica l’Aikido in un dojo della Scuola Itsuo Tsuda sembra non vicino il giorno in cui potrà riprendere a farlo. Al di là delle diverse opinioni sulla causa dell’emergenza, le limitazioni decise dai governi non dovrebbero limitare la capacità di giudizio. Ed è normale mantenere uno sguardo critico verso l’efficacia e le conseguenze di tali misure pur applicandole.
Haruchika Noguchi, il fondatore del Seitai, in un periodo come quello vissuto durante la seconda guerra mondiale dal Giappone, in cui avevano prevalso le tendenze più marcatamente nazionaliste e militariste tanto da mettere al bando la parola “libertà”, non si esimeva dal parlarne. Certo, poteva contare sul fatto di avere tra i suoi clienti diversi rappresentanti della classe dirigente.
La fine della guerra, per l’Italia, il 25 aprile 1945, fu un sollievo per tutti, tanto quanto lo fu la caduta del fascismo, anche per chi condivideva quell’ideologia. Lo stesso sollievo fu sentito da molti giapponesi.1 Non si trattava solo del ritorno della pace e di libertà più o meno formali, ma del venir meno di un clima di tensione continua, che si respirava ovunque e a cui nessuno era immune. Fatte le debite differenze, e al netto delle perplessità suscitate dalle metafore guerresche di molti nel parlare dell’impegno nel contenimento del contagio, chi ha un minimo di sensibilità non può non sentire quanto tutto e tutti siano permeati dalla diffidenza e dalla paura, siano esse provocate dal virus o dalle sanzioni previste se si violano le norme. Un’oppressione molto spessa, anche noi proveremo sollievo, quando e se finirà.
“Quando [il Maestro Noguchi] sentì alla radio la cessazione delle ostilità, si sentì di colpo le spalle come sgravate da un pesante fardello, e avvertì una distensione insospettata in tutto il corpo.
La sua respirazione si approfondì, scoprendo un fondo di calma nel proprio spirito. Questa calma fece sorgere in lui un’energia tutta nuova, e sentì nella pelle che un mondo nuovo stava cominciando.
– Perché ho parlato così tanto della libertà durante la guerra,” si disse, “non erano che parole. Al contrario, ero semplicemente bloccato nel mio atteggiamento. Più mi sforzavo di lottare contro la tendenza, più ero rinchiuso in un ristretto quadro di pensiero, senza poter respirare profondamente.”2
Perché questa libertà non era che una parola per Noguchi? Aveva forse cambiato opinione sulla natura del regime del periodo bellico? È poco probabile, ma la questione è un’altra. Si tratta di capire cosa intendiamo con libertà.
Itsuo Tsuda ritorna più volte nei suoi libri sull’idea di libertà
Per Itsuo Tsuda l’uomo moderno “ha combattuto dure battaglie per acquisire il suo diritto di Uomo. Ha ottenuto delle libertà e continua a lottare per acquisirne altre. Ma un giorno scopre che queste libertà non si riferiscono che a condizioni materiali, a lui esteriori.”3 Quindi spesso gli esseri umani lottano per libertà al plurale, che sono condizionate.
“La fissazione delle idee che ci orienta nell’organizzazione della vita, può anche ritorcersi contro di noi portandoci a dei vincoli imprevedibili. La libertà diventa una fissazione che ci lega. Più libertà si ha, meno ci si sente liberi. La libertà è un mito.
Si lotta contro i vincoli per acquisire la libertà. La libertà acquisita non rimane senza provocare altri vincoli. Non sembrano esserci soluzioni finali. Perché la libertà che cerchiamo è prima di tutto una libertà condizionata. Non si ha l’idea di una libertà assoluta, senza condizioni.”4
Libertà condizionata, quasi un ossimoro, se questa locuzione non fosse usata nel linguaggio giuridico. Si è condizionati dal tempo lineare degli orologi, dall’organizzazione sociale del lavoro e dal mercato che ci sollecita, con tecniche pubblicitarie sempre più sofisticate e invasive, a soddisfare bisogni, per lo più indotti. Tra le infinite offerte, reperibili online o meno, “troviamo tutto, tranne il desiderio. […] Abbiamo la libertà di scegliere, certo, ma si tratta di una libertà negativa: quella di accettare o di rifiutare l’offerta. Quanto alla libertà positiva, quella di creare, non abbiamo né l’intuizione né la continuità per goderne.”
Tsuda ci indica la possibilità di “lasciare la presa” rispetto a tutto ciò che è libertà apparente, scelta impostaci dal mercato, bene consumabile, commercializzabile, per quanto ciò sia difficile per l’uomo civilizzato, che ha paura di perdere tutto se rinuncia alla sua possessività. Lasciando la presa, si può “vedere infine che Tutto ci appartiene; il cielo, la terra, il sole, i monti e i fiumi, senza che ci sia bisogno di metterli tutti in tasca.” Può nascere in noi “la voglia di conoscere la vera libertà. Nessun apporto esterno, soldi, onore, potere, può procurarci la vera Libertà, poiché questa è una sensazione interiore che non dipende da alcuna condizione materiale o oggettiva. Ci si può sentire liberi nella peggiore delle costrizioni, così come prigionieri al colmo della felicità.”6
Il desiderio profondo di un’altra libertà sorge insieme a una convinzione interiore, che in realtà si riscopre, si ritrova perché è in ogni essere umano fin dall’origine, dal concepimento. Ma la sua riscoperta non è possibile finché si resta nella “via dell’acquisizione” che è norma nella nostra società, in cui “tutte queste accumulazioni pesano molto sul nostro destino.
Nella via della spoliazione, ci si dirige nel senso diametralmente opposto. Ci si sbarazza poco a poco di tutto ciò che è inutile alla vita. Ci si sente sempre più liberi, in quanto non ci si impongono più divieti o regole per vivere bene. Si vive, semplicemente, senza essere combattuti a causa di false idee.
Non abbiamo bisogno di essere antisociali o anarchici per sentirci liberi. La liberazione non richiede la distruzione. La libertà non dipende dal condizionamento, dall’ambiente o dalla situazione. La libertà è una cosa del tutto personale. Sorge dalla convinzione profonda dell’individuo.
Questa convinzione è una cosa naturale che esiste in tutti gli uomini all’origine. Non è un prodotto fabbricato di sana pianta a posteriori. Ma resterà velata finché si vive in un clima di dipendenza. «Non vale la pena» dice Noguchi «di aiutare le persone che non vogliono mettersi in piedi da sole. Se le si lascia, cadono di nuovo». ”7
È stata questa consapevolezza che ha portato Noguchi, nel momento in cui ha trovato un’altra libertà, una respirazione e una calma più profonde alla conclusione della seconda guerra mondiale, a rinunciare alla terapeutica, per dedicarsi al risveglio delle persone che permette ad ogni individuo di riscoprire la propria libertà interiore nei tempi e nei modi che si confanno a lui.
In che modo la pratica di arti come l’Aikido e il Katsugen undo possono guidarci nella riscoperta della nostra libertà individuale?
Una risposta si può trovare nelle parole del Maestro di Taichi Gu Meisheng:
“Il ‘vero naturale’ si può acquisire solo al prezzo di una lunga pratica assidua… Sei come un bambino? Perché solo il bambino è spontaneamente nello stesso tempo naturale e libero. In effetti, se non sei ridiventato come un bambino non sei né libero né naturale. […] Abitualmente per un uomo ordinario, il corpo è un ostacolo, non una forza motrice in cui si può attingere uno slancio spirituale. Eppure grazie a un allenamento molto lungo associato a una pratica assidua e rigorosa, si riesce a liberare quest’uomo ordinario per lasciarlo agire secondo una spontaneità meravigliosa e creatrice. Allora né il corpo, né il mondo esterno, né i molteplici legami che l’incatenano al mondo costituiscono un ostacolo per lui. Questa prima sensazione di libertà, l’ho percepita nel 1970 quando ero in prigione, e questa libertà cresceva progressivamente nel corso della mia prigionia.”8
Le parole del Maestro Gu, che fu incarcerato nel corso della rivoluzione culturale cinese, sono valide per il Taichi come per le pratiche dell’Aikido e del Katsugen undo e richiamano quelle di Tsuda quando dice che si può essere liberi nella maggior costrizione possibile. E se la costrizione in cui viviamo oggi non è quella di una prigione, è comunque l’occasione di riscoprire la nostra libertà interiore, anche dandosi la possibilità di praticare in solitudine, quando non c’è un dojo a disposizione. Tale scoperta non è esclusiva di grandi maestri, come il Maestro Gu, il Maestro Noguchi o il Maestro Tsuda, e per quanto sia una ricerca individuale che si fa nella continuità della pratica, possiamo noi qui e ora cominciare a essere liberi come esseri umani, perché “essere liberi, rende gli altri liberi.”9
Andrea Quartino
Fonte: ecole-itsuo-tsuda.org
Notes:
1. Itsuo Tsuda, Coeur de ciel pur (oeuvre posthume à partir d’inédits), Le Courrier du Livre, 2014, pag. 169. Vedi anche Itsuo Tsuda. Calligrafie di primavera, Yume Editions, 2018, pag. 409.
2. Itsuo Tsuda, Un, Le Courrier du Livre, 2014, pag. 69. Nelle pagine successive viene detto “un uomo veramente libero non discute della libertà, un uomo in buona salute non pensa alla salute.” Sembra risuonare qui il verso del poeta cinese Bai Juyi: “Coloro che parlano, non sanno. Coloro che sanno, non parlano” che Tsuda riprese anche in una delle sue calligrafie. Vedi Itsuo Tsuda. Calligrafie di primavera, op. cit., pag. 288, e anche Itsuo Tsuda, La voie des dieux, Le Courrier du Livre, 2014, pag. 51-52.
3. Itsuo Tsuda, Il Non-fare, Yume Editions, 2014, pag. 17.
4. Itsuo Tsuda, Un, op. cit., pag. 24.
5. Itsuo Tsuda, La Scienza del particolare, Yume Editions, 2019 pag. 80-81.
6. Itsuo Tsuda, Le dialogue du silence, Le Courrier du Livre 1979 p.73
7. Itsuo Tsuda, Un, op. cit., pag. 49.
8. Video : http://simoni.mic.fr/index.php/2016/11/18/la-vision-du-dao-du-professeur-gu-meisheng/
9. Video https://www.deabyday.tv/sport-e-fitness/corpo-e-mente/video/3324/Manon-Soavi-della-Scuola-Itsuo-Tsuda—Essere-liberi-rende-gli-altri-liberi-.html
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Nell’immagine: Itsuo Tsuda durante una conferenza